Liquidazione dei compensi per l’attività difensiva svolta
di Ubaldo Serra Scarica in PDFTrib. Lucca, ord. 3 luglio 2015
Riduzione e semplificazione dei riti – Liquidazione degli onorari e diritti di avvocato – Procedimento sommario di cognizione – Mutamento del rito – Inammissibilità.
(Cod. proc. civ., art. 702 bis; d. leg. 1° settembre 2011, n. 150, art. 15)
[1] Nel procedimento di cui all’art. 14 d. leg. 150/2011, finalizzato a definire esclusivamente controversie sul quantum degli onorari di avvocato, la proposizione in via riconvenzionale di una domanda volta a contestare la fondatezza della pretesa, impone, in mancanza della possibilità di mutamento del rito e di separazione della causa, la chiusura in rito del processo per inammissibilità della domanda.
CASO
[1] Il provvedimento in epigrafe, relativo ad un procedimento instaurato ai sensi dell’art. 14 del d. Leg. 150/2011, nell’ambito del quale l’avvocato aveva domandato la liquidazione dei compensi per l’attività difensiva, la resistente, in via riconvenzionale, aveva contestato la fondatezza delle pretese, precisa, anzitutto, che il contenuto degli artt. 54, lett. b) n. 2 l. 69/2009, e 3 e 4 del d. leg. 150/2011 esclude per tali procedimenti la possibilità di conversione del rito da sommario ad ordinario, e che non è possibile la separazione del giudizio introdotto dal convenuto cliente per presunte inadempienze o negligenze da parte del professionista, poiché, per ragioni di speditezza ed opportunità la normativa in vigore non autorizza il giudice ad applicare la regola del solve et repete (art. 1462 c.c.) né a pronunciare condanna con riversa delle eccezioni del convenuto.
Pertanto, il collegio giudicante afferma che le controversie disciplinate dall’art. 28 l. 794/1942 ed oggi regolate dallo stesso art. 14 d. leg. 150/2011 riguardano esclusivamente la quantificazione degli onorari dell’avvocato e non anche i presupposti del diritto al compenso. Consegue che quando sono contestati quest’ultimi, come nel caso di specie, la trattazione e la decisione della lite devono seguire il rito ordinario.
SOLUZIONE
[1] Il collegio giudicante, per la vexata quaestio, ritiene che la domanda proposta dal ricorrente ai sensi dell’art. 14 d. leg. 150/2011 sia inammissibile. Il convenuto ha contestato non solo la correttezza della quantificazione dei compensi operata in ricorso, ma anche l’esatto adempimento del mandato defensionale da parte del ricorrente, oltre ai presupposti della spettanza dei compensi. Alla luce del fatto che l’oggetto delle controversie disciplinate dapprima dall’art. 28 l. 794/42 e poi dal d. leg. 150/2011 non possono essere estese anche ai presupposti dei diritti al compenso, essendo questi ultimi, nel caso di specie, contestati dal resistente, ne consegue che la trattazione e la decisione della lite devono seguire il rito ordinario.
Pertanto considerato che non è possibile disporre il mutamento di rito, né separare le domande, il ricorso è dichiarato inammissibile; l’art. 4 d. leg. 150/2011 prevede, infatti, la possibilità di mutamento del rito nel caso in cui una controversia «viene promossa in forme diverse da quelle previste dal presente decreto» che non ricorre nel caso de quo, in cui la causa è stata, invece, correttamente promossa nelle forme dell’art. 14 d. leg. 150/2011.
QUESTIONI
[1] Secondo l’art. 28 l. 13 giugno 1942, n. 794, espressamente abrogato dall’art. 34 del d. leg. 150/2011, «per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente l’avvocato, dopo la decisione della causa o l’estinzione della procura, se non intende seguire il procedimento di cui agli artt. 633 e seguenti del codice di procedura civile, procede ai sensi dell’art. 14 del d. Leg. 150/2011» (cfr. Cass. 29 gennaio 1996, n. 672, in Giur. it., 1997, I, 1, 226).
L’art. 14 del medesimo decreto inoltre prevede che: «1. Le controversie previste dall’articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l’opposizione proposta a norma dell’articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. 2. E’ competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale. 3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente. 4. L’ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile».
Pertanto tale disciplina si applica esclusivamente nelle controversie che hanno ad oggetto l’esatta determinazione degli onorari derivanti da prestazioni giudiziali con l’esclusione di quelle riguardanti i presupposti del diritto al compenso, o altresì, alla sussistenza di cause estintive o limitative.
Il professionista che abbia intenzione di proporre domanda giudiziale per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente, deve avvalersi del rito sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c. (C. Consolo, Prime osservazioni introduttive sul d. leg. n. 150/2011 di riordino – e relativa “semplificazione” – dei riti settoriali, in Corriere giur., 2011, 11).
Lo stesso art.14 d. leg. 150/2011 regola l’ipotesi in cui, a seguito di ricorso ex art. 28 della l. 794/1942, si controverta unicamente in ordine alla misura del compenso previsto per l’avvocato, il che giustifica le peculiarità del procedimento (cfr. Corte cost. 1 aprile 2014 n. 65, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, 1° comma, e 14, 2° comma, sollevata in riferimento all’art. 76 Cost.).
Dunque, vi è un chiaro dato normativo che induce a ritenere che possa trovare tuttora applicazione l’indirizzo più rigoroso, nato e sviluppatosi con riguardo alla disciplina previgente, secondo il quale l’ampliamento del giudizio all’an della pretesa rende inammissibile il ricorso (sul tema G. Balena, Commento all’art. 14 in Codice di procedura civile commentato. La “semplificazione” dei riti e altre riforme processuali 2010-2011 diretto da C. Consolo, Milano, 2012, 192).
Occorre precisare che l’interpretazione così rigidamente ortodossa e formalista sembra dar vita ad una chiara aporia del sistema, giacché consente al convenuto di paralizzare l’azione e ottenere la chiusura in rito del processo, anche con finalità strumentali, semplicemente opponendo una domanda riconvenzionale (ex plurimis, cfr. Cass.,20 luglio 2012, n. 12609, Foro it., 2012, I, 2649; Cass. 5 maggio 2011, n. 17053, id., Rep. 2011, voce Avvocato, n. 182; tra le prununce di merito, v. Trib. Mantova, ord. 16 dicembre 2014; Trib. Verona, ord. 3 maggio 2013).