«Giurisdizione vs. Competenza» – L’ordine di decisione e le sue conseguenze
di Nicoletta Minafra Scarica in PDF- Premessa
L’ordine di priorità tra competenza e giurisdizione è un tema complesso e dibattuto. Contribuisce all’attualità del dibattito la recentissima pronuncia delle Sezioni unite, che con Cass., sez. un., 5 gennaio 2016, n. 29 hanno risolto la questione relativa alla rilevabilità d’ufficio, in sede di regolamento di competenza, del difetto di giurisdizione del giudice ordinario originariamente adito.
Nella specie era stata adita la sezione VI della Suprema Corte con ricorso per regolamento di competenza, con cui era stata censurata la pronuncia di primo grado del giudice ordinario, la quale, dopo aver espressamente rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione, aveva dichiarato la propria incompetenza per territorio. La sezione VI, ravvisato un contrasto in seno alla giurisprudenza di legittimità, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente con l’ordinanza del 7 marzo 2014, n. 5434 (pubblicata in Foro it., Rep. 2014, voce Giurisdizione civile, n.33), per la rimessione alle Sezioni unite (che nella specie, oltre a risolvere il suddetto contrasto nei modi qui di seguito sintetizzati, hanno anche affermato che spetta al giudice tributario conoscere delle opposizioni a ingiunzione fiscale ex art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in materia di imposta comunale sugli immobili).
- L’ordine di esame delle questioni di giurisdizione e di competenza
Il rapporto tra la questione di giurisdizione e quella di competenza in termini di priorità dell’una rispetto all’altra nell’ordine di esame delle questioni è piuttosto controverso. A tal proposito, si contrappongono almeno due orientamenti.
Secondo un orientamento, un tempo maggioritario, la competenza riveste carattere prioritario, dato che «l’accertamento della spettanza della giurisdizione non può che essere decisa dal giudice in astratto competente per materia, valore e territorio a conoscere della controversia, sulla base della prospettazione della domanda». Considerato, altresì, che ogni giudice è competente a decidere sulla propria competenza, è evidente che tale accertamento risulta pregiudiziale rispetto a quello della giurisdizione (G.B. ORIGONI DELLA CROCE, Precedenza delle questioni di giurisdizione rispetto a quella di competenza o della seconda rispetto alla prima?, in Riv. dir. civ., 1978, 697 ss.; Cass. (ord.) 7 marzo 2014, n. 5434, cit.).
Diversamente opinando – anche alla luce della giurisprudenza in tema di giudicato implicito sulla giurisdizione (Cass. sez. un., 9 ottobre 2008, n. 24883, in Foro it., 2009, I, 806 , con nota di G.G. POLI, Le sezioni unite e l’art. 37 c.p.c.) – non sarebbe più configurabile un provvedimento che statuisca soltanto sulla competenza perché questo conterrebbe in sé anche una pronuncia implicita sulla giurisdizione. Ne deriva che, da un lato non residuerebbe più spazio per l’applicazione del regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c., e dall’altro, sarebbe escluso il potere per la Suprema Corte di rilevare il difetto di giurisdizione d’ufficio, in sede di regolamento.
In base all’orientamento opposto, i due requisiti processuali sono collegati da un nesso di continenza, nel senso che la questione di giurisdizione contiene in sé anche quella di competenza, intesa quale frazione o misura della prima. Dunque, l’esame della sussistenza della giurisdizione deve necessariamente precedere quello relativo alla sussistenza della competenza, che può porsi solo se è «divenuta certa e definitiva l’attribuzione a decidere quella determinata controversia al giudice ordinario». Infatti, «la competenza comporta un problema di ripartizione del potere di decidere tra diversi giudici ordinari, sicché non può che porsi su un piano ulteriore e logicamente successivo rispetto al problema della giurisdizione» (Cass. 9 aprile 1994, n. 3328, in Foro it., Rep. 1994, I,1996; Cass. sez. un., 9 ottobre 2008, n. 24883, cit.).
Inoltre, le norme che regolano la giurisdizione hanno carattere generale ed astratto, a differenza di quelle relative alla competenza che presuppongono un riferimento concreto ad una lite precisa. Ne consegue che non è possibile occuparsi del potere di un organo giurisdizionale di conoscere una determinata controversia se a monte non sia stata accertata la capacità dell’organo medesimo di decidere liti di quel tipo (A. MIGLIAZZA, A proposito dei concetti di giurisdizione e competenza per territorio nel diritto processuale civile internazionale, in Comunicazione e studi, V, Milano, 1953, 233 ss.).
In generale con riferimento all’ordine delle questioni, cfr. C. CONSOLO, Travagli «costituzionalmente orientati» delle sezioni unite sull’art. 37 c.p.c., ordine delle questioni, giudicato di rito implicito, ricorso incidentale condizionato (su questioni di rito o, diversamente operante, su questioni di merito), in Riv. dir. proc., 2009, 1141; D. DALFINO, Case management e ordine delle questioni, in Studi in onore di Modestino Acone, Napoli, 2010, 847 ss.
- Il rilievo del difetto di giurisdizione nell’ambito del regolamento di competenza
Per ciò che concerne i rimedi esperibili contro i provvedimenti che decidono sia sulla giurisdizione sia sulla competenza, risulta pacifico nella giurisprudenza di legittimità che se il giudice emette un provvedimento con il quale si dichiara munito di giurisdizione ma incompetente, il provvedimento stesso, ai sensi dell’art. 43 c.p.c., è suscettibile di impugnazione mediante appello innanzi al giudice superiore (quanto al capo sulla giurisdizione) oppure regolamento facoltativo di competenza limitatamente alla statuizione sulla questione di competenza (Cass. sez. un., 29 aprile 2008, n. 10828, in Foro it., Rep. 2008, voce Cosa giudicata civile, n. 14; 17 dicembre 2007, n. 26483, Id., Rep. 2008, voce Sentenza civile, n. 14; sez. un., 23 giungo 1995, n. 7086, Id., 1996, voce Giurisdizione civile, n. 82; in dottrina, v. R. FRASCA, Il regolamento di competenza, Torino, 2012, 143 ss.; F.P. LUISO, Diritto processuale civile, I, Milano, 2013, 125; per ulteriori riferimenti, cfr. D. DALFINO, voce Regolamento di competenza, in Treccani.it, 2015).
La norma su richiamata, infatti, trova applicazione qualora il giudice emetta un «provvedimento con cui ha pronunciato sulla competenza insieme col merito», là dove per «decisione sul merito» deve intendersi quella avente ad oggetto il rapporto sostanziale dedotto in giudizio, oppure questioni diverse dalla competenza (pregiudiziali di rito o preliminari di merito). Tali questioni possono essere esaminate incidentalmente in funzione della decisione sulla competenza, e da essa assorbite, solo se strettamente strumentali alla declaratoria stessa: in tal caso non sono autonomamente impugnabili e sono anch’esse valutabili in sede di regolamento. Diversamente, devono considerarsi di merito, e la parte che intende impugnarle non può utilizzare il regolamento di competenza, ma sulla base di un criterio di residualità, gli altri rimedi cosiddetti “ordinari” (ex multis, Cass. 26 settembre 2013, n. 22097, in Foro it., Rep. 2013, voce Giurisdizione civile, n. 182).
- La soluzione delle Sezioni unite
Con riferimento alla prima problematica (ordine di esame delle questioni), le Sezioni unite hanno sposato l’orientamento secondo cui la questione di giurisdizione è pregiudiziale rispetto a quella di competenza. La decisione trova avallo nelle norme costituzionali, relative al diritto alla tutela giurisdizionale ex art. 24, 1° comma, alla garanzia del giudice naturale precostituito per legge di cui all’art. 25, 1° comma, ai principi del giusto processo disciplinati, in particolare, dall’art. 111, 1° e 2° comma, nonché al riparto di giurisdizione tra giudici ordinari e speciali fondato su criteri predeterminati (artt. 102, 1° e 2° comma, 103 e VI disp. trans. e fin.). Tali norme costituiscono la base stessa della pregiudizialità.
La Corte spiega che la garanzia del giudice naturale è fondamentale per due ordini di ragioni: assicura a coloro che si avvalgono della tutela giurisdizionale, «il diritto che a giudicare non sarà un giudice creato a posteriori in relazione a un fatto già verificatosi»; e individua la regola essenziale di «organizzazione istituzionale del potere giurisdizionale, volta ad assicurare l’indipendenza e l’imparzialità del giudice, anche rispetto alla singola resjudicanda».
Tali garanzie si riferiscono in primis alla giurisdizione, ovverosia al potere di conoscere una determinata controversia, e solo in un secondo momento anche alla competenza in senso stretto, regolata, infatti, dalla legge ordinaria. La Carta costituzionale, invece, si occupa di individuare ogni magistratura (ordinaria, amministrativa o speciale), nonché i criteri di ripartizione della giurisdizione per ciascuna di esse, istituendo nella Corte di cassazione, l’unico giudice legittimato a decidere sui relativi conflitti di giurisdizione.
Lo stesso assetto delle norme processuali è coerente con tale ricostruzione, considerando che l’art. 37 statuisce sul difetto di giurisdizione, mentre il successivo art. 38 sul regime della incompetenza.
La pregiudizialità della giurisdizione sulla competenza soffre solo due deroghe che ricorrono: «a monte», qualora non sussistano le condizioni minime di legalità per l’instaurazione del giusto processo (ad es. se non è stato costituito correttamente il contraddittorio); «a valle», per la formazione del giudicato esplicito o implicito sulla giurisdizione.
Per quanto concerne la seconda problematica, inerente alla rilevabilità d’ufficio del difetto di giurisdizione da parte della Corte in sede di regolamento di competenza, le Sezioni unite concludono in senso affermativo. Osservano che nella fattispecie sottoposta al loro giudizio, non essendosi formato giudicato implicito, si applica l’art. 37 c.p.c. secondo cui «il difetto di giurisdizione è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo».
Il regolamento proposto dalla ricorrente è facoltativo poiché la sentenza impugnata aveva deciso, esplicitamente, anche sulla giurisdizione e, quindi, sul merito nei termini innanzi spiegati. Il concorso con gli ordinari mezzi di impugnazione, è disciplinato dall’art. 43, il cui 3° comma, c.p.c., stabilisce che la proposizione del regolamento prima dell’impugnazione ordinaria, ne sospende i termini. Per tale ragione è evidente che non può essersi formato giudicato sul capo della sentenza relativo alla giurisdizione.
L’unico limite al rilievo d’ufficio potrebbe consistere nel principio in base al quale «la nullità delle sentenze», per motivi diversi dalla incompetenza, «soggette ad appello e ricorso per cassazione, devono farsi valere nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione» ai sensi dell’art. 161, 1° comma, c.p.c. (Cass. sez. un., 24 novembre 1992, n. 12518, in Foro it., Rep. 1992, voce Giurisdizione civile, n. 184). La Corte dovrebbe limitarsi a conoscere della sola competenza sulla base della sussistenza della giurisdizione così come affermata dalla sentenza impugnata, non avendo il potere di decidere anche su quest’ultima.
Le Sezioni unite, però, si discostano da questa conclusione affermando che il limite suindicato non è idoneo a derogare, in mancanza di giudicato sulla giurisdizione, la regola della necessaria pregiudizialità della giurisdizione sulla competenza; l’applicazione di quel limite si risolve «nella radicale negazione di detta pregiudizialità». Oltretutto, interpretando letteralmente le norme processuali, si rischia di arrivare al risultato paradossale di negare il bene della vita oggetto del giudizio, qualora in sede di impugnazione della sentenza per la parte relativa alla giurisdizione, il giudice riformi la decisione che in un primo momento la aveva affermata. La sentenza sul regolamento di competenza, quindi, sarebbe inutiliter data, e tale risultato contrasta con i principi di economia processuale e ragionevole durata del processo, che rappresentano altrettanti valori costituzionalmente protetti e garantiti.