Autosufficienza ed eterosufficienza del ricorso per Cassazione
di Enrico Picozzi Scarica in PDFCass., Sez. V, 6 febbraio 2015, n. 2218
Impugnazioni civili – Ricorso per cassazione – Eccezione di giudicato esterno – Principio dell’autosufficienza (C.p.c. artt. 324, 366, 1° comma, n. 6; c.c. art. 2909)
[1] Il principio di autosufficienza non postula la trascrizione integrale degli atti processuali anteriori, quando i fatti sui quali il motivo si fonda risultino in modo certo dalla sentenza impugnata o dalle avverse difese.
CASO
[1] Due contribuenti impugnavano una cartella esattoriale con la quale l’Agenzia delle Entrate aveva loro intimato il pagamento di sanzioni e interessi derivanti da un anteriore avviso di liquidazione. In primo grado, l’adita commissione tributaria provinciale, in parziale accoglimento del ricorso, annullava la cartella, dichiarando dovuti i soli interessi, poiché sulla questione si era già formato il giudicato in forza di una precedente sentenza resa inter partes.
La commissione tributaria regionale, di contro, riformando in toto la pronuncia di prime cure, accoglieva il gravame dei ricorrenti, statuendo che non fossero dovute né le sanzioni né gli interessi.
SOLUZIONE
[1] Il Supremo Collegio, dopo aver osservato che nel ricorso principale non era esattamente indicato il contenuto dell’exceptio rei iudicatae a suo tempo sollevata, evidenziava che la lacuna poteva essere colmata, rispettivamente, dalla narrativa della sentenza gravata e dal controricorso: la prima in quanto dava atto che l’eccezione fosse stata debitamente riproposta in appello; il secondo in quanto riportava integralmente l’avviso di liquidazione e riconosceva che sullo stesso si fosse formato il giudicato. Di qui, l’affermazione del principio di diritto sopra massimato che pare aderire ad un’impostazione meno rigida sul principio di autosufficienza.
QUESTIONI
[1] Nel variegato e talvolta formalistico panorama giurisprudenziale (cfr. Santangeli, Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in Riv. dir. proc. 2012, 607 e ss.), la pronuncia in commento si pone in termini di indubbia discontinuità.
La fisionomia dell’autosufficienza, caratterizzata in genere dal divieto di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e dalla conseguente necessità di riportare al suo interno tutti gli elementi utili a dar sostanza all’impugnazione (così Cass., Sez. V, 20 marzo 2015, n. 5655, inedita) sembra aprirsi all’eterosufficienza. Nondimeno, si osserva che la giurisprudenza maggioritaria, nel designare i rapporti tra eccezione di giudicato esterno, erroneamente valutata, e principio dell’autosufficienza, è solita affermare, da un lato, che il testo del giudicato va trascritto nel ricorso, non essendo sufficiente un sintetico riassunto dello stesso (cfr. Cass., Sez. V, 11 febbraio 2015, n. 2617, in C.E.D. Cass., rv. 634157; Cass., Sez. III, 13 luglio 2012, n. 13658, inedita; Cass., Sez. III, 12 febbraio 2010, n. 3362, in Imm. e prop., 2010, 323) e, dall’altro lato, il divieto di qualsiasi forma di eterointegrazione mediante il controricorso (cfr. Cass., Sez. V, 20 marzo 2015, n. 5655, cit.; Cass., Sez. I, 17 luglio 2007, n. 15952, in C.E.D. Cass., rv. 598505). A ciò si aggiunga che il Supremo Collegio, al fine di assolvere correttamente l’onere dell’autosufficienza nella fattispecie che ci occupa, sembra richiedere anche: aa) la puntuale indicazione degli esatti termini dell’eccezione sollevata (cfr. Cass., Sez. Lav., 7 ottobre 2014, n. 21083, in C.E.D. Cass., rv. 632888; Cass., Sez. V, 6 giugno 2012, n. 9108, in C.E.D. Cass., rv. 622992); nonché bb) l’indicazione specifica tanto dell’atto che fonda il motivo di impugnazione quanto del luogo ove lo stesso sarebbe esaminabile da parte del giudice di legittimità (v. Cass., Sez. VI-3, 24 ottobre 2014, n. 22607, in C.E.D. Cass., rv. 633219).