La nozione di atto “endoprocessuale” ai fini del deposito telematico obbligatorio: lo strano caso del reclamo cautelare
di Giorgio Giuseppe Poli Scarica in PDFTrib. di Foggia, ord. 15 maggio 2015 ; Trib. di Asti, ord. 23 marzo 2015
Tribunale di Asti
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Procedimento civile – Processo civile telematico – Deposito degli atti – Reclamo cautelare – Natura – Conseguenze (Cod. proc. civ., artt. 121, 156, 669 terdecies; d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 16 bis)
[1] Il ricorso per reclamo cautelare ha natura di atto introduttivo del relativo giudizio, con la conseguenza che spetta alla parte la facoltà di scelta tra deposito in forma cartacea o telematica dell’atto. Anche se si volesse qualificare tale atto come proveniente da una parte già costituita (nella precedente fase del giudizio cautelare), il deposito del reclamo in forma cartacea dovrà nondimeno ritenersi valido, in assenza di una specifica previsione di inammissibilità ed in virtù dei principi di libertà delle forme e di raggiungimento dello scopo degli atti nulli.
Tribunale di Foggia
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Procedimento civile – Processo civile telematico – Deposito degli atti – Reclamo cautelare – Natura – Conseguenze (Cod. proc. civ., art. 669 terdecies; d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 16 bis)
Procedimento civile – Processo civile telematico – Deposito degli atti – Reclamo cautelare – Deposito cartaceo – Inammissibilità (Cod. proc. civ., artt. 121, 156, 669 terdecies; d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 16 bis)
[2] L’obbligo di deposito degli atti processuali in modalità esclusivamente telematica opera anche per il reclamo cautelare, in quante tale atto proviene da una parte che deve ritenersi precedentemente costituita nell’unico giudizio instaurato con l’originario ricorso cautelare.
[3] L’erroneo deposito del ricorso per reclamo cautelare in formato cartaceo deve essere sanzionato con l’inammissibilità, atteso che la previsione normativa della «esclusiva» modalità telematica per il deposito degli atti endoprocessuali suppone l’impossibilità di ammettere modalità di deposito alternative.
CASO
I provvedimenti in commento descrivono plasticamente il contrasto, non ancora sopìto, della giurisprudenza di merito circa la dubbia sussistenza dell’obbligo di deposito in forma telematica del ricorso per reclamo cautelare ex art. 669 terdecies c.p.c.
La soluzione della diatriba è intimamente connessa alla natura – meramente prosecutoria rispetto alla prima fase cautelare ovvero pienamente autonoma ed introduttiva di un grado di impugnazione – che si voglia assegnare al procedimento di reclamo, giacché è soltanto con riferimento ai c.d. “atti endoprocessuali” (rectius: depositati «da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite»), non invece per quelli introduttivi, che l’art. 16 bis, comma 1°, d.l. 179/2012 impone di effettuare il deposito «esclusivamente con modalità telematiche».
SOLUZIONE
Secondo il Tribunale di Asti, il ricorso per reclamo cautelare ha natura di atto introduttivo del relativo giudizio, essendo il deposito di tale atto finalizzato ad introdurre un nuovo giudizio sulla domanda cautelare, con effetti sostitutivi del provvedimento impugnato, a consentire al reclamante di costituirsi, chiedendo la fissazione dell’udienza ed instaurando il contraddittorio. Ne consegue la possibilità di depositare validamente tale atto in forma cartacea, non rientrando nel novero di quelli contemplati dall’art. 16 bis d.l. 179/2012. Quand’anche poi lo si qualificasse come atto “endoprocessuale”, perché successivo alla originaria costituzione della parte effettuata nella prima fase cautelare, l’erroneo deposito del reclamo in forma cartacea non dovrebbe essere in alcun modo sanzionato, stante l’assenza di una specifica previsione di inammissibilità e l’applicabilità alla fattispecie dei principi di libertà delle forme (art. 121 c.p.c.) e raggiungimento dello scopo degli atti nulli (art. 156 c.p.c.).
Su posizioni diametralmente opposte è, invece, il Tribunale di Foggia, secondo cui il reclamo cautelare va considerato atto “endoprocessuale”, in quanto avente la funzione di innestare una fase eventuale e meramente prosecutoria dell’unico giudizio instaurato con l’originario ricorso cautelare. Non risultando applicabili alla fattispecie gli artt. 121 e 156 c.p.c. – in quanto riferibili ai soli atti processuali e non anche all’attività materiale del deposito in sé considerato – il provvedimento opta per l’inammissibilità del deposito erroneamente effettuato in forma cartacea, rilevando che tale sanzione si ricaverebbe implicitamente dal tenore dell’art. 16 bis cit., nella parte in cui prevede l’esclusività della forma telematica (per il deposito degli atti endoprocessuali) così mostrando di non ammettere modalità equipollenti (nello stesso senso v. già Trib. Torino 6 marzo 2015).
Va segnalata, peraltro, l’esistenza di una tesi intermedia secondo cui, ferma restando la qualificazione del reclamo come atto “endoprocessuale” soggetto al deposito telematico, l’eventuale deposito in cartaceo è comunque ammissibile, dovendo ritenersi egualmente conseguito, in tal modo, lo scopo di adire il giudice competente, senza pregiudizio dei diritti della parte reclamata (v. Trib. Torino 26 gennaio 2015; Trib. Ancona, 28 maggio 2015).
QUESTIONI
La questione postasi oggi con riferimento al reclamo cautelare può ripresentarsi in tutti i procedimenti di natura bifasica o in quei giudizi (di carattere sommario) caratterizzati dalla presenza di eventuali “appendici” o subprocedimenti volti, lato sensu, al riesame del provvedimento concesso dal giudice della prima fase: si pensi, ad esempio, al deposito dell’atto per l’«inizio del giudizio di merito» ex art. 669 octies c.p.c.; al deposito dell’atto di «prosecuzione» del giudizio di merito possessorio ex art. 703, comma 4, c.p.c.; al deposito degli atti della fase istruttoria dei giudizi di separazione o divorzio; a quello degli atti introduttivi e di costituzione nel giudizio di opposizione alla fase sommaria del c.d. “Rito Fornero” ex art. 1, comma 51°, l. n. 92/2012. In relazione a ciascuna di tali ipotesi, prima di postulare la sussistenza dell’obbligo di deposito telematico dei relativi atti, occorre stabilire se la fase procedimentale successiva alla prima possa considerarsi meramente prosecutoria dell’unico giudizio instaurato con il ricorso originario e se, di conseguenza, la costituzione originariamente effettuata dalle parti nella prima fase possa continuare a spiegare effetti (sulla difficoltà di enucleare la nozione di atti “endoprocedimentali” sia consentito rinviare a G. G. Poli, Processo civile telematico: le novità del d.l. n. 90/2014, in www.treccani.it, § 2.3).
Tuttavia, la recente introduzione (v. art. 19 d.l. 27 giugno 2015 n. 83, su cui v. F. Ferrari, L’ennesima riforma del processo telematico nel d.l. 83/2015, in www.eclegal.it) della facoltà di deposito telematico anche dell’atto introduttivo o del primo atto difensivo in qualsiasi procedimento dinanzi al tribunale o alla corte d’appello (v. art. 16 bis, comma 1-bis, d.l. 179/2012) suggerirà alle parti di prediligere sempre, nel dubbio, la forma digitale, ormai valida tanto per gli atti c.d. “endoprocessuali” quanto per quelli introduttivi o di costituzione (l’ammissibilità del deposito telematico di questi ultimi atti era stata auspicata in G.G. Poli, Il processo civile telematico del 2015 tra problemi e prospettive, in Giusto processo civ., 2015, 240 ss., ove ulteriori riferimenti di dottrina e giurisprudenza;, v. anche A.D. De Santis, Processo telematico (dir. proc. civ.), in Treccani on line.