Istanza di verificazione ex art. 216 c.p.c.: non è necessaria la produzione dell’originale della scrittura
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. III, 7 agosto 2023, n. 23959, Pres. De Stefano, Est. Rossi
[1] Requisiti – Produzione dell’originale della scrittura disconosciuta – Esclusione – Ragioni – Fattispecie
In tema di verificazione della scrittura privata, gli artt. 216 e 217 c.p.c. non prescrivono, quale requisito di ammissibilità della relativa istanza, la produzione dell’originale della scrittura, dacché la parte che su di essa fondi la propria pretesa è abilitata a dimostrare l’esistenza, il contenuto e la sottoscrizione del documento con i mezzi ordinari di prova.
CASO
[1] La fattispecie decisa dal provvedimento in commento scaturisce dall’opposizione ex art. 615, 1°co., c.p.c. proposta avverso un atto di precetto per il pagamento di una cambiale, di cui il debitore opponente intendeva denunciare la falsità della sottoscrizione, apparentemente riferibile a sé. Costituendosi in giudizio, il creditore chiedeva, tra l’altro, di accertare l’autografia della firma, senza produrre gli originali delle cambiali, che non erano nella sua disponibilità in quanto sottoposti a sequestro in un procedimento penale.
All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Roma accertava l’autografia della sottoscrizione apposta sul titolo esecutivo, conseguentemente rigettando l’opposizione all’esecuzione proposta.
Tale decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello, la cui pronuncia veniva fatta oggetto, da parte della debitrice soccombente, di ricorso per cassazione. In particolare, veniva denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 216 c.p.c., e l’inammissibilità della domanda di accertamento dell’autografia della firma apposta sulla cambiale proposta dal creditore – qualificata come istanza di verificazione in via principale – per mancata produzione del documento recante la contestata sottoscrizione.
SOLUZIONE
[1] La Cassazione giudica infondato tale motivo di ricorso.
A detto riguardo, la Suprema Corte rileva come gli artt. 216 e 217 c.p.c. non richiedano quale requisito di ammissibilità della istanza di verificazione (proposta in via incidentale o principale), la produzione dell’originale della scrittura, in considerazione del fatto che la parte che su di essa fondi la propria pretesa sarebbe comunque abilitata a dimostrare l’esistenza, il contenuto e la sottoscrizione del documento con i mezzi ordinari di prova.
Conseguentemente, la Cassazione afferma l’erroneità della prospettazione della ricorrente, nella misura in cui ha preteso di ascrivere all’omissione allegativa dell’originale una (insussistente) efficacia preclusiva del vaglio di merito in ordine alla paternità della scrittura, tanto più nella vicenda processuale occorsa, in cui gli originali delle cambiali non erano in disponibilità dell’opposta poiché sottoposti a sequestro in un procedimento penale.
Il ricorso proposto dal debitore viene conseguentemente rigettato.
QUESTIONI
[1] Il provvedimento in epigrafe, decidendo sulla questione circa la necessità, in una con la presentazione dell’istanza di verificazione ex art. 216 c.p.c., di produrre l’originale del documento recante la sottoscrizione contestata, offre l’occasione per effettuare una sintesi circa i requisiti di ammissibilità di tale procedimento.
L’art. 216 c.p.c. consente, come noto, di attivare il procedimento di verificazione di scrittura privata nel caso in cui, in sede stragiudiziale ovvero all’interno del processo in cui questa sia stata prodotta, la relativa sottoscrizione sia stata disconosciuta dalla controparte, e così privata di qualsivoglia valore probatorio all’interno del processo.
Per quanto riguarda la (discussa) natura giuridica del giudizio di verificazione, la giurisprudenza di legittimità, come noto, lo qualifica come istituto deformalizzato: la relativa istanza non deve presentare forme predeterminate, potendo essere anche implicita, non origina peculiari scansioni procedimentali e nemmeno impone lo svolgimento di attività istruttorie predeterminate, potendo la riferibilità della scrittura essere accertata con ogni strumento asseverativo (in tal senso va inteso il consolidato indirizzo della Cassazione, secondo cui l’istanza di verificazione della scrittura privata non esige la formale apertura di un procedimento incidentale, né l’assunzione di specifiche prove: Cass., 2 novembre 2022, n. 32169; Cass., 4 luglio 2017, n. 16383). Una parte della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, qualifica la produzione o l’indicazione di scritture di comparazione nei termini di onere imprescindibile per la corretta proposizione dell’istanza di verificazione (così, Cass., 17 ottobre 2014, n. 22078; più precisa appare la pronuncia di Cass., 12 settembre 2014, n. 19279, che discorre di onere non assoluto, ma subordinato alla circostanza che siffatte scritture esistano e siano in possesso della parte che richiede la verificazione).
Venendo alla questione centrale affrontata dalla Suprema Corte, il provvedimento in commento ha escluso, come visto, che ai fini della corretta introduzione dell’istanza di verificazione occorra produrre l’originale della scrittura la cui sottoscrizione è contestata: cosa che, nel caso di specie, non è stata effettuata, essendo la scrittura sottoposta a sequestro penale. La giustificazione di tale assunto si basa sulla circostanza per cui la parte, anche laddove non riuscisse a dimostrare l’autografia della scrittura privata, resterebbe comunque libera di dimostrarne l’esistenza e il contenuto con gli ordinari mezzi di prova.
Tale posizione non appare però condivisibile, e anzi pare confondere due distinti piani: quello dell’accertamento della veridicità della sottoscrizione della scrittura privata, con la possibilità di provare aliunde l’esistenza e il contenuto del documento.
Se lo scopo del giudizio di verificazione è quello di accertare l’autenticità della sottoscrizione, anche con l’ausilio di scritture di comparazione, è difficile immaginare che un siffatto accertamento possa svolgersi in mancanza dell’originale della scrittura, ad esempio sulla base di una fotocopia (in tal senso, Cass., 14 maggio 2004, n. 9202; Cass., 27 marzo 2014, n. 7267; Cass., 19 dicembre 2019, n. 33769). Dunque, nell’ipotesi in cui il disconoscimento della sottoscrizione abbia riguardato una scrittura privata prodotta in copia fotostatica, per ottenerne la verificazione la parte deve necessariamente produrre l’originale.
Laddove la parte istante per la verificazione ex art. 216 c.p.c. non produca in giudizio l’originale della scrittura, l’istanza medesima deve allora essere dichiarata inammissibile, con conseguente inutilizzabilità, nel processo, della scrittura.
Ciò non significa, peraltro (come correttamente rilevato dalle pronunce testé richiamate, oltre alla più recente Cass., 27 gennaio 2022, n. 2397), che l’inutilizzabilità in giudizio della scrittura impedisca alla parte di dare prova del contenuto del documento – inutilizzabile a fini istruttori in ragione dell’intervenuta contestazione e della mancata sottoposizione a verificazione – con i mezzi ordinari, nei limiti della loro ammissibilità.
È questa, si crede, la strada che avrebbe dovuto essere percorsa anche nel caso di specie, in considerazione dell’indisponibilità dell’originale della cambiale, sottoposta a sequestro penale.
Ma si tratta, con tutta evidenza, di un piano del tutto distinto rispetto alla verificazione della sottoscrizione della scrittura, e in quanto tale inidoneo a condizionarne i requisiti di ammissibilità.
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