7 Febbraio 2023

Intervento delle Sezioni Unite sui limiti di sanabilità della procura alle liti

di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. un., 21 dicembre 2022, n. 37434, Pres. Curzio – Est. Grasso

[1] Procedimento civile – Mandato alle liti (procura alle) – art. 182, comma 2, c.p.c. – Disciplina vigente – Inesistenza o mancanza in atti della procura – Sanatoria – Esclusione (art. 182 c.p.c.)

L’art. 182, comma 2, c.p.c., nella formulazione introdotta dall’art. 46, comma 2, della l. n. 69 del 2009, non consente di “sanare” l’inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite.

CASO

[1] L’intervento delle Sezioni Unite che ci apprestiamo a commentare è stato sollecitato dalla Seconda Sezione Civile, la quale, con ordinanza interlocutoria del 15 febbraio 2022, n. 4932, aveva rimesso gli atti al Primo Presidente per sottoporre al massimo organo di nomofilachia la seguente questione di massima di particolare importanza: “Se, ai sensi dell’art. 182, 2°co., c.p.c., come novellato dalla l. n. 69 del 2009, il giudice debba assegnare un termine per il rilascio della procura ad litem o per la rinnovazione della stessa solo nel caso in cui la procura rilasciata al difensore di una parte sia materialmente presente in atti ma, tuttavia, risulti affetta da un vizio che ne determini la nullità, o anche nel caso in cui un avvocato abbia agito in rappresentanza di una parte senza che in atti esista alcuna procura da quest’ultima rilasciata in suo favore”.

SOLUZIONE

[1] Le Sezioni Unite, dopo aver ripercorso i termini del vigente dibattito giurisprudenziale, hanno sposato la soluzione più restrittiva, secondo cui il vigente art. 182, 2°co., c.p.c., come riformato dalla l. n. 69/2009, non consente di sanare l’inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite.

QUESTIONI

[1] La questione sottoposta alle Sezioni Unite attiene, in definitiva, ai limiti di sanabilità della procura alle liti e, in particolare, se il meccanismo di sanatoria predisposto dall’art. 182, 2°co., c.p.c., come modificato dalla l. n. 69/2009, possa trovare applicazione anche in caso di materiale mancanza agli atti di causa della procura alle liti ovvero di sua radicale inesistenza.

Il problema interpretativo appena posto è innescato dal tenore del richiamato art. 182, 2°co., c.p.c., il quale, testualmente, consente la sanatoria esclusivamente del «vizio che determina la nullità della procura al difensore», ossia un vizio che, evidentemente, presuppone la presenza sulla scena di una procura, seppur viziata.

Attorno a tale questione è possibile richiamare due distinti orientamenti.

Il primo, più estensivo, ritiene che l’art. 182, 2°co., c.p.c., imponga al giudice, anche in grado d’appello, l’assegnazione del termine per la sanatoria del vizio non solo nel caso di procura alle liti affetta da vizi che ne procurino la nullità, ma anche nell’ipotesi di procura inesistente o, comunque, non in atti, invitando la parte alla relativa regolarizzazione (in tal senso, Cass., 22 maggio 2014, n. 11359). Tale orientamento, in particolare, poggia sull’elemento testuale, sempre rinvenibile in tale norma, che rende possibile, oltre alla rinnovazione, anche il rilascio (evidentemente, da intendersi ex novo) della procura, così restando priva di rilievo la distinzione tra inesistenza e nullità (in tal senso, Cass., 7 maggio 2018, n. 10885, Cass., 29 ottobre 2020, n. 23958).

Il secondo e più restrittivo orientamento, viceversa, nega che la parte possa ovviare, con effetto sanante ex tunc, alla mancanza di procura alle liti o, comunque, alla sua assenza in atti.

A tal proposito, il provvedimento richiama l’arresto di Cass., sez. un., 27 aprile 2017, n. 10414, la quale ha affermato che nel giudizio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense intrapreso, personalmente, da un avvocato privo di ius postulandi, perché non iscritto nell’albo speciale di cui all’art. 33, r.d.l. n. 1578/1933 (nelle specie, in quanto radiato) o sospeso dall’esercizio della professione, non è applicabile l’art. 182, 2°co., c.p.c., come modificato dalla l. n. 69/2009, che presuppone la regolarizzazione in favore del soggetto o del suo procuratore già costituiti e non consente, pertanto, la costituzione in giudizio di un soggetto diverso dal ricorrente, iscritto in quell’albo, previo rilascio di mandato speciale.

Successivamente, la Cassazione (il riferimento è a Cass., 16 maggio 2018, n. 11930) ha avuto modo di giudicare manifestamente infondata l’eccezione d’illegittimità costituzionale dell’art. 182 c.p.c., nella parte in cui non troverebbe applicazione in caso d’inesistenza della procura “non essendo le situazioni delineate suscettibili di comparazione, come pure affermato da Cass., sez. un., 27 aprile 2017, n. 10414, onde non è fonte di un vulnus costituzionalmente rilevante il fatto che la disciplina prevista dall’art. 182, 2°co., c.p.c., non trovi applicazione in caso di difetto originario della procura”.

Analogamente, si è negata la sanatoria a riguardo del ricorso in appello proposto dalla parte personalmente priva del potere di postulare per sé stessa (Cass., 4 ottobre 2018, n. 24257).

Anche questo secondo orientamento valorizza il tenore letterale della disposizione, ma in senso opposto al primo: il rifermento espresso a un vizio determinante la nullità della procura al difensore implicherebbe, secondo tale lettura, l’esistenza in atti della procura stessa, escludendo la possibilità di sanatoria della procura sì esistente, ma mancante agli atti, ovvero inesistente tout court.

Tale dato testuale è posto a base anche della scelta compiuta dalle Sezioni Unite, con il provvedimento che si commenta, di sposare l’interpretazione più restrittiva: secondo la decisione in epigrafe, infatti, la legge non avrebbe voluto contemplare l’inesistenza della procura, avendo inteso esclusivamente considerare la procura affetta da nullità.

Dunque, l’unica categoria di vizio inficiante la procura considerata dalla norma è quella della nullità, emendabile attraverso la rinnovazione, evidentemente eliminando il vizio che l’affetta, oppure, a discrezione della parte, mediante il rilascio di una nuova procura.

Anche il riferimento alla possibilità del rilascio della nuova procura, quale modalità di sanatoria del vizio, viene disinnescato dalla pronuncia in esame, da potenziale argomento a favore della tesi estensiva: secondo le Sezioni Unite, infatti, tale opzione non contemplerebbe affatto che una procura possa non essere esistita, ma, ben diversamente, che la parte possa sanare il vizio, implicante nullità, mediante un nuovo rilascio.

Ancora, secondo le Sezioni Unite ipotizzare un’estensione del meccanismo di sanatoria all’inesistenza si porrebbe in irrisolvibile contrasto con il principio enunciato dagli artt. 82 e 83 c.p.c., che impone – salvo casi limitati ed eccezionali – il ministero di un difensore, negando alla parte che non sia essa stessa avvocato di poter stare in giudizio personalmente. Tale regola è tradizionalmente diretta ad assicurare la miglior tutela possibile dei diritti a ciascuno dei contendenti e lo svolgimento rapido e ordinato del processo, garantito dalla presenza di tecnici in grado di purgarlo da rimostranze, lamentele e ostruzionismi privi di fondamento giuridico, evitando un coinvolgimento emotivo delle parti, prive di competenza giuridica, che ne dilaterebbero inutilmente i tempi e agevolerebbero deprecabili liti, anche con passaggio a sgradevoli vie di fatto.

Tale principio, con tutta evidenza, resterebbe radicalmente frustrato con l’ammissione della possibilità di sanare l’inesistenza della procura, per la semplice ragione che la parte priva di ministero difensivo avrebbe il diritto processuale di vedersi assegnato un termine per nominare il difensore, e, a nomina avvenuta, l’effetto ex tunc sancirebbe la piena validità degli atti fino a quel momento compiuti personalmente, come se fosse stata difesa da un avvocato, regolarmente munito di procura.

Altro passaggio interessante della pronuncia delle Sezioni Unite riguarda il riferimento all’interpretazione da offrire all’art. 182, 2°co., c.p.c., come novellato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149.

La riforma, infatti, è intervenuta sul testo dell’art. 182, 2°co., c.p.c., nei termini seguenti: «Quando rileva la mancanza della procura al difensore oppure un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione che ne determina la nullità il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione [corsivo nostro]».

La radicale modifica attribuisce un contenuto chiaramente diverso rispetto alla disposizione precedente: viene, infatti, espressamente indicato il caso della mancanza della procura.

Trattasi di innovazione che, secondo le Sezioni Unite, è destinata a costituire uno spartiacque con la disciplina attuale e ad aprire uno scenario nuovo per il futuro, ammettendo la possibilità di rimediare alla mancanza in atti della procura alle liti.

L’intervento in questione, secondo la pronuncia in commento, varrebbe così a confermare a contrario la correttezza della linea interpretativa sposata dal provvedimento, secondo la quale la norma vigente non consente la sanatoria dell’inesistenza della procura.

Peraltro, la riforma non si riferisce al fenomeno del mondo tangibile della inesistenza, avendo evocato, invece, la mancanza. Dal che, sempre secondo la Corte, potrebbe essere lecito dubitare se si sia voluto attribuire rilievo esclusivamente al mancato inserimento fra le carte processuali della procura esistente, oppure, seppure con la derivazione dal verbo mancare, si sia inteso evocare anche l’inesistenza in natura.

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