Interferenze tra pignoramento di immobile locato e pignoramento dei canoni di locazione
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 30 aprile 2024, n. 11698 – Pres. De Stefano – Rel. Saija
Espropriazione immobiliare – Art. 2912 c.c. – Assoggettamento a pignoramento dei canoni di locazione – Pignoramento presso terzi avente per oggetto i canoni di locazione – Ammissibilità – Riunione dei procedimenti
In caso di pignoramento di canoni dovuti in forza di contratto di locazione avente per oggetto un immobile già colpito da pignoramento, il giudice dell’espropriazione presso terzi, a fronte della dichiarazione resa ai sensi dell’art. 547 c.p.c. in cui venga dato conto dell’esistenza del precedente pignoramento, non può emettere ordinanza di assegnazione ai sensi dell’art. 553 c.p.c., ma deve trasmettere il fascicolo al giudice presso cui pende l’espropriazione immobiliare, affinché proceda alla riunione delle procedure in virtù di quanto disposto dall’art. 493 c.p.c.
CASO
Con ordinanza di assegnazione emessa ex art. 553 c.p.c., il Tribunale di Vicenza disponeva che la conduttrice di un immobile, che aveva dichiarato di essere debitrice dei canoni mensili, li pagasse al creditore assegnatario che aveva promosso l’espropriazione mobiliare presso terzi in danno del locatore.
Successivamente, tuttavia, il custode giudiziario dell’immobile locato notiziava la conduttrice del fatto che lo stesso era stato precedentemente colpito da pignoramento; la conduttrice spiegava intervento nell’esecuzione immobiliare e, per avere indicazioni sul beneficiario dei pagamenti, formulava istanza al giudice della stessa, il quale autorizzava il custode giudiziario, da un lato, a incassare i canoni che dovevano ancora maturare e, dall’altro lato, ad agire nei confronti del creditore che aveva ottenuto l’ordinanza di assegnazione per ripetere i ratei che gli erano stati fino ad allora versati.
Questi, tuttavia, avvalendosi dell’ordinanza di assegnazione, notificava precetto di pagamento alla conduttrice, la quale reagiva proponendo opposizione ex art. 615 c.p.c., che veniva accolta, con sentenza confermata all’esito del giudizio d’appello.
La sentenza di secondo grado veniva quindi impugnata con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione, respingendo il motivo di ricorso con cui il creditore che aveva notificato il precetto sosteneva di avere diritto di procedere a esecuzione forzata in danno della conduttrice in forza dell’ordinanza di assegnazione, ha affermato che il provvedimento con cui il giudice dell’espropriazione immobiliare avente per oggetto il bene locato dispone che il pagamento dei canoni già assegnati ai sensi dell’art. 553 c.p.c. sia effettuato in favore del custode giudiziario, determinando una non consentita modificazione soggettiva dell’obbligazione risultante dall’ordinanza di assegnazione, costituisce atto abnorme, da impugnarsi mediante opposizione agli atti esecutivi, in difetto della quale, anche se illegittimo, diviene inoppugnabile e obbliga ad attenervisi.
QUESTIONI
[1] Con la sentenza che si annota, la Corte di cassazione svolge un’approfondita disamina dei rapporti tra procedure di espropriazione forzata presso terzi e immobiliare che presentano una connessione dal punto di vista oggettivo – riguardando la prima i canoni di locazione dovuti dal conduttore dell’immobile pignorato nella seconda – e fornisce una sorta di decalogo sul modo in cui gestirne le interferenze.
È noto, infatti, che, a termini dell’art. 2912 c.c., il pignoramento dell’immobile si estende automaticamente ai suoi frutti, tra i quali rientrano i canoni di locazione dovuti dal conduttore.
Se questi, in pendenza dell’espropriazione immobiliare, sia destinatario di un pignoramento presso terzi e sia a conoscenza della preesistente esecuzione immobiliare (per esempio, perché il custode giudiziario lo ha reso edotto del pignoramento), egli renderà, ai sensi dell’art. 547 c.p.c., una dichiarazione con cui darà evidenza della circostanza; il giudice del pignoramento presso terzi, a quel punto, non solo non potrà assegnare un credito di cui il terzo non può disporre, ma dovrà pure trasmettere il fascicolo al giudice dell’espropriazione immobiliare, affinché proceda alla riunione delle procedure ex art. 493 c.p.c., visto che si tratta di plurime azioni esecutive avviate da creditori diversi su beni parzialmente coincidenti, in relazione alle quali il pignoramento successivo – di per sé consentito e pienamente legittimo – ha gli effetti di un intervento nell’espropriazione avviata in forza di quello precedente (che andrà considerato tempestivo o tardivo a seconda che sia stato spiegato prima o dopo che sia stata disposta la vendita).
Per la Corte di cassazione, dunque, in presenza di plurime azioni esecutive avviate su beni di natura diversa, una delle quali abbia per oggetto un immobile, è il giudice dell’espropriazione immobiliare a dovere svolgere un ruolo di coordinamento, nei termini sopra indicati, a maggior ragione se con il pignoramento successivo sono stati aggrediti cespiti, quali i canoni di locazione, già ricompresi nel pignoramento dell’immobile ai sensi dell’art. 2912 c.c., vieppiù in ragione del fatto che l’espropriazione di cui il debitore lamenti l’eccesso può essere limitata al mezzo che il creditore sceglie o che il giudice determina (art. 483, comma 2, c.p.c.).
Una volta disposta la riunione, peraltro, il creditore che ha pignorato i canoni di locazione avrà diritto di concorrere alla distribuzione della sola massa costituita da detti canoni, quale oggetto della propria azione esecutiva: per concorrere sul ricavato dalla vendita dell’immobile, infatti, dovrà spiegare un apposito intervento, manifestando la volontà di partecipare alla distribuzione anche del ricavato dalla liquidazione dell’immobile e che, alla stregua di quanto già detto, andrà considerato tempestivo o tardivo a seconda del momento in cui sarà stato depositato il ricorso ex art. 499 c.p.c.
Può, tuttavia, accadere che – come avvenuto nella fattispecie oggetto della sentenza annotata – il terzo pignorato non solo non dichiari la preesistenza di una procedura esecutiva immobiliare (perché, per esempio, non ne è a conoscenza), ma renda dichiarazione positiva e il giudice dell’espropriazione presso terzi, ignorando incolpevolmente la pendenza della precedente espropriazione immobiliare, assegni i canoni di locazione ai sensi dell’art. 553 c.p.c. al creditore pignorante: in tale caso, si determina un conflitto non solo tra questi e il terzo pignorato (che si vede esposto al rischio di dovere pagare il medesimo debito due volte, ossia al creditore assegnatario e al custode giudiziario dell’immobile), ma tra lo stesso creditore pignorante e il ceto creditorio che partecipa all’esecuzione immobiliare, dal momento che l’assegnazione conseguita nell’espropriazione mobiliare presso terzi lo sottrarrebbe al concorso già da altri ritualmente avviato mediante il pignoramento immobiliare (estesosi ex lege ai canoni di locazione, per effetto della regola dettata dall’art. 2912 c.c.), in elusione della par condicio creditorum.
Nella fattispecie esaminata dai giudici di legittimità, in effetti, si era verificata proprio questa situazione, in quanto il conduttore era venuto a conoscenza del previo pignoramento immobiliare solo dopo l’emissione dell’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.
La Corte di cassazione, in proposito, ha evidenziato che la dichiarazione positiva resa ai sensi dell’art. 547 c.p.c. non poteva essere emendata o revocata per errore incolpevole, poiché il giudice dell’esecuzione aveva già emesso il provvedimento conclusivo dell’espropriazione mobiliare presso terzi; con l’ulteriore conseguenza che quest’ultimo non poteva nemmeno essere impugnato con l’opposizione ex art. 617 c.p.c., ammissibile solo se il terzo che la propone abbia corretto o revocato la propria dichiarazione prima della pronuncia dell’ordinanza di assegnazione, che sia nondimeno avvenuta in assenza delle condizioni legittimanti, visto che, diversamente opinando, si introdurrebbe un rimedio straordinario – una sorta di revocazione ex art. 395 c.p.c. – idoneo a mettere in discussione senza limiti di tempo gli esiti dell’espropriazione forzata, che è invece caratterizzata da un sistema chiuso, tipizzato e inderogabile di rimedi interni.
A fronte del rischio di rimanere esposto a un doppio pagamento (richiestogli sia dal creditore assegnatario dei canoni pignorati in forza dell’ordinanza di assegnazione, sia dal custode giudiziario dell’immobile pignorato per effetto di quanto disposto dall’art. 2912 c.c. e delle direttive impartite dal giudice dell’espropriazione immobiliare), il terzo pignorato può piuttosto ricorrere al sequestro liberatorio ex art. 687 c.p.c., trattandosi di rimedio offerto anche a colui che, tenuto all’adempimento di un’obbligazione, si veda destinatario della relativa pretesa da parte di due o più soggetti che si affermano titolari esclusivi del diritto e sono tra loro in contesa. Per questo motivo, la scelta del conduttore di intervenire nella procedura esecutiva immobiliare, in assenza delle condizioni tassativamente previste dall’art. 499 c.p.c., per chiedere al giudice presso cui era incardinata di fornire istruzioni in merito ai pagamenti, è stata definita poco ortodossa.
Il giudice dell’esecuzione immobiliare, del resto, non può disporre delle sorti dei canoni di locazione che hanno già formato oggetto di un’ordinanza di assegnazione emessa da altro giudice ai sensi dell’art. 553 c.p.c., nell’ambito di una procedura esecutiva conclusasi con la sua emissione; una tale iniziativa si sarebbe potuta giustificare, al limite, solo se la procedura esecutiva presso terzi fosse stata ancora pendente, a seguito dell’adozione di provvedimenti ordinatori funzionali a consentire che le due espropriazioni si svolgessero in un unico contesto, in virtù di quanto stabilito dall’art. 493 c.p.c.
Per tale ragione, l’atto posto in essere dal giudice dell’esecuzione immobiliare – che, pienamente consapevole dell’ordinanza di assegnazione adottata all’esito del pignoramento presso terzi, aveva nondimeno ordinato l’acquisizione di somme sulle quali altro giudice aveva già disposto, determinando una modificazione dell’obbligazione di pagamento dei canoni ex latere creditoris – andava qualificato come atto abnorme, da impugnarsi con opposizione ex art. 617 c.p.c., in assenza della quale non poteva più essere messo in discussione, consolidandosi definitivamente sebbene viziato o illegittimo.
Di conseguenza, il pagamento dei canoni effettuato dalla conduttrice nelle mani del custode giudiziario, nonostante l’ordinanza di assegnazione resa ai sensi dell’art. 553 c.p.c., è stato considerato liberatorio, essendo stato effettuato a favore del soggetto legittimato in virtù dell’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione immobiliare non ritualmente impugnata e divenuta, pertanto, inoppugnabile e vincolante.
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