Interesse ad impugnare per vizio dell’integrità del contraddittorio e ragionevole durata del processo
di Giorgia Vulpiani Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 20 gennaio 2016, n. 895
Impugnazioni civili – Azione revocatoria ordinaria – Litisconsorzio necessario – Pretermissione del debitore alienante in appello – Integrità contraddittorio – Concreto ed attuale interesse ad impugnare – Necessità
(Cod. proc. civ., artt. 100, 102, 331)
[1] L’impugnazione fondata sulla violazione del litisconsorzio necessario in sede di gravame è inammissibile ove non sia corredata dalla allegazione e dalla dimostrazione dell’interesse della parte impugnante alla partecipazione del pretermesso al giudizio di impugnazione (nella specie, nell’ambito di un’azione revocatoria, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dal creditore avverso la sentenza di appello emessa all’esito di un’impugnazione, promossa dal terzo acquirente, in cui il contraddittorio non era stato esteso al debitore-venditore già parte del giudizio di primo grado).
CASO
[1] Il caso sottoposto all’attenzione della Corte è assai complesso.
Per quanto qui interessa può essere così semplificato.
In primo grado veniva accolta la domanda di revoca ex art. 2901 proposta dalla società Alfa (creditore) in ordine a un atto di disposizione intercorso tra la società Beta (debitore-venditore) e la società Gamma (terzo acquirente).
Proponeva appello Gamma, notificando l’impugnazione solo ad Alfa.
Proponeva poi autonomo appello Beta, notificando ancora una volta l’impugnazione solo ad Alfa.
Riunite le impugnazioni, il giudice di secondo grado dichiarava improcedibile l’appello proposto da Beta perché tale società si era in precedenza estinta. Ne conseguiva che la procura rilasciata doveva considerarsi nulla, così come doveva considerarsi nulla la relativa costituzione in giudizio.
La corte territoriale accoglieva invece l’altro gravame, riformando la sentenza di revoca.
Proponeva quindi ricorso per cassazione Alfa, lamentando la violazione del litisconsorzio in sede di gravame, per non aver partecipato validamente al giudizio la società Beta, debitrice e dante causa rispetto all’atto di disposizione impugnato. Per l’effetto, chiedeva venisse accertato il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per mancata notifica dell’appello al debitore-venditore.
SOLUZIONE
[1] La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto Alfa non ha dedotto né dimostrato un concreto ed attuale interesse ad impugnare la sentenza della corte d’appello per il vizio di integrità del contraddittorio determinatosi nel secondo grado in riferimento alla posizione del debitore alienante in assenza di un effettivo vulnus al diritto di difesa, risultando un tale vizio soltanto ragione astratta di doglianza, ponendosi l’eventuale integrazione del contraddittorio in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo.
QUESTIONI
[1] La pronuncia in questione affronta la questione del rapporto tra il principio dell’integrità del contraddittorio e quello della ragionevole durata del processo.
Secondo costante orientamento, nell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. il debitore alienante è litisconsorte necessario del convenuto terzo acquirente poiché l’accoglimento della domanda comporta, per effetto dell’assoggettamento del terzo alle azioni esecutive sul bene oggetto dell’atto di disposizione impugnato, l’acquisto da parte di questi di ragioni di credito verso l’alienante, nonché postula nei confronti del debitore l’accertamento della sua frode e dell’esistenza del credito (Cass., 5 luglio 2000, n. 8952; Cass., 26 luglio 2002, n. 11005; Cass., 16 luglio 2003, n. 11150; Cass., 7 novembre 2011, n. 23068).
Conseguentemente, la proposizione dell’appello nei confronti di almeno uno dei litisconsorti necessari impone al giudice di disporre l’integrazione del contraddittorio riguardo agli altri litisconsorti e l’effetto conservativo dell’impugnazione si verifica nei confronti di tutti i compartecipanti al giudizio (Cass., 27 luglio 2001, n. 10297; Cass., 20 aprile 2007, n. 9381).
Dunque, l’omessa notifica dell’impugnazione ad un litisconsorte necessario non si riflette sull’ammissibilità o sulla tempestività del gravame, ma determina solo l’esigenza dell’integrazione del contraddittorio iussu iudicis (Cass., 31 luglio 2013, n. 18364; Cass., 8 febbraio 2011, n. 3071).
Tuttavia, la Suprema Corte in diverse pronunce ha statuito che l’art. 102 c.p.c. non rappresenta una norma inderogabile di interesse pubblico da applicare logicamente prima del merito e che, dunque, in considerazione del principio del giusto processo, la sussistenza del litisconsorzio necessario non può operare a prescindere dall’accertamento dell’interesse in concreto delle parti alla partecipazione al giudizio (Cass., sez. un., 14 maggio 2013, n. 11523; Cass., sez. un., 13 novembre 2013, n. 25454; Cass., 17 aprile 2014, n. 8957).
Il litisconsorzio necessario si configura, dunque, come un “istituto processuale a geometria variabile, dipendente dalla morfologia della concreta situazione giuridica sostanziale portata alla cognizione del giudice e delle modalità di azione ed eccezione in cui tale situazione viene dedotta in giudizio”.
Nel caso di specie, secondo la Corte, l’interesse al rispetto del litisconsorzio necessario in appello nei confronti dell’alienante sussisteva in capo al terzo acquirente, in ragione del diritto di quest’ultimo a far valere contro il suo dante causa le ragioni creditorie conseguenti alla dichiarazione di inefficacia dell’atto impugnato. Viceversa, il creditore non aveva interesse all’integrità del contraddittorio nei confronti del debitore alienante, dal momento che per il creditore l’utilità della decisione di appello consisteva esclusivamente nella conservazione dell’inefficacia dell’atto nei confronti del terzo, allo scopo di poter così aggredire esecutivamente il bene acquistato da quest’ultimo.
Va dunque sottolineato come la giurisprudenza finisca per sindacare sia l’interesse dell’impugnante (ovvero, più in generale, della parte in causa) alla partecipazione del pretermesso al giudizio (cfr. Cass., sez. un., n. 25454/2013 cit.) o al grado di giudizio (come nella sentenza in commento), sia l’interesse del pretermesso stesso ad assumere la veste di parte del processo (v., ad esempio, Cass., sez. un., n. 11523/2013 cit.).