Integrazione del contraddittorio in caso di morte di una delle parti
di Francesco Luppino, Dottore in legge e cultore della materia di diritto privato presso l'Università degli Studi di Bologna Scarica in PDFCassazione civile, sez. II, ord. 30.09.2021 n. 26562. Presidente P. D’Ascola – Estensore G. Dongiacomo
Massima: “In caso di morte di una delle parti nel corso del giudizio di primo grado, invero, questa Corte ha ripetutamente affermato il principio per cui la sua legittimazione attiva e passiva si trasmette indivisibilmente a tutti i suoi eredi, i quali vengono a trovarsi per la durata dell’intero giudizio in una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni di ordine processuale, a prescindere cioè dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, con la conseguenza che ove l’impugnazione sia stata proposta nei confronti di uno soltanto degli eredi della parte defunta, ancorché contumace in primo grado, il giudice d’appello deve ordinare, anche d’ufficio, a pena di nullità, l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c. nei confronti degli altri coeredi, anche quando manchi la successione nel diritto posto a fondamento della domanda“.
CASO
Due condomini di un edificio situato in Napoli hanno convenuto in giudizio gli altri singoli condomini e il Condominio stesso, “Alfa”, chiedendo di condannare quest’ultimo al rimborso delle spese sostenute molti anni prima per la manutenzione, illuminazione e pulizia di scale e portierato, a causa di un maggior importo erogato rispetto a quello dovuto, nonché di disporre il rifacimento delle tabelle millesimali perché non corrispondenti ai reali valori della proprietà in virtù di errori e modificazioni verificatesi nel corso del tempo, di dichiarare il divieto di parcheggio all’interno dei cortili, destinati al solo transito delle autovetture, con l’ordine ai singoli condomini di non sostare a motore acceso, e di ordinare al Condominio l’esecuzione di lavori specificatamente indicati.
Il Condominio “Alfa” convenuto si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto della domanda.
Si è costituito in giudizio anche un Condominio limitrofo, “Beta”, insieme a diversi condomini i quali pure chiedevano il rigetto della domanda, mentre una di questi ultimi si è associata alla richiesta di modifica delle tabelle millesimali.
Il Tribunale di Napoli ha determinato, con sentenza, i valori millesimali del complesso condominiale “Alfa”, così come richiesto da parte attrice, sulla base delle risultanze di una CTU, in virtù di un accertato e significativo mutamento dello stato dei luoghi e del mancato raggiungimento di un accordo tra i condomini. Il Tribunale ha, però, rigettato tutte le ulteriori domande proposte da parte attrice.
Gli attori decidevano di appellare la pronuncia del Tribunale di Napoli deducendo l’erroneità delle tabelle predisposte dal CTU e richiedendo l’accoglimento di tutte le domande proposte in primo grado.
Si costituivano anche in secondo grado tutti i condomini dei fabbricati nominati in precedenza, nonché la condomina che si era unita alla richiesta di modifica delle tabelle millesimali.
Considerato l’elevato numero dei condomini che avevano partecipato al giudizio, la Corte d’Appello ha disposto con ordinanza l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini fissandone il relativo termine.
Successivamente, la Corte territoriale rilevava con una nuova ordinanza che tutte le notificazioni erano regolari, ad eccezione di quelle relative a due condomine: “Tizia”, per la quale non risultava allegata agli atti la prova della comunicazione dell’intervenuta notificazione a mani del portiere a norma dell’articolo 139 c.p.c., e “Caia” per la quale, avendo l’ufficiale giudiziario attestato l’intervenuto decesso della stessa, doveva essere allegata documentazione anagrafica dalla quale potesse evincersi l’integrità del contraddittorio nei confronti dei suoi eredi, identificati dagli appellanti nel solo figlio della defunta condomina e la di lui coniuge.
Alla successiva udienza, gli appellanti hanno effettuato delle deduzioni sia in merito alla non regolare notificazione nei confronti della condomina “Tizia” sia nei confronti di quella riguardante la condomina “Caia” giudicata altrettanto irregolare dalla Corte d’Appello. Per quanto riguarda la prima delle deduzioni appena accennate, gli appellanti hanno eccepito che la notificazione effettuata alla condomina “Tizia” era priva della documentazione prescritta dall’articolo 139 c.p.c. in ragione del fatto che il portiere si era dichiarato incaricato alla ricezione delle notificazioni, come attestato nella relata di notifica, come emergeva dalle altre notificazioni nelle quali, nonostante vi fosse stata la medesima consegna al portiere, risultava una differente dizione impiegata dall’ufficiale giudiziario e che, in ogni caso, il mancato invio della suddetta comunicazione comporterebbe una mera irregolarità non suscettibile di determinare la nullità della notificazione. Invece, per le deduzioni inerenti la non regolarità della notificazione nei confronti della condomina “Caia”, gli appellanti hanno rilevato che, in realtà, la notificazione nei confronti degli eredi della suddetta condomina era stata correttamente espletata, dal momento che il figlio del de cuius era succeduto alla stessa insieme alle due sorelle, ma aveva acquistato da queste ultime, in comproprietà con la propria coniuge, i diritti sull’immobile sito a Napoli all’interno del Condominio “Alfa” originariamente citato in giudizio, divenendo, al momento della proposizione dell’appello, proprietario del predetto immobile.
Gli appellanti chiedevano la prosecuzione del giudizio e, in via subordinata, la concessione di un termine per consentire il deposito di altra documentazione o per procedere ad una ulteriore notifica dell’atto d’appello.
Successivamente, la Corte territoriale, con una seconda ordinanza, ha reso noto alle parti la possibilità circa una eventuale inammissibilità dell’impugnazione a causa della mancata integrazione del contraddittorio e, assunta la causa in decisione, ha dichiarato tale inammissibilità per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi della condomina “Caia” deceduta, entro il termine perentorio fissato diversi anni prima.
In particolare, la Corte territoriale ha giudicato non corretta la deduzione degli appellanti, poiché «quando una delle parti muore nel corso del giudizio di primo grado, l’erede assume la stessa posizione che era già del de cuius e ne deriva un litisconsorzio di natura processuale che prescinde dalla natura del diritto controverso ed impone a norma dell’art. 110 c.p.c. la prosecuzione nei confronti di tutti i successori a titolo universale della parte deceduta indipendentemente dalla natura, scindibile o inscindibile, del rapporto sostanziale in giudizio». Inoltre, la Corte, in considerazione della natura perentoria del termine ex articolo 331 c.p.c. e delle conseguenze connesse alla mancata integrazione del contraddittorio entro il termine predetto, ha escluso la possibilità circa la concessione di un ulteriore termine per la notifica dell’atto d’appello ovvero che la stessa integrazione del contraddittorio fosse ordinata iussu iudicis.
Invece, in merito all’irregolarità della notificazione dell’atto d’appello nei confronti della condomina “Tizia”, la Corte ha considerato l’omessa spedizione della raccomandata di cui all’art. 139 c.p.c., 4°comma, quale vizio dell’attività svolta dall’ufficiale giudiziario comportante non una mera irregolarità, quanto, piuttosto, la nullità della notificazione.
Dunque, per i motivi esposti ut supra, il giudice di secondo grado ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello, confermando, così, la decisione del Tribunale di Napoli pronunciata nel precedente grado di giudizio.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, gli appellanti proponevano ricorso in cassazione, con tre differenti motivi: 1) censurando la sentenza impugnata nella parte in cui è stata esclusa la possibilità di concedere un nuovo termine per la notifica dell’atto d’appello ovvero che fosse ordinata iussu iudicis l’integrazione del contraddittorio nel momento in cui si assumeva la conoscenza, solo attraverso la relata di notifica, del decesso della condomina “Caia”; 2) censurando la sentenza del giudice d’appello nella parte in cui dichiarava l’inammissibilità dell’atto d’appello sul rilievo che, «quando una delle parti muore nel corso del giudizio di primo grado, l’erede assume la stessa posizione che era già del de cuius e ne deriva un litisconsorzio di natura processuale che prescinde dalla natura del diritto controverso ed impone a norma dell’art. 110 c.p.c. la prosecuzione nei confronti di tutti i successori a titolo universale della parte deceduta indipendentemente dalla natura scindibile o inscindibile del rapporto sostanziale in giudizio», lamentando che gli eredi della condomina “Caia” avevano pattuito, con atto di compravendita, intervenuto prima della pubblicazione della sentenza di primo grado, il trasferimento della quota di proprietà delle due sorelle in capo all’erede maschio regolarmente citato da parte ricorrente[1]; 3) infine con il terzo ed ultimo motivo, il ricorrente censurava la sentenza impugnata nella parte in cui è stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello per la mancata integrazione del contraddittorio nel termine perentorio ex articolo 331 c.p.c., in particolare, poiché la Corte territoriale ha ritenuto che «il portiere avendo ricevuto la notificazione non quale addetto alla ricezione, ma come incaricato del destinatario, addetto a tale mansione in qualità di portiere, la notificazione eseguita dagli appellanti alla condomina “Tizia” era nulla perché l’omessa spedizione della raccomandata di cui all’art. 139, comma 4°, c.p.c. costituisce un vizio dell’attività dell’ufficiale giudiziario che determina non una mera irregolarità della notificazione ma la sua nullità». Invece, secondo parte ricorrente, la Corte territoriale nel pronunciare l’inammissibilità dell’appello per il motivo appena esposto, non teneva in debita considerazione il fatto che, come emerge nell’apposita relazione, la notifica alla condomina “Tizia” era stata eseguita nel pieno rispetto del 2° comma dell’articolo 139 c.p.c., dal momento che, in difetto di prova contraria, il portiere aveva ricevuto la notificazione non in tale veste (dovendosi nel caso applicare il 4° comma dell’articolo 139 c.p.c.), ma come incaricato dalla condomina alla ricezione delle medesime;
I Condomini “Alfa” e “Beta” resistevano con controricorso e venivano altresì depositate memorie.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione con ordinanza n. 26562 del 30.09.2021, ha ritenuto il primo e il secondo motivo di gravame «palesemente infondati», con assorbimento del terzo. Nel complesso, ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza di secondo grado, ritenendo il ragionamento adottato dalla Corte territoriale nel dichiarare l’inammissibilità dell’appello, perfettamente coerente, logico e rispettoso dei dettami della legge.
QUESTIONI
La controversia oggetto della sentenza in commento si presta ad apprezzamenti di carattere pratico e di particolare interesse, dal momento che le pretese di parte ricorrente rappresentano considerazioni logico-giuridiche non condivise dalla Cassazione, ma pur sempre sorrette da fondamenta di diritto di non scarsa rilevanza. In sostanza, si tratta di capire se un atto frutto dell’autonomia contrattuale che la legge ben riconosce in capo ai privati, nel caso di specie una compravendita, possa in qualche modo derogare una norma di legge di carattere processuale, quindi tutelata dai principi generali e fondamentali del diritto processuale, quali il principio del giusto processo e del rispetto del contraddittorio.
1.Gli Ermellini hanno valutato la palese infondatezza dei primi due motivi a fondamento del ricorso con assorbimento del terzo sulla base di alcune considerazioni di diritto poste in essere richiamando una consolidata giurisprudenza della Cassazione e una importante e recente pronuncia a Sezioni Unite della medesima Corte[2].
1.1. Innanzitutto, il Supremo Collegio ha statuito che nei casi in cui nel corso del giudizio di primo grado dovesse verificarsi il decesso di una parte, la legittimazione di quest’ultima si trasmette ai suoi eredi, i quali vengono a trovarsi per tutta la durata del processo in una situazione di litisconsorzio necessario indipendentemente dalla natura scindibile o meno del rapporto sostanziale dedotto in giudizio[3]. Pertanto, a fronte della situazione appena descritta, se una parte dovesse impugnare la decisione del giudice di primo grado notificando il gravame solo nei confronti di alcune delle parti del processo, trova applicazione l’articolo 331 c.p.c., nel rispetto del principio del giusto processo in ordine alla regolare costituzione del contraddittorio ai sensi dell’articolo 111 c.p.c., il quale, di regola, è prevalente rispetto al principio della ragionevole durata del processo , per cui il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio e non può dichiarare inammissibile il gravame[4].
1.2. I giudici della Cassazione hanno poi affrontato alcune considerazioni in merito al termine previsto dall’articolo 331 del Codice di procedura civile relativo ad una giusta e corretta integrazione del contraddittorio. Il termine oggetto di analisi «assolve la funzione di rimediare ad un iniziale errore della parte che non ha notificato l’atto di impugnazione ad uno dei litisconsorti necessari» garantendo, in tal modo, il cosiddetto “effetto conservativo dell’impugnazione”, ancorché essa sia indirizzata ad una sola delle parti vittoriose o, d’altra parte, sia proposta da uno solo dei più soccombenti, così impedendo il passaggio in giudicato della sentenza, purché il successivo ordine di integrazione disposto dal giudice sia tempestivamente rispettato. Tutto ciò spiega «il rigore nell’interpretazione della norma circa la natura perentoria del termine e la sua improrogabilità e dà una precisa indicazione delle attività che nel termine devono essere compiute», le quali non si dovranno concretizzare unicamente nell’avvio del procedimento, ma interesseranno anche tutte quelle operazioni prodromiche[5] atte ad assicurare il corretto espletamento del contenuto e della ratio della norma, ossia il rispetto del principio del contraddittorio attraverso una sua effettiva, oltre che corretta, integrazione.
Per tali ragioni, il termine previsto dall’articolo 331 c.p.c. dovrà essere stabilito dal giudice in una misura tale da consentire alla parte di rimediare ad eventuali errori posti in essere nel momento della notificazione dell’impugnazione[6]. Inoltre, come nel caso che interessa la sentenza in commento, quando la parte notificando l’atto di integrazione del contraddittorio nei confronti del contumace viene a conoscenza della morte o della perdita di capacità di quest’ultimo, il termine che le era stato assegnato dal giudice ai sensi dell’articolo 331 c.p.c. si interrompe automaticamente e, «in applicazione analogica dell’art. 328 c.p.c., comincia a decorrere un nuovo termine, di durata pari a quella iniziale, indipendentemente dal momento in cui l’evento interruttivo si è verificato», rimanendo, tuttavia, in capo alla parte notificante «l’onere di riattivare con immediatezza il processo notificatorio, senza necessità di apposita istanza al giudice ad quem». Quest’ultima possibilità si prospetterebbe, invece, solamente nei casi in cui, per ragioni eccezionali, di cui la stessa parte dovrà fornire la prova, il termine ut supra si dimostri insufficiente ad individuare coloro che sono legittimati a proseguire il giudizio, risultando, in tal caso, consentito domandare all’organo giudicante la rimessione in termini ai sensi del 2° comma dell’articolo 153 c.p.c.[7].
2.Gli Ermellini hanno poi rilevato come alcuni aspetti del caso oggetto della sentenza in commento siano sostanzialmente rimasti incontestati: la contumacia della condomina “Caia” per tutta la durata del giudizio di primo grado, in occasione del quale si è verificata la sua morte; che tale morte non sia stata né notificata né certificata, bensì appresa dall’appellante unicamente in sede di notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio ai sensi dell’articolo 331 c.p.c.; che gli eredi della condomina sono effettivamente tre.
Pertanto, il termine originariamente concesso dal giudice si è interrotto nel momento in cui l’appellante ha avuto la contezza dell’avvenuta morte della condomina “Caia”, iniziando a decorrere da tale momento un nuovo termine, in applicazione dell’articolo 328 c.p.c., di egual durata di quello interrotto, entro il quale, però, l’appellante ha eseguito la notificazione dell’atto di integrazione ad uno solo dei tre eredi della condomina, ossia colui che ha voluto acquisire l’intero diritto di proprietà sull’immobile del de cuius situato all’interno del condominio “Alfa”, citato in giudizio, con atto di compravendita intervenuto prima della pubblicazione della sentenza di primo grado. Perciò, in ragione della giurisprudenza richiamata, i giudici del Supremo Collegio hanno ritenuto l’ordine d’integrazione del contraddittorio come non integralmente adempiuto, d’altronde l’appellante non risulta aver neppure avanzato alcuna istanza di rimessione ai sensi dell’articolo 184 bis c.p.c. corredata dalla prova circa la sussistenza di ragioni eccezionali tali da determinare l’insufficienza del nuovo termine.
3.Infine, occorre segnalare l’indirizzo assunto dai giudici della Suprema Corte di Cassazione in merito al quesito proposto in apertura del presente commento circa la prospettata possibilità che un atto frutto dell’autonomia privata, nel caso di specie una compravendita, possa o meno derogare una norma di diritto processuale, quale l’articolo 331 c.p.c., fortemente intrisa di quei principi fondamentali che permeano l’intera procedura, come il principio del giusto processo e del rispetto del contraddittorio tra le parti. Gli Ermellini hanno inteso escludere tale possibilità, propendendo per l’irrilevanza dell’atto di compravendita, anche se intervenuto prima della pubblicazione della sentenza di primo grado, nonché della proposizione dell’atto di appello, con il quale gli eredi della condomina “Caia” avevano scelto di trasferire tutte le quote di proprietà sull’appartamento oggetto di causa in favore di uno solo di essi. Infatti, il Supremo Collegio ha evidenziato come «in caso di morte di una delle parti nel corso del giudizio di primo grado, la sua legittimazione attiva e passiva si trasmette indivisibilmente in capo a tutti i suoi eredi, i quali vengono a trovarsi per la durata dell’intero giudizio in una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni di ordine processuale, a prescindere cioè dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale dedotto in giudizio»[8].
[1] In particolare, parte ricorrente sottolinea il fatto che tale atto di compravendita rappresenta la volontà di tutti i coeredi di trasferire il bene oggetto dello stesso, indipendentemente dalla proporzione delle quote ereditarie, ad uno soltanto di essi e a sua moglie, i quali, differentemente dal caso in cui fosse intervenuta una divisione, sono diventati gli unici legittimati passivi del giudizio, il cui esito, negativo o positivo, è destinato a produrre i suoi effetti solo nei confronti dei proprietari dell’immobile, in quanto condomini dello stesso.
[2] Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 24.05.2019, n. 14266.
[3] Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 24.05.2019, n. 14266; Cassazione civile, sez. 6 3, ordinanza 05.11.2020, n. 24639; Cassazione civile, sez. 6 L, ordinanza 02.07.2018, n. 17199; Cassazione civile, sez. II, sentenza 02.04.2015, n. 6780; Cassazione civile, sez. I, sentenza 01.12.2011, n. 25706.
[4] Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 24.05.2019, n. 14266; Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 11.06.2010, n. 14124; Cassazione civile, sez. 6 3, ordinanza 05.11.2020, n. 24639; Cassazione civile, sez. 6 L, ordinanza, 02.07.2018, n. 17199; Cassazione civile, sez. L, sentenza 13.10.2015, n. 20501.
[5] A titolo esemplificativo si considerino le indagini di stato civile ed anagrafiche eventualmente necessarie per individuare i soggetti destinatari della notifica ed il luogo in cui questa deve essere eseguita.
[6] Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 24.05.2019, n. 14266; Cassazione civile, sez. III, ordinanza 11.02.2020, n. 3318; Cassazione civile, sez. III, sentenza 10.05.2013, n. 11139; Cassazione civile, sez. II, sentenza 27.10.2008, n. 25860; Cassazione civile, sez. I, sentenza 14.10.2005, n. 20000.
[7] Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 24.05.2019, n. 14266.
[8] Cassazione civile, sez. I, sentenza 01.12.2011, n. 25706; Cassazione civile, sez. II, sentenza 28.10.2004, n. 20874; Cassazione civile, sez. I, sentenza 17.09.2008, n. 23765; Cassazione civile, sez. 6 3, ordinanza 05.11.2020, n. 24639.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia