Intelligenza Artificiale e Bias nei processi di selezione: opportunità e sfide per gli studi professionali
di Giulia Maria Picchi - Senior partner Marketude Scarica in PDFHo letto di recente che la Borsa di Hong Kong (HKEX), sotto la guida della CEO Bonnie Y. Chan, ha intrapreso misure significative per promuovere la diversità di genere nei consigli di amministrazione delle società quotate.
Nel 2022, HKEX infatti ha introdotto una norma che vieta i consigli di amministrazione composti da un solo genere, concedendo alle aziende tempo fino alla fine del 2024 per conformarsi. “Non credo che sia necessario discutere i vantaggi di avere diversità nei consigli di amministrazione. È importante perché previene il groupthink,” ha affermato Chan.
All’epoca dell’introduzione della norma, circa 800 delle 2.600 società quotate a Hong Kong avevano consigli di amministrazione composti da un solo genere. Da allora, il numero di queste società è diminuito significativamente. A giugno 2024, la percentuale di società quotate a Hong Kong con almeno una donna nel consiglio di amministrazione è salita all’84%, rispetto al 70% del 2021 e la percentuale di donne nei consigli di amministrazione è aumentata dal 16,1% nel 2022 al 20,1% nel 2024.
Questa notizia mi ha fatto riflettere sul fatto che se già è necessario “usare un po’ la frusta,” nelle parole di Chan, per far cambiare le cose e consentire alle donne di arrivare ai vertici, forse è altrettanto necessario assicurarsi che i processi di selezione siano il più possibile bilanciati ed equi fin dagli esordi della carriera, altrimenti il rischio non è tanto quello di inserire donne non sufficientemente preparate (altro stereotipo da abbattere) nei board quanto piuttosto quello di non trovarne abbastanza di più che preparate.
Se il focus quindi si sposta sui processi di recruiting, non si può non considerare anche quanto l’intelligenza artificiale (AI) stia trasformando il mondo del lavoro, offrendo strumenti sempre più avanzati per ottimizzare i processi di selezione e reclutamento. Tuttavia, l’adozione di tecnologie basate su algoritmi solleva questioni cruciali legate ai bias impliciti che possono influenzare negativamente le decisioni aziendali, in particolare negli studi professionali, dove la competizione per attrarre e trattenere i migliori talenti è oggi un problema all’ordine del giorno.
Affrontare questi bias non è solo una questione etica, ma rappresenta un’opportunità strategica per garantire equità, diversità e inclusione nei team.
Il ruolo dell’AI nel reclutamento
Negli ultimi anni, molte organizzazioni, inclusi studi legali e società di consulenza, hanno integrato l’AI nei loro processi di selezione. Tra le applicazioni più comuni troviamo:
- Screening dei CV: Algoritmi che analizzano centinaia di candidature, identificando quelle più allineate ai requisiti del ruolo.
- Chatbot per preselezione: Assistenti virtuali che interagiscono con i candidati, raccogliendo informazioni preliminari e rispondendo a domande frequenti.
- Valutazioni predittive: Strumenti che utilizzano dati storici per predire la performance futura dei candidati.
Nonostante i vantaggi in termini di efficienza, l’uso dell’AI è spesso accompagnato da un rischio significativo: la riproduzione e amplificazione dei bias già presenti nei dati utilizzati per addestrare gli algoritmi.
Bias nell’AI: Perché si verificano?
I bias algoritmici emergono quando i sistemi di AI apprendono da dati storici che riflettono pregiudizi preesistenti. Ad esempio:
- Bias di genere: Se i dati storici mostrano una predominanza di uomini in ruoli apicali, l’AI potrebbe preferire inconsciamente candidati maschili.
- Bias etnici: L’uso di dati correlati a nomi, luoghi di residenza o istituzioni educative può penalizzare gruppi etnici minoritari.
- Bias di età: Algoritmi che favoriscono candidati con esperienze recenti possono svantaggiare i professionisti più anziani.
Vi invito a fare un esperimento. Chiedete a ChatGPT “producimi l’immagine di 8 partner di uno studio legale”. La prima volta che l’ho fatto io, i partner erano tutti uomini. Dopo aver fatto notare che non era adeguatamente rappresentativa in termini di diversity, l’AI ha prodotto un’altra immagine -scusandosi molto- in cui si vedono i partner disposti su due file, 5 in piedi dietro, tutti uomini, e tre davanti: un uomo al centro con due donne ai lati.
Insomma, un comodo 25% e dopo aver protestato.
Normative emergenti e uso etico dell’AI
L’attenzione verso l’uso etico dell’AI è in costante crescita. L’Unione Europea ha approvato l’AI Act, un quadro normativo che classifica le applicazioni dell’AI in base al rischio (inaccettabile, elevato, limitato e minimo) e impone requisiti rigorosi per quelle utilizzate in ambiti critici come il reclutamento.
La normativa è molto articolata e non è questa la sede per approfondirla ma giova richiamare, tra le misure introdotte:
- Trasparenza: Gli utenti devono essere informati quando interagiscono con un sistema basato su AI.
- Audit algoritmici: Valutazioni periodiche per verificare l’imparzialità e l’affidabilità degli strumenti.
- Obbligo di responsabilità: Le aziende (e gli studi) devono dimostrare di aver adottato misure per mitigare i rischi di discriminazione.
Strategie per mitigare i bias negli studi professionali
Gli studi professionali possono adottare diverse strategie per garantire che l’AI venga utilizzata in modo etico ed equo:
Selezione consapevole degli strumenti:
Optare per fornitori che integrano controlli anti-bias nei loro algoritmi.
Richiedere audit regolari delle performance degli strumenti.
Formazione sui bias algoritmici:
Educare i responsabili delle risorse umane sui potenziali rischi legati all’AI.
Sensibilizzare l’intero staff sulla necessità di un approccio inclusivo.
Supervisione umana:
Integrare l’AI con il giudizio umano, evitando che le decisioni siano prese esclusivamente dagli algoritmi.
Implementare revisioni manuali per i candidati esclusi dall’AI.
Monitoraggio e analisi dei risultati:
- Raccogliere dati sui processi di selezione per identificare eventuali disparità.
- Adottare un approccio iterativo per migliorare continuamente le performance degli strumenti.
Conclusione: Un futuro inclusivo e responsabile
L’AI offre opportunità straordinarie per gli studi professionali, ma la sua adozione richiede un approccio attento e responsabile.
Mitigare i bias algoritmici non è solo una questione di compliance normativa, ma un elemento essenziale per attrarre e trattenere talenti diversi, migliorando al contempo la reputazione e l’efficacia degli studi. Ma non è solo questo. Anzi, a mio avviso è soprattutto per preparare le risorse del futuro e dare a tutte le stesse opportunità di sedersi nella stanza dei bottoni.
Investire in strumenti e strategie che garantiscano equità nei processi di selezione non è solo una scelta etica e di sopravvivenza nel breve periodo, ma una reale necessità per poter consentire ai futuri board di beneficiare appieno dei vantaggi apportati dalla diversità.
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