4 Ottobre 2022

Inopponibilità in compensazione di un credito contestato

di Mirko Faccioli, Avvocato e Professore associato di diritto privato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. VI, ord. 25 luglio 2022, n. 23167 – Pres. Di Marzio, Rel. Mercolino 

Parole chiave:

Obbligazioni – modi di estinzione diversi dall’adempimento – compensazione – credito contestato – inopponibilità.

Massima: “Qualora nel giudizio finalizzato all’accertamento di un credito sia opposto in compensazione un controcredito oggetto di contemporaneo accertamento in un separato procedimento, il primo giudizio non è suscettibile d’essere sospeso ex art. 295 c.p.c. nelle more della definizione del secondo con provvedimento coperto dal giudicato, ma deve essere, viceversa, deciso nel merito, con il rigetto dell’eccezione di compensazione in esso sollevata”.

Disposizioni applicate:

Art. 1243 c.c., art. 295 c.p.c. 

CASO

Una S.r.l. ottiene decreto ingiuntivo nei confronti di una ASL facendo valere un credito acquistato da un’altra società che aveva eseguito una serie di prestazioni a favore della controparte tra gli anni 2010 e 2016. La ASL propone opposizione eccependo la compensazione con un proprio controcredito, conseguente ai controlli effettuati in ordine all’attività svolta nell’anno 2013, il cui esito era stato comunicato alla controparte con nota del 27 maggio 2020. La s.r.l. si costituisce in giudizio, eccependo a sua volta l’inopponibilità della predetta nota, in quanto successiva alla cessione del credito e impugnata con ricorso pendente di fronte al T.A.R. Il Tribunale dispone allora la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in attesa della definizione di quello amministrativo, ritenendo che la controversia pendente dinanzi al T.A.R. rappresenti l’indispensabile antecedente logico-giuridico della decisione da adottare in ordine all’istanza di compensazione, dal momento che il rapporto giuridico che forma oggetto della prima integra un elemento costitutivo della situazione sostanziale dedotta con la seconda, ed il relativo accertamento dev’essere effettuato con efficacia di giudicato, al fine di assicurare uniformità di decisioni.

Avverso la decisione del Tribunale la S.r.l. propone istanza di regolamento di competenza, affidata ad un solo motivo, illustrato anche con memoria, cui l’ASL resiste a sua volta con memorie.

SOLUZIONE

Il ricorso viene accolto dalla Suprema Corte osservando che, a sostegno della domanda di pagamento proposta nel procedimento monitorio, la ricorrente ha allegato un credito avente ad oggetto il corrispettivo di prestazioni sanitarie effettuate in regime di accreditamento, in ordine al quale la resistente ha eccepito, con l’atto di opposizione, l’estinzione per compensazione, facendo valere un controcredito avente ad oggetto la restituzione di somme pagate per altre prestazioni rese nell’ambito del medesimo rapporto e risultate non dovute a seguito di controlli effettuati in ordine all’appropriatezza delle medesime. L’obbligazione restitutoria costituisce oggetto di contestazione dinanzi al Giudice amministrativo, avendo la dante causa della ricorrente impugnato l’atto conclusivo del procedimento di controllo, consistente nella nota con cui la resistente ha richiesto la restituzione delle somme indebitamente corrisposte.

Ciò considerato, viene richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ove sia controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione dal debitore, il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale né giudiziale, dal momento che, mentre la prima postula la certezza del credito, la seconda presuppone, ai sensi dell’art. 1243 c.c., comma 2°, c.c., l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale è fatta valere, e non può quindi fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso, e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo: in tale ipotesi, resta pertanto esclusa la possibilità di disporre non solo la sospensione della condanna per il credito oggetto della domanda principale, ma anche la sospensione contemplata dall’art. 295 c.p.c. o dall’art. 337 comma 2°, c.p.c. in considerazione della specialità della disciplina prevista dall’art. 1243 cit., prevalente su quella generale dettata dal codice di rito (cfr. Cass., Sez. Un., 15 novembre 2016, n. 23225; Cass. 14 febbraio 2019, n. 4313; Cass. 4 dicembre 2018, n. 31359). Tale principio, enunciato in riferimento alla compensazione in senso tecnico, avente come presupposto l’esistenza di autonomi e contrapposti rapporti di debito e di credito, deve ritenersi applicabile anche alla compensazione c.d. impropria, caratterizzata dalla circostanza che le obbligazioni derivano da un unico rapporto, nell’ambito del quale la valutazione delle reciproche pretese comporta soltanto un accertamento contabile di dare ed avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza: si è infatti osservato che tale figura non può essere utilizzata per dare ingresso ad una sorta di “compensazione di fatto”, sganciata da ogni limite previsto dalla disciplina codicistica, dal momento la peculiarità della compensazione atecnica consiste nel fatto di rendere possibile la compensazione tra crediti che non siano tra loro autonomi, sempre, però, che ricorrano i requisiti di cui all’art. 1243 c.c. (cfr. Cass. 29 gennaio 2015, n. 1695). Pertanto, qualora in un giudizio avente ad oggetto l’accertamento di un credito venga opposto in compensazione un altro credito, sia esso dipendente da un rapporto diverso da quello da cui deriva il credito principale o dal medesimo rapporto, il quale costituisca oggetto di un diverso giudizio, non ancora definito con un provvedimento passato in giudicato, il giudice non ha altra scelta che decidere sul credito azionato in via principale e rigettare l’eccezione di compensazione, non potendo disporre la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 o dell’art. 337, comma 2°, c.p.c. né la sospensione della condanna per il credito liquido fino all’accertamento del credito opposto in compensazione ai sensi dell’art. 1243 c.c., comma 2°, c.p.c.

QUESTIONI

Il consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude l’opponibilità in compensazione di crediti contestati, in quanto privi del carattere della “certezza”, è sottoposto ad aspre critiche dalla dottrina di gran lunga maggioritaria, la quale osserva come tale soluzione si ponga in contrasto con il generale principio secondo cui le condizioni richieste dalla legge per aversi un determinato effetto giuridico vanno valutate in modo puramente oggettivo, prescindendo da eventuali contestazioni delle parti, le quali rendono solamente necessario lo svolgimento della consueta attività di accertamento da parte del giudice: il carattere litigioso del controcredito pertanto non dovrebbe poter modificare il titolo della compensazione o addirittura impedirla, ma solamente differirla fino al momento in cui siano state compiute le necessarie verifiche giudiziali, eventualmente accompagnandosi, laddove l’eccezione di compensazione appaia pretestuosa, all’affermazione della responsabilità processuale aggravata del convenuto ex art. 96 c.p.c. La concezione giurisprudenziale, invece, finisce per introdurre surrettiziamente un limite all’operatività della compensazione non previsto dalla legge e per giunta rimesso all’arbitraria decisione dell’attore, al quale è invero sufficiente contestare l’an e/o il quantum del controcredito per mutare il titolo della compensazione da legale a giudiziale o addirittura ottenere il respingimento dell’eccezione di compensazione, così restringendone abnormemente l’ambito di applicazione (v., fra gli altri, P. Perlingieri, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1975,  p. 294 s.; P. Schlesinger, voce Compensazione (dir. civ.), in Noviss. Dig. it., III, Torino, 1959, p. 723; M. Cantillo, Le obbligazioni, II, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1992, p. 964; L. Martone, La compensazione legale, in M. Paladini (a cura di), L’estinzione dell’obbligazione senza adempimento, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 2010, p. 165 s.; D. Maffeis, La compensazione, in D. Maffeis, A. Fondrieschi, C. Romeo, I modi di estinzione delle obbligazioni, in Tratt. Sacco, Torino, 2012, p. 124).

Secondo un’altra corrente dottrinale, la questione andrebbe invece risolta distinguendo due diverse accezioni di liquidità: una liquidità sostanziale, che attiene alla compensazione legale ed è data dalla (sola) determinatezza della prestazione dovuta; una liquidità processuale, che riguarda i crediti sostanzialmente illiquidi nell’ambito della compensazione giudiziale e che, rilevando come rapidità e semplicità dell’istruzione processuale sull’an e/o sul quantum del diritto, dev’essere valutata tenendo conto anche della necessità di risolvere eventuali contestazioni della controparte in merito. In questa prospettiva, la facile e pronta liquidazione è considerata costituire soltanto il presupposto di natura processuale per la trattazione e decisione congiunta della domanda attorea e dell’istanza di compensazione del convenuto, la cui sussistenza mette il giudice di fronte alla necessità di procedere secondo le due alternative tratteggiate dall’art. 1243, comma 2°, c.c.: qualora la trattazione del credito opposto in compensazione – o almeno di una parte dello  stesso – non comporti alcun ritardo sulla definizione della domanda principale, decidere contestualmente sulle domande contrapposte, eventualmente limitando la pronuncia che realizza immediatamente la compensazione ad una parte soltanto del controcredito con conseguente riserva della compensazione eventualmente operabile in  forza del residuo; qualora la decisione contestuale invece implichi un qualche ritardo nella definizione della domanda principale, rinviare la condanna del convenuto e proseguire il processo per procedere all’accertamento e alla liquidazione del controcredito. Identificandosi con un’iniziativa riconvenzionale, l’istanza di compensazione giudiziale del convenuto appare però ammissibile pure nel caso in cui il controcredito non sia di facile e pronta liquidazione e può essere in tale ipotesi gestita, come si evince da una lettura a contrariis della disposizione da ultimo richiamata, tramite lo strumento processuale della condanna con riserva: in questo modo il convenuto, tutelato anche dalla possibilità di vedere l’esecuzione della pronuncia in favore dell’attore assoggettata ad una cauzione, avrà diritto, in caso di accoglimento della sua istanza con conseguente riconoscimento della compensazione, di ripetere quanto pagato in esecuzione del condanna nonché di far valere la responsabilità ex art. 96, comma 2°, c.p.c. del creditore che abbia agito senza la normale prudenza (E. Merlin, Compensazione e processo, I, Milano, 1991, p. 513 ss., 551 ss., 632 ss.; M. Faccioli, Liquidità e certezza del credito nelle forme di compensazione non convenzionali, in Riv. dir. civ., 2022, p. 45 ss.).

Prima del contrario pronunciamento delle Sezioni Unite richiamato anche dalla pronuncia in commento, un intervento della Suprema Corte ha inoltre dimostrato come sia possibile declinare queste idee pure con riguardo ai casi in cui il credito opposto in compensazione sia sub iudice in un altro processo, individuando una serie di soluzioni finalizzate a coordinare i due giudizi e consentire il simultaneus processus, quali: in caso di pendenza dei due giudizi innanzi al medesimo ufficio, la riunione ex art. 274 c.p.c. e il conseguente crearsi di una situazione che consente al giudice di procedere nei modi indicati dall’art. 1243, comma 2°, c.c.; nel caso di pendenza dei due giudizi dinanzi ad uffici diversi (e nell’impossibilità di rimettere la causa, ex art. 40 c.p.c., in favore del giudice competente per la controversia avente ad oggetto il credito eccepito in compensazione) o di pendenza in grado di impugnazione del giudizio sul credito opposto, la pronuncia, sul credito principale, di una condanna con riserva all’esito della decisione sul controcredito e la contestuale rimessione della causa nel ruolo per decidere in merito alla sussistenza delle condizioni per la compensazione, seguita da sospensione del giudizio – ai sensi, rispettivamente, degli artt. 295 e 337, comma 2°, c.p.c. – fino alla definizione del giudizio di accertamento del controcredito (Cass. 17 ottobre 2013, n. 23573, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, p. 424, con nota adesiva di S. Masciangelo, deducibilità in compensazione di un credito sub iudice; sul punto, v. anche E. Merlin, Eccezione di compensazione e pendenza di separato giudizio sul controcredito, in Riv. dir. proc., 2018, p. 1316 ss.).