È inesistente il pignoramento quando la notifica dello stesso al debitore sia inesistente
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 27 novembre 2023, n. 32804 – Pres. Rubino – Rel. Saija
Espropriazione mobiliare presso terzi – Mancata notifica dell’atto al debitore – Inesistenza del pignoramento – Opposizione agli atti esecutivi – Conoscenza aliunde dell’esistenza della procedura esecutiva – Sanatoria del vizio – Insussistenza
Nell’espropriazione forzata presso terzi il pignoramento è strutturato come una fattispecie a formazione progressiva, nella quale la notificazione dell’atto al debitore segna l’inizio del processo esecutivo, mentre la dichiarazione positiva del terzo esaminata all’udienza (oppure l’accertamento endoesecutivo compiuto nei suoi confronti) ha funzione di perfezionamento; ne consegue che la mancata o inesistente notifica – e non la mera nullità della stessa – dell’atto al debitore determina l’inesistenza del pignoramento, difettando radicalmente l’atto iniziale del processo, ai sensi dell’art. 491 c.p.c., non potendo ritenersi sanato tale vulnus dalla proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi o, più in generale, dalla conoscenza che della procedura esecutiva il debitore abbia acquisito aliunde.
CASO
Emessa, nell’ambito di un’espropriazione mobiliare presso terzi, ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., il debitore esecutato la impugnava con opposizione agli atti esecutivi, sostenendo che il pignoramento non gli era mai stato notificato e andava, quindi, considerato inesistente.
L’opposizione veniva respinta, poiché la dedotta invalidità doveva reputarsi sanata per effetto della costituzione del debitore nel processo esecutivo e della proposizione, da parte sua, dell’opposizione avverso l’ordinanza di assegnazione.
La sentenza veniva gravata con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, ha affermato che, essendo il pignoramento presso terzi una fattispecie a formazione progressiva, avviata dalla notificazione al debitore dell’atto con cui viene costituito il vincolo d’indisponibilità sulle cose o sui crediti pignorati, ove la notifica sia del tutto mancata (perché deve considerarsi inesistente e non semplicemente nulla), non è mai iniziata un’esecuzione ai sensi dell’art. 491 c.p.c. e tale carenza non può essere sanata dall’eventuale costituzione del debitore o dalla proposizione di opposizioni da parte sua.
QUESTIONI
[1] Con il pignoramento presso terzi vengono assoggettati a espropriazione forzata beni del debitore che sono nel possesso o nella disponibilità di terzi, o crediti dallo stesso vantati nei loro confronti.
Per questa ragione, ai fini del perfezionamento del pignoramento e della fattispecie espropriativa, occorre la collaborazione del terzo (che assurge al ruolo di ausiliario di giustizia sui generis), il quale, attraverso la dichiarazione prescritta dall’art. 547 c.p.c., fornisce gli elementi per individuare le cose o i crediti che potranno formare oggetto, rispettivamente, di vendita o di assegnazione. È quindi previsto che l’atto introduttivo dell’espropriazione sia rivolto e notificato sia al debitore (il quale, per effetto dell’ingiunzione rivoltagli ai sensi dell’art. 492 c.p.c., vede assoggettati i beni al vincolo d’indisponibilità scaturente dal pignoramento), sia al terzo (il quale, per effetto dell’intimazione a non disporre dei beni e dei crediti assoggettati a espropriazione forzata, viene investito degli obblighi di custodia nei termini stabiliti dall’art. 546 c.p.c.); nella prassi, peraltro, è frequente che l’atto di pignoramento venga notificato prima al terzo, per renderlo così edotto dell’intenzione di espropriare beni o crediti vantati nei suoi confronti dall’esecutato prima che quest’ultimo possa compiere atti distrattivi che vanifichino l’iniziativa del creditore procedente.
Il pignoramento presso terzi, pertanto, si pone quale fattispecie complessa, ovvero a formazione progressiva che si articola:
- nella notificazione al debitore dell’atto di pignoramento contenente l’ingiunzione prescritta dall’art. 492 c.p.c.;
- nella notificazione al terzo pignorato dell’atto di pignoramento contenente l’intimazione a non disporre, senza ordine del giudice, delle cose o dalle somme dovute al debitore;
- nella dichiarazione resa dal terzo pignorato ai sensi dell’art. 547 c.p.c., che fornisce gli elementi necessari per individuare i beni o i crediti suscettibili di vendita o assegnazione ai sensi degli artt. 552 e 553 c.p.c., in assenza della quale, ricorrendone le condizioni, opererà il meccanismo sostitutivo delineato dall’art. 548 c.p.c. o si renderà necessario l’espletamento, da parte del giudice dell’esecuzione, degli accertamenti previsti dall’art. 549 c.p.c.
Come sottolineato nella sentenza che si annota, dunque, l’ingiunzione al debitore e l’intimazione al terzo costituiscono elementi essenziali, che non possono mancare: in particolare, l’assenza della prima integra una carenza insanabile, giacché impedisce di ravvisare l’avvio stesso dell’esecuzione forzata, visto che l’art. 491 c.p.c. stabilisce che essa ha inizio con il pignoramento.
Quando l’assenza dell’ingiunzione al debitore consegua non a una carenza formale dell’atto (che non la contenga proprio), ma a un difetto di notifica di quest’ultimo, occorre operare una distinzione, dal momento che, a certe condizioni, la mancanza di uno degli elementi strutturali del pignoramento presso terzi e, in particolare, dell’ingiunzione al debitore di cui all’art. 492 c.p.c., è suscettibile di sanatoria, ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c., quando si possa ritenere che l’atto abbia comunque raggiunto il suo scopo.
Infatti, secondo un orientamento che può definirsi consolidato, la costituzione del debitore nella procedura esecutiva – quand’anche effettuata al solo scopo di eccepire, mediante la proposizione di una opposizione agli atti esecutivi, vizi della notificazione dell’atto di pignoramento – consente di ritenere integrata la legale conoscenza, da parte sua, degli atti del processo esecutivo e, in primo luogo, dello stesso atto di pignoramento, essendo dunque conseguito lo scopo di renderlo edotto del suo contenuto; in altre parole, la condotta dell’esecutato che denunci, con l’opposizione ex art. 617 c.p.c., la nullità della notificazione dell’atto di pignoramento è indice della conoscenza dell’esecuzione e dimostra l’avvenuto raggiungimento dello scopo cui era preordinata la notificazione, il cui vizio è quindi sanato, in applicazione della regola dettata dall’art. 156 c.p.c.
Quando, invece, si tratti non di nullità o invalidità della notificazione dell’atto di pignoramento, ma di radicale inesistenza della stessa, nessun meccanismo di sanatoria può essere invocato per fare salva l’esecuzione (che, in realtà, non può dirsi nemmeno avviata e validamente radicata, mancando il suo atto di impulso iniziale).
Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, l’inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nella sola ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, che consistono, da un lato, nell’attività di trasmissione svolta da un soggetto qualificato e dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica (ovvero del potere) di compiere tale attività e, dall’altro lato, nella consegna al destinatario, intesa come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione ai quali l’ordinamento ricollega il perfezionamento della notificazione medesima: così, per esempio, quando l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, la notificazione deve reputarsi tentata ma non compiuta e, in definitiva, omessa, cioè inesistente.
Nella fattispecie esaminata nella sentenza annotata, in effetti, l’atto di pignoramento consegnato dal creditore all’ufficiale giudiziario era stato restituito al mittente, non essendo stato possibile recapitarlo all’esecutato perché non rinvenuto e sconosciuto all’indirizzo indicato, sicché ricorreva proprio una delle situazioni nella quali la notificazione andava considerata inesistente.
Di conseguenza, mancando un elemento strutturale del pignoramento – visto che la mancata consegna dell’atto aveva precluso all’ingiunzione ivi contenuta di giungere a conoscenza del debitore e di esplicare i propri effetti nei suoi confronti – ed essendone così impedito ab origine il perfezionamento, non vi era modo di ritenere validamente avviata l’espropriazione forzata, nemmeno a fronte dell’opposizione proposta dall’esecutato avverso l’ordinanza di assegnazione emessa a definizione della stessa, trattandosi di un vizio genetico insanabile.
In questo senso, la costituzione in giudizio dell’esecutato, la sollecitazione dei poteri officiosi del giudice dell’esecuzione e la stessa proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione pronunciata ai sensi dell’art. 553 c.p.c. non potevano supplire al deficit strutturale della totale mancanza (ovvero inesistenza) della notificazione dell’atto che, per legge, segna l’inizio dell’esecuzione e determina l’impressione del vincolo pignoratizio; né poteva rilevare la conoscenza dell’azione esecutiva acquisita dal debitore aliunde, proprio perché non si tratta della mera violazione dei suoi diritti di difesa, ma dell’irriducibilità della fattispecie espropriativa nell’ambito dello schema delineato dal legislatore, difettandone in radice l’atto genetico.
Questo essendo il principio di diritto enunciato nella sentenza annotata, va richiamata l’attenzione su due ulteriori aspetti.
Da un lato, quello della tempestività dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. svolta dall’esecutato, il quale era venuto a conoscenza del pignoramento per effetto della trattenuta del quinto dello stipendio pignorabile operata dal suo datore di lavoro, ma ne aveva fatto valere l’inesistenza impugnando l’ordinanza di assegnazione emessa dal giudice dell’esecuzione a conclusione del procedimento. A questo proposito, i giudici di legittimità hanno evidenziato che le invalidità che precludono al processo di espropriazione forzata di raggiungere il proprio scopo sono rilevabili anche ex officio e si propagano agli atti successivi, sicché, nel caso di specie, essendo stata disposta l’assegnazione di crediti che, in realtà, non erano mai stati pignorati per l’inesistenza stessa del pignoramento (conseguente alla mancata notifica al debitore del relativo atto), il vizio, sebbene non denunciato entro i venti giorni dalla conoscenza della pendenza del processo esecutivo, si era propagato all’ordinanza di assegnazione, tempestivamente attinta dall’opposizione ex art. 617 c.p.c.
Dall’altro lato, quello delle conseguenze della cassazione della sentenza impugnata, dell’accoglimento dell’opposizione proposta dall’esecutato e dell’annullamento dell’ordinanza di assegnazione. A questo proposito, la richiesta del debitore volta a ottenere la restituzione delle somme illegittimamente incassate dal creditore procedente è stata dichiarata inammissibile dalla Corte di cassazione, vista la natura meramente rescindente della pronuncia sulle opposizioni ex art. 617 c.p.c., che determina la necessità di promuovere un’autonoma azione di ripetizione dell’indebito tesa al recupero di quanto percepito in forza di un provvedimento emesso nell’ambito di un processo esecutivo viziato in modo esiziale, non potendosi nemmeno ipotizzare la legittimazione del giudice dell’esecuzione a pronunciare un ordine di restituzione, non solo perché privo di poteri in tale senso, ma anche perché, in presenza di un pignoramento inesistente, non vi è alcuno spazio per ipotizzare una ripresa di attività processuali inerenti a una procedura esecutiva che non poteva essere radicata.
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