10 Settembre 2024

È inefficace la disdetta della locazione inviata dall’esecutato che non sia custode dell’immobile e senza autorizzazione del giudice dell’esecuzione

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 5 giugno 2024, n. 15678 – Pres. Frasca – Rel. Iannello

Espropriazione immobiliare – Locazione – Amministrazione e gestione del bene pignorato – Poteri del custode – Atti compiuti dal debitore esecutato in pendenza del processo esecutivo – Inefficacia nei confronti dei creditori e del conduttore

Massima: “Per effetto del pignoramento, l’amministrazione del bene compete in via esclusiva al custode; pertanto, gli atti di gestione posti in essere, nella pendenza della procedura esecutiva, dal debitore esecutato non nella qualità di custode o senza previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione, sono radicalmente improduttivi di effetti nei confronti dei creditori e del conduttore (e tali rimangono anche qualora la procedura esecutiva si estingua, per causa diversa dalla vendita forzata dell’immobile, anteriormente alla prima scadenza del rapporto), mentre, una volta nominato il custode giudiziario, ogni relativo potere spetta in via esclusiva all’ausiliario e gli atti compiuti dal debitore esecutato debbono considerarsi tamquam non essent”.

CASO

La società proprietaria di un immobile, dopo avere comunicato alla conduttrice il diniego del rinnovo del contratto di locazione alla prima scadenza, agiva in giudizio per ottenere il rilascio del bene.

La conduttrice, opponendosi, rilevava – tra l’altro – che il diniego del rinnovo doveva considerarsi inefficace, perché effettuato dalla locatrice in pendenza di una procedura esecutiva che aveva per oggetto proprio l’immobile locato e allorché il custode giudiziario aveva già comunicato la disdetta per una scadenza successiva a quella indicata dalla locatrice.

La domanda veniva accolta in primo grado, con sentenza confermata all’esito del giudizio d’appello.

La conduttrice proponeva quindi ricorso per cassazione avverso la pronuncia della Corte d’appello di Milano.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che il proprietario-locatore dell’immobile pignorato non è legittimato a compiere atti di amministrazione o di gestione del bene, quando il giudice dell’esecuzione abbia nominato un custode giudiziario, sicché la disdetta e il diniego di rinnovo inviati al conduttore dall’esecutato debbono reputarsi tamquam non essent e radicalmente inefficaci nei confronti non solo dei creditori, ma anche dello stesso conduttore, trattandosi di atti posti in essere da soggetto privo di potere.

QUESTIONI

[1] In una fattispecie in cui si discuteva se potesse considerarsi efficace la comunicazione del diniego di rinnovo di un contratto di locazione inviata al conduttore dal proprietario dell’immobile pignorato quando era già stato nominato un custode giudiziario, a fronte della successiva estinzione della procedura esecutiva, i giudici di legittimità hanno delineato i poteri di gestione e amministrazione del bene assoggettato a pignoramento che fanno capo, rispettivamente, al debitore esecutato e al custode giudiziario.

Dal complesso di norme che presidiano l’espropriazione forzata si evince, innanzitutto, che la legittimazione sostanziale ad amministrare e gestire il bene pignorato spetta al custode e a lui soltanto; tant’è vero che, quando sia il proprietario-locatore a essere stato nominato custode, compete a lui – in tale veste – promuovere le azioni che hanno titolo nel contratto di locazione, dovendo tuttavia spendere la relativa qualità, a pena d’inammissibilità della domanda.

Infatti, in conseguenza del pignoramento, muta il titolo del possesso da parte del proprietario-locatore, che lo conserva in qualità di organo ausiliario del giudice dell’esecuzione, sicché ogni sua attività costituisce conseguenza del potere di amministrazione e gestione del bene pignorato che gli deriva per effetto di quanto stabilito dall’art. 559 c.p.c.

Il debitore, peraltro, è destinato a rivestire il ruolo e a svolgere la funzione di custode solo nella fase iniziale della procedura esecutiva, ovvero subito dopo la notifica del pignoramento: a seguito della riforma dell’art. 559 c.p.c. a opera del d.lgs. 149/2022, infatti, il giudice dell’esecuzione, contestualmente alla nomina dell’esperto stimatore, incarica della custodia dell’immobile un professionista inserito nell’elenco di cui all’art. 179-ter disp. att. c.p.c., salvo che la sostituzione del debitore con detto professionista non abbia alcuna utilità ai fini della conservazione o dell’amministrazione del bene o per la vendita (eventualità che non ricorre pressoché mai).

Da ciò si evince che, a seguito del pignoramento, si determina una separazione della titolarità dei poteri di gestione e di amministrazione dei beni pignorati e, correlativamente, delle azioni connesse a quei poteri, che è collegata non già a un titolo (la proprietà del bene o il contratto di locazione che lo ha per oggetto), ma a una relazione con l’immobile pignorato, qualificata come custodia in forza dell’investitura derivante dalla legge (per il debitore esecutato) o da un provvedimento del giudice dell’esecuzione (per il custode giudiziario).

D’altra parte, l’amministrazione del bene staggito ha un rilievo centrale nell’ambito dell’espropriazione forzata: così, se l’immobile è produttivo di rendite, è compito precipuo del custode raccoglierle e conservarle nell’interesse dei creditori (art. 2912 c.c.), assicurando nel contempo la corretta gestione dell’immobile.

In questo senso, tutto ciò che attiene al raggiungimento di tale scopo deve tradursi in precise attribuzioni riservate al soggetto investito di quella funzione, se del caso previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione.

Pertanto, dovendosi reputare riservata in via esclusiva agli organi della procedura la gestione del rapporto locativo avente per oggetto l’immobile pignorato, non può attribuirsi alcuna efficacia agli atti di gestione di tale rapporto posti in essere dal debitore esecutato, proprietario-locatore, che abbia agito non nella qualità di custode o in mancanza della preventiva autorizzazione del giudice dell’esecuzione, ove richiesta.

A differenza degli atti dispositivi (che, se compiuti dal debitore esecutato, soggiacciono alla regola dell’inefficacia relativa, ma, in quanto non strutturalmente invalidi, restano suscettibili di esplicare i propri effetti in caso di estinzione della procedura esecutiva), gli atti di gestione – che afferiscono a un rapporto già in essere, soggetto ai poteri di governo degli organi della procedura – debbono reputarsi esistenti se e in quanto siano posti in essere da un soggetto legittimato in funzione degli scopi propri dell’espropriazione; di conseguenza, se essi vengono compiuti dal debitore esecutato non in quanto custode, oppure in assenza di autorizzazione del giudice dell’esecuzione, debbono considerarsi tamquam non essent.

L’impossibilità di concepire l’efficacia anche al di fuori della procedura esecutiva di un atto gestorio compiuto da un soggetto privo di legittimazione sostanziale lo priva radicalmente della capacità di produrre un qualsiasi effetto, anche nel caso in cui la procedura esecutiva si sia nel frattempo estinta; a tale estinzione potranno sopravvivere solo gli effetti degli atti gestori riferibili alla procedura (per esempio, la mancata disdetta comunicata dal custode all’uopo autorizzato dal giudice dell’esecuzione determina la rinnovazione del contratto per un periodo eccedente la durata residua della procedura), ma non quelli che, nel corso della stessa, non potevano produrre e non hanno prodotto alcun effetto.

Per queste ragioni, secondo la Corte di cassazione, non è ipotizzabile un’inefficacia relativa della disdetta o del recesso, ossia, da un lato, la loro inopponibilità nei confronti dei creditori del proprietario-locatore e, dall’altro lato, la loro piena efficacia nei confronti del conduttore.

Tali atti, ove impropriamente comunicati al conduttore dal locatore esecutato (non in qualità di custode, ovvero in tale qualità, ma in assenza dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione), sono inefficaci anche nei suoi confronti, proprio perché posti in essere da un soggetto non legittimato a esercitare i relativi poteri e, come tali, radicalmente inidonei a produrre effetti e a modificare il rapporto.

Anche il conduttore, dunque, può fare valere l’inefficacia della disdetta comunicatagli dal locatore (anziché dal custode giudiziario), al pari dei creditori, che hanno diritto di continuare a fare affidamento sulla prosecuzione del rapporto e sul pagamento dei canoni.

D’altra parte, ragionando in termini di buona fede, il conduttore che, pendente la procedura esecutiva, si veda comunicare la disdetta da un soggetto privo del relativo potere, è legittimato a considerarla priva di effetti e confidare sulla rinnovazione del rapporto, fintanto che non intervenga un atto validamente posto in essere al fine di provocare l’interruzione o lo scioglimento della locazione.

La ricostruzione proposta dalla Corte di cassazione è coerente con il consolidato principio per cui, in caso di pignoramento di immobile locato eseguito in data antecedente alla scadenza del termine per l’esercizio della facoltà di disdetta del contratto da parte del locatore, la rinnovazione della locazione necessita dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 560 c.p.c., salvo che si tratti di rinnovazione alla prima scadenza (che, essendo prevista ex lege, non necessita di analoga autorizzazione). Tale principio, funzionale al perseguimento degli scopi del processo esecutivo, sottende l’attribuzione della qualifica di scelta gestoria – oltre che di atto negoziale – alla mancata disdetta in occasione delle scadenze successive alla prima o al diniego di rinnovo alla prima scadenza (che si differenzia per il solo fatto di dover essere correlato all’esistenza di gravi motivi, tassativamente previsti dalla legge), che, come tale, resta sottratta al debitore esecutato ed è riservata agli organi della procedura esecutiva.

Da ultimo, va esclusa la sussistenza di un potere di ratifica successiva, con effetto ex tunc, da parte del debitore successivamente all’estinzione del processo esecutivo, sia per la ravvisata impossibilità di ritenere l’atto compiuto dall’esecutato – che non sia anche custode – capace di produrre effetti, sia per l’impossibilità di parificare la posizione del debitore pignorato a quella del falsus procurator, dal momento che l’invio della disdetta o del diniego di rinnovo non sarebbe atto compiuto in qualità di rappresentante del soggetto legittimato (tale non essendo il locatore-esecutato).

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