Da indizi probatori gravi, precisi e concordanti può essere desunta la qualità di socio occulto
di Eleonora Giacometti, Avvocato Scarica in PDFTribunale delle Imprese di Bologna, Sentenza n. 138/2022 pubbl. il 17/01/2022.
Parole chiave: Società di capitali – socio occulto – presunzioni – indizi probatori – onere della prova.
Massima: “La mera prestazione di garanzie non può essere, di per sé, considerata quale chiaro sintomo di una partecipazione de facto alla società garantita, ma qualora tale circostanza sia incontestata ed incontrovertibile, oltre che corroborata da altrettanto validi apporti probatori, gravi, precisi e concordanti, può essere valutata dal Giudice, ex art. 2729 c.c., quale indice rivelatore in capo al garante della qualità di socio occulto”.
Disposizioni applicate: 2729 c.c.
Con il giudizio in esame, una S.r.l. ha proposto opposizione ad un decreto ingiuntivo ottenuto dall’ex amministratore della medesima che, in forza di due delibere assembleari indicate nel ricorso monitorio, deduceva di essere creditore verso la società della somma di Euro 38.476,80 a titolo di compenso per l’attività da lui svolta negli anni 2014 e 2015.
In particolare, la S.r.l. opponente eccepiva l’insussistenza del suddetto credito, indicando che (i) il compenso era già stato versato all’ex amministratore, anche se per un importo inferiore rispetto a quello preteso, mediante il pagamento di due fatture annuali, rubricate “Pratiche svolte per Vs. ordine e conto – Operazione straordinaria”, emesse da una seconda società cui era unico amministratore e socio al 50% e che (ii) esisteva un accordo fiduciario, mai formalizzato per iscritto, tra l’ex amministratore ed il nuovo amministratore della società opponente, in virtù del quale le quote di quest’ultimo erano state intestate fittiziamente al primo, ma avrebbero dovuto essere retrocesse al secondo al loro valore nominale.
I suddetti fatti sono stati confermati dall’istruttoria svolta nel giudizio di opposizione, all’esito della quale è altresì emerso, in via documentale, che il secondo amministratore della società opponente ben prima e fin dall’inizio dell’attività d’impresa aveva prestato, con continuità, alcune fideiussioni a garanzia delle esposizioni debitorie della società medesima, le quali, in ragione del loro rilevante importo e delle loro peculiari finalità, non sarebbero state compatibili con il ruolo di mero collaboratore esterno, come asserito dall’amministratore convenuto.
Al riguardo, il Tribunale delle Imprese di Bologna ha richiamato il consolidato orientamento della Corte di Cassazione secondo il quale “l’esistenza del rapporto sociale […] può risultare da indici rivelatori quali le fideiussioni e i finanziamenti in favore dell’imprenditore, allorquando essi, per la loro sistematicità e per ogni altro elemento concreto siano ricollegabili ad una costante opera di sostegno dell’attività d’impresa, qualificabile come collaborazione di un socio al raggiungimento degli scopi sociali” (cfr. Cass. Civ. sez. I, sent. n. 6299/2007).
Secondo la giurisprudenza, quindi, la mera prestazione di garanzie non può essere considerata quale chiaro sintomo di una partecipazione de facto alla società garantita, ma qualora tale circostanza sia incontestata ed incontrovertibile, oltre che corroborata da validi apporti probatori, gravi, precisi e concordanti, la medesima può essere valutata dal Giudice, ex art. 2729 c.c., quale indice rivelatore in capo al garante della qualità di socio occulto (cfr. Trib. Modena, sent. n. 1292/2009).
Applicando tali principi, il Tribunale di Bologna ha evidenziato che nel caso di specie sussistevano i seguenti indici presuntivi che, per gravità, precisione e concordanza, dimostravano l’artificiosità della pretesa creditoria dell’ex amministratore, ossia i seguenti fatti (a) che la medesima pretesa era giunta solo dopo la cessazione di tutti i rapporti professionali, direttamente e/o indirettamente, intercorsi tra l’ex amministratore e la società opponente, (b) che le delibere in questione non erano menzionate in alcuna corrispondenza e/o negli atti, di qualsiasi genere, intercorsi tra le parti, (c) che di tali delibere vi è traccia documentale, per la prima volta, soltanto all’atto della riconsegna a mani del libro delle assemblee rimasto fino a quel momento nella esclusiva disponibilità dell’ex amministratore (d) che il presunto debito della società opponente per i compensi in questione non era mai iscritto tra le poste passive dei bilanci relativi agli esercizi di competenza ed (e) che non risultava alcuna prova della rituale convocazione delle assemblee che, con il solo voto del beneficiario ingiungente e con la sola presenza, in veste di segretaria, della moglie di quest’ultimo, avrebbero adottato le delibere, approvando l’unico argomento posto all’ordine del giorno, appunto il compenso all’amministratore, per un importo di entità sensibilmente superiore (il triplo) a quello a lui riconosciuto nel corso degli esercizi precedenti, senza alcuna comprovata ragione giustificativa di tale significativo incremento.
Dal combinato disposto di tutti questi elementi, unita alla circostanza documentalmente provata del rilascio di garanzie da parte del secondo amministratore della società opponente, il Tribunale delle Imprese di Bologna ha dunque desunto che quest’ultimo era in realtà socio occulto dell’opponente e che le delibere in questione erano state assunte in modo artificioso, ed erano quindi nulle, e non potevano pertanto rappresentare un idoneo titolo costitutivo della pretesa creditoria azionata in giudizio.
Per tali ragioni, il Tribunale ha quindi accolto l’opposizione proposta dalla S.r.l., revocando il decreto ingiuntivo ottenuto dall’ex amministratore il quale è stato altresì condannato al rimborso delle spese di lite in favore della società.
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