12 Marzo 2024

Incompleta produzione della documentazione bancaria da parte del correntista attore

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Una recentissima ordinanza della Cassazione (Cass. n. 5369/2024) ha operato un didascalico inquadramento delle conseguenze, nell’ambito di una controversia bancaria, della mancata produzione ad opera del correntista attore della intera serie degli estratti conto.

I giudici hanno riaffermato la ‘regola’ che, a fronte della produzione non integrale degli estratti conto, è possibile, per il giudice del merito, ricostruire i saldi attraverso altri elementi di prova (Cass. n. 11543/2019; Cass. n. 9526/2019); in particolare il giudice, per far fronte alla necessità di elaborazione di dati incompleti, può avvalersi di un consulente tecnico d’ufficio, essendo consentito svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto comunque emergente dai documenti prodotti in giudizio (Cass. n. 5091/2016; Cass. n. 14074/2018; Cass. n. 31187/2018; Cass. n. 9140/2020).

Si è ancora precisato come, qualora il correntista depositi solo alcuni degli estratti, da un lato non adempie al suo onere, per la parte di rapporto non documentata, ma, dall’altro lato, tale omissione non costituisce fatto impediente l’accertamento giudiziale del dare-avere fra le parti, a partire dal primo saldo dal cliente documentalmente riscontrato (Cass. n. 35979/2022).

In tal evenienza, ove il correntista, agendo in giudizio per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca, ometta di depositare tutti gli estratti conto periodici e non sia possibile accertare l’andamento del conto mediante altri strumenti rappresentativi delle movimentazioni, va assunto, come dato di partenza per il ricalcolo, il saldo iniziale a debito, risultante dal primo estratto conto disponibile o da quelli intermedi dopo intervalli non coperti, che, nel quadro delle risultanze, è il dato più sfavorevole al cliente, sul quale si ripercuote tale incompletezza, in quanto gravato dall’onere della prova degli indebiti pagamenti (Cass. n. 30789/2023; Cass. n. 13231/2023; Cass. n. 37800/2022; Cass. n. 29190/2020).

Restano, naturalmente, a carico dell’attore le conseguenze negative della eventuale produzione non integrale (ossia non riferita all’intera durata del rapporto di conto corrente) degli estratti, ma solo nel senso che, per il periodo non coperto dalla produzione, mancherà la prova degli illegittimi addebiti, il cui ammontare non potrà dunque essere dedotto dal dovuto come indicato dalla banca nel primo degli estratti stessi; non potrà invece farsi scaturire da tale mancata produzione l’integrale rigetto della domanda.

Di interesse sono anche le osservazioni che la Cassazione dedica alla produzione del contratto di finanziamento.

È infatti affermato che la produzione del contratto scritto, contenente la clausola sospettata di invalidità, non è il solo mezzo di prova consentito al correntista attore in ripetizione d’indebito: la produzione del contratto posto a base del rapporto bancario è, a tal fine, non indispensabile, perché anche altri mezzi di prova possono valere allo scopo di dimostrare l’assenza dei fatti costitutivi del debito dell’attore (Cass. n. 1550/2022): ad es., le presunzioni, gli argomenti di prova ricavabili dal comportamento processuale della controparte, ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c. e il giuramento.

In termini generali, non si dubita che anche con altri mezzi di prova, quali le presunzioni o gli argomenti di prova ricavabili dal comportamento processuale della controparte (art. 116 c.p.c.), sia possibile raggiungere lo scopo di dimostrare l’assenza dei fatti costitutivi del diritto azionato (Cass. n. 1550/2022, Cass. n. 33874/2022, Cass. n. 35258/2022). La non indispensabilità della produzione del contratto scritto riposa, appunto, nell’evenienza che con altri mezzi di prova sia possibile affermare che è dimostrato il contenuto delle pattuizioni, e di conseguenza la loro invalidità ai fini della insussistenza del presupposto costitutivo del debito (cfr. Cass. n. 33159/2023; Cass. n. 9295/2023; Cass. n. 9213/2023).

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