5 Novembre 2019

Incapacità del testatore: chi afferma la validità del testamento deve provare la sua stesura in un momento di lucidità

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile sez. II civile, ordinanza 22 ottobre 2019 n. 26873  

Incapacità naturale del testatore – Annullamento testamento – Onere della prova

(Art. 428 c.c. – Art. 591 comma 2 n. 3 c.c. – Art. 2697 c.c.)

In tema d’incapacità di intendere e di volere al momento della redazione del testamento, il giudice di merito può trarre la prova dell’incapacità del testatore dalle sue condizioni mentali, anteriori o posteriori, sulla base di una presunzione, potendo l’incapacità essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova.

Se l’attore in impugnazione fornisce la prova di una condizione di permanente demenza nel periodo immediatamente successivo alla redazione del testamento, spetta a chi afferma la validità del testamento, la prova della sua redazione in un momento di lucido intervallo, poiché in tal caso la normalità presunta è l’incapacità.

CASO

Un uomo muore lasciando coniuge e figlia. Il nipote del de cuius agisce per far valere il testamento olografo con il quale era stato nominato erede universale, e contemporaneamente far dichiarare nullo e inefficace il riscatto di alcune polizze sulla vita da parte della moglie e della figlia del defunto.

Secondo la ricostruzione dell’attore, dopo la redazione del testamento olografo, era stata accertata la demenza senile del testatore, e quindi i successivi atti di disposizione dovevano ritenersi invalidi.

Le convenute si costituivano nel giudizio e chiedevano il rigetto delle domande avversarie facendo  valere un testamento pubblico del 12 maggio 2004 (che nominava la figlia unica erede universale), e chiedevano la restituzione delle somme percepite iure ereditatis dal nipote.

Il tribunale accoglieva le richieste dell’attore, annullando il testamento pubblico e ordinando la restituzione degli importi di cui alle polizze vita in favore dell’erede.

Il tribunale disponeva, inoltre, la riduzione delle disposizioni testamentarie, riconoscendo la quota di legittima al coniuge e alla figlia del testatore.

La sentenza è stata appellata dalle eredi legittimarie.

La Corte d’appello di Trento disponeva un accertamento medico legale, giungendo alla conclusione secondo cui il defunto era realmente affetto da “demenza vascolare” e che tale patologia era sfociata in una condizione di stabile demenza alla data del 29 giugno 2004.

Il testamento pubblico era datato 12 maggio 2004, pertanto veniva respinta la domanda di annullamento del testamento pubblico, facendo da ciò conseguire l’assorbimento delle questioni introdotte dalle appellanti in via subordinata.

Ricorre in Cassazione il nipote, sostenendo che gli esiti delle indagini cliniche avrebbero dovuto indurre la Corte a fare applicazione del principio dell’inversione dell’onere della prova. Non era l’attore a dover provare l’incapacità del testatore al momento della redazione del testamento.

Sarebbe spettato alle parti che sostenevano la validità del testamento, l’onere di provare un eventuale lucido intervallo nel momento della stipula del documento.

SOLUZIONE

La Cassazione accoglie il ricorso.

La corte d’appello, nonostante il consulente tecnico avesse accertato che il 29 giugno 2004, la malattia aveva completato il suo naturale sviluppo, con il raggiungimento di una condizione di stabile demenza, ha definito la lite in applicazione della regola della presunzione di capacità.

Tuttavia, spetta a chi affermava la validità del testamento provare che il decorso della malattia non abbia ancora raggiunto lo stadio dell’incapacità al momento della testamenti factio.

Alla fattispecie deve pertanto applicarsi il principio secondo cui in tema d’incapacità di intendere e di volere al momento della redazione del testamento, il giudice di merito può trarre la prova dell’incapacità del testatore dalle sue condizioni mentali, anteriori o posteriori, sulla base di una presunzione, potendo l’incapacità stessa essere dimostrata con qualsiasi mezzo di prova.

Quando l’attore che impugna il testamento abbia fornito la prova di una condizione di permanente e stabile demenza nel periodo immediatamente successivo alla redazione del testamento, spetta a chi afferma la validità del testamento, la prova della sua compilazione in un momento di lucido intervallo, poiché in tal caso la normalità presunta è l’incapacità.

QUESTIONI

Secondo l’orientamento giurisprudenziale di legittimità, l’annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore richiede la prova che, a causa di un’infermità transitoria o permanente, il soggetto sia stato, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, privo della coscienza dei propri atti, ovvero della capacità di autodeterminarsi.

Si ritiene che lo stato di capacità costituisca la regola e quello di incapacità l’eccezione, e pertanto spetta a chi impugna il testamento dimostrare la dedotta incapacità, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacità totale e permanente, nel qual caso è compito di chi vuole avvalersi del testamento dimostrare che esso fu redatto in un momento di lucido intervallo (Cass. Civ. n. 5541/2015 e Cass. Civ. n. 13989/2011).

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