10 Dicembre 2024

Inammissibilità del motivo di ricorso per cassazione che mescoli censure di fatto e di diritto

di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. III, 25 novembre 2024, n. 30387, Pres. De Stefano, Est. Rossi

[1] Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Motivi di ricorso – Formulazione.

Massima: “La giurisprudenza di legittimità sottolinea l’importanza di una formulazione chiara e distinta dei motivi di ricorso per cassazione. L’articolazione di un motivo in più profili di doglianza, che mescoli questioni di diritto e circostanze fattuali senza una chiara distinzione, rende il ricorso inammissibile. Questo perché impedisce l’agevole individuazione delle questioni prospettate, richiedendo un intervento della Corte volto ad enucleare dall’affastellata struttura del motivo le singole critiche, operazione non consentita dal ruolo e dalla funzione del giudizio di legittimità. La corretta formulazione dei motivi di ricorso deve permettere una loro adeguata intellegibilità e non deve costringere la Corte a un’attività di ricerca e selezione estranea alle sue competenze”.

CASO

[1] Il provvedimento che si commenta scaturisce dal ricorso per cassazione presentato avverso la sentenza di rigetto dell’appello proposto contro una decisione resa su un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.

Per quanto di interesse nella presente sede, tale ricorso era fondato su un unico motivo, rubricato: “violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c., dell’art. 7 d.lgs. 150/2011, degli artt. 201, 203, 204-bis, 205 e 206 d.lgs. 285/1992 (c.d. Codice della strada). Violazione e falsa applicazione dell’art. 196, 1°co., d.lgs. 285/1992, in combinato disposto con l’art. 84 d.lgs. 285/1992, anche siccome modificato e integrato dall’art. 1, 1°co., lett. g-ter), d.l. 121/2021, convertito in legge con modificazioni e integrazioni con la l. 156/2021. Inadeguata, erronea e ingiusta valutazione delle domande proposte dalla ricorrente. Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione al merito della controversia e ai motivi della proposta opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. in ipotesi di inesistenza del titolo esecutivo. Insufficienza, illogicità e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Motivo formulato ai sensi e per gli effetti dell’art. 360, 1°co., n. 5), c.p.c. Motivo altresì formulato ai sensi e per gli effetti dell’art. 360, 1°co., n. 3), c.p.c.”.

Con provvedimento del 4 marzo 2024 è stata formulata, ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., sintetica proposta di definizione del ricorso sul rilievo della inammissibilità dello stesso.

La proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c., dopo aver rilevato l’esorbitanza dei vizi motivazionali denunciati dal perimetro dell’art. 360, 1°co., n. 5), c.p.c., argomenta, in particolare, dalla violazione dell’art. 366 c.p.c., per essere l’unico motivo costituito “dal complesso e coacervato accorpamento di plurime ed eterogenee doglianze, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, 1°co., nn. 3) e 5), c.p.c. e tra loro inestricabilmente cumulate e formulata senza premurarsi della sua intelligibilità e, anzi, inammissibilmente rimettendo al giudice di legittimità il compito di isolare le singole critiche, sostanziali e processuali, rivolte alla sentenza impugnata”.

SOLUZIONE

[1] La Suprema Corte condivide integralmente le valutazioni contenute nella proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c., apparendo anzitutto evidente, nel ricorso per cassazione proposto, la negazione della regola della chiarezza.

L’unico motivo del ricorso proposto – che si dipana, con svolgimento non interrotto nemmeno da sottoparagrafi o dalla divisione in brani segnati da sequenza numerica, per ben diciotto pagine con righi a scrittura fittissima e con continua alternanza di segni grafici di diverso tipo (grassetto, corsivo e sottolineato) – si connota infatti per una inestricabile commistione tra circostanze fattuali e questioni di diritto ad oggetto disomogeneo (afferenti cioè, in maniera indistinta, ai profili sostanziali e a quelli processuali della vicenda), inframezzate dalla trascrizione di stralci di atti processuali, di passaggi motivazionali di un arresto di legittimità ripetitivamente richiamato, e di altri precedenti della giurisprudenza di merito.

La redazione del motivo così praticata pregiudica una adeguata (o, quantomeno, sufficiente) intellegibilità delle doglianze, in tal guisa confusamente mosse alla sentenza gravata, finendo, del tutto impropriamente, con il devolvere a questa Corte il compito, radicalmente esulante dalla natura e dalla funzione del giudizio di legittimità, della ricerca e della selezione nel vasto e indifferenziato perimetro delle censure ipotizzate dei rilievi di effettiva contestazione della sentenza impugnata; sul punto, nessun ausilio hanno recato né l’istanza di decisione – in cui si afferma, in modo assiomatico e non ulteriormente precisato, la sufficiente intellegibilità del motivo – né la memoria illustrativa (che dell’argomento non si occupa) depositate da parte ricorrente.

Conseguentemente, il ricorso presentato viene dichiarato inammissibile.

QUESTIONI

[1] La questione affrontata dalla Cassazione attiene alla corretta formulazione del motivo di ricorso, il quale, come anticipato, non scevera tra censure attinenti questioni di fatto e doglianze attinenti a questioni di diritto, neppure adeguatamente distinguendo tra motivi di doglianza ex n. 3) ovvero n. 5) dell’art. 360 c.p.c.

Sul punto, si ricorda che l’art. 366 c.p.c. richiede, tra gli altri elementi, e a pena di inammissibilità, che il ricorso per cassazione contenga «la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso; la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano; […] la specifica indicazione, per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivo si fonda e l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessi».

Si ricorda, altresì, che i requisiti posti dall’art. 366 c.p.c. si legano, a doppio filo, con il principio giurisprudenziale della autosufficienza del ricorso, secondo il quale l’esposizione dei motivi di impugnazione mira ad assicurare che il ricorso contenga in sé tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità nella condizione di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, nonché di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti e altri atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa, così consentendo l’immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere, delle ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e della fondatezza di tali ragioni (ex plurimis, Cass., 28 dicembre 2017, n. 31082; Cass., 23 maggio 2012, n. 8143).

In punto di chiarezza, è possibile ricordare l’insegnamento del giudice della nomofilachia, secondo il quale in materia di ricorso per cassazione l’articolazione di un singolo motivo in più profili di doglianza (ovvero che prospetti una pluralità di censure, unitariamente trattate, afferenti tanto a violazioni di legge quanto a vizi della motivazione), importa l’inammissibilità dell’impugnazione allorquando la sua formulazione non consenta l’agevole individuazione delle questioni prospettate, postulando a tal fine un (non consentito, anzi precluso dalla legge) intervento della Corte volto ad enucleare dalla affastellata struttura del motivo le singole critiche, sostanziali e processuali, rivolte al provvedimento impugnato (Cass., 9 dicembre 2021, n. 39169; Cass., 21 luglio 2020, n. 15517; Cass., 17 marzo 2017, n. 7009; Cass., 14 settembre 2016, n. 18021; Cass., sez. un., 27 dicembre 2023, n. 35943).

In materia, si ricorda altresì l’arresto di Cass., sez. un., 6 maggio 2015, n. 9100, secondo la quale “in materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati”.

Non mancano, anche nella giurisprudenza di legittimità più recente, arresti che hanno sanzionato con l’inammissibilità ricorsi redatti in tal modo (peraltro, dalla medesima parte ricorrente): è il caso di Cass., 12 febbraio 2024, n. 3786 (secondo la quale “il ricorso per cassazione risulta inammissibile quando le doglianze sono formulate senza premurarsi della loro intelligibilità e cumulate tra loro inestricabilmente, rimettendo al giudice di legittimità il compito di isolare le singole critiche rivolte alla sentenza impugnata”) e Cass., 17 gennaio 2024, n. 1806.

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