È inammissibile per carenza di interesse l’opposizione del terzo datore di ipoteca quando contesti la sussistenza di un debito a suo carico
di Ernestina De Medio Scarica in PDFCassazione civile, sez. VI, 13 marzo 2020, n. 7249. Pres. Frasca, Est. Porreca
MASSIMA
Quando un terzo costituisce una ipoteca su beni propri a garanzia di un debito altrui, il creditore ha diritto di fare espropriare la cosa ipotecata in caso di inadempimento del debitore, ed ai fini dell’esercizio di tale diritto è tenuto a notificare al terzo datore di ipoteca, oltre che al debitore, sia il titolo esecutivo che il precetto, specificando in quest’ultimo la “res” del terzo che si intende eventualmente sottoporre ad esecuzione forzata. Tuttavia, va rigettata per difetto di interesse l’opposizione a precetto proposta dal terzo per accertare di non essere obbligato a corrispondere la somma indicata nel precetto, se dall’interpretazione del medesimo precetto si evince che esso non presuppone l’obbligazione diretta dello stesso terzo al soddisfacimento del debito, né l’intenzione del creditore di procedere esecutivamente nei suoi confronti, in ipotesi di mancato pagamento, anche su beni diversi da quelli ipotecati (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato l’opposizione a precetto formulata dai terzi intimati deducendo di non avere accettato l’eredità del datore di ipoteca sul bene indicato in precetto).
CASO
Gli eredi del terzo datore di ipoteca proponevano opposizione a un precetto intimato sulla base di un decreto ingiuntivo esecutivo nei confronti della debitrice principale, eccependo il difetto di legittimazione passiva per non essere proprietari del bene sul quale era minacciata l’esecuzione. Il creditore opposto eccepiva il difetto di interesse ad agire degli opponenti.
SOLUZIONE
La Cassazione ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, in quanto “non era stata idoneamente censurata l’assenza di ogni pregiudizio per il terzo datore di ipoteca a fronte di un precetto privo di minaccia di aggressione dei beni del patrimonio del terzo diversi da quello offerto in garanzia reale, non risultando, peraltro, alcun interesse degli opponenti, rispetto all’assunzione della qualità di erede, che necessitasse l’opposizione al precetto ed, infine, essendo incomprensibile l’interesse a coltivare la lite, una volta accettata l’eredità con beneficio d’inventario”.
In particolare il Supremo Collegio ha affermato che, “sussisteva nella specie la carenza d’interesse degli opponenti al precetto, poiché il precetto stesso non presupponeva l’obbligazione del terzo di pagamento del debito, né la volontà del creditore di procedere esecutivamente nei suoi confronti, anche su beni diversi da quelli ipotecati”.
QUESTIONI
Quando un terzo costituisce un’ipoteca su beni propri a garanzia di un debito altrui, il creditore, in caso di inadempimento del debitore, ha diritto di far espropriare il bene ipotecato e, ai fini dell’esercizio di tale diritto, è tenuto a notificare al terzo datore di ipoteca, oltre che al debitore, sia il titolo esecutivo che il precetto, specificando nel precetto il bene del terzo che intende eventualmente sottoporre ad espropriazione forzata.
Il titolo da notificare è quello formato nei confronti del debitore; non è, infatti, necessario che il creditore ottenga un titolo esecutivo nei confronti del terzo e non è neanche possibile, poiché il terzo acquirente del bene gravato da privilegio non può essere condannato in proprio al pagamento nei confronti del creditore.
Quindi per promuovere l’espropriazione forzata contro il terzo proprietario a norma degli artt. 602 ss. c.p.c. non è necessario un titolo esecutivo autonomo, ma è sufficiente quello ottenuto contro il debitore diretto.
Ciò si deduce, sia dalla posizione di responsabile senza debito, propria del terzo proprietario, sia dalla formulazione dell’art 603 c.p.c., il quale prescrive che titolo esecutivo e precetto debbono essere notificati “anche” al terzo, sia, infine, dal regime delle eccezioni che il terzo può opporre al creditore, a norma del combinato disposto degli artt. 2870 e 2859 c.c.
L’atto di precetto deve essere notificato al debitore ed al terzo e deve contenere la menzione del bene che si intende espropriare e del titolo in forza del quale il creditore ha facoltà di aggredire il bene del terzo (ipoteca, pegno, sentenza di revocatoria) per la soddisfazione di un debito altrui.
Il creditore, dunque, avrà l’onere di notificare congiuntamente al terzo datore di ipoteca e al debitore principale il titolo esecutivo ed il precetto, specificando il bene da sottoporre ad espropriazione.
Per chiarezza va detto che la Cassazione, con indirizzo uniforme e costante sia prima che dopo la riforma del 2006/2007, ha sempre escluso che i titolari di diritti d’ipoteca sui beni immobili compresi nel fallimento e già costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, possano – anche dopo la riforma del 2006 – avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo, di cui al capo quinto della Legge fallimentare, in quanto non sono creditori diretti del fallito e l’accertamento dei loro diritti non può essere sottoposto alle regole del concorso, senza che sia instaurato il contraddittorio con la parte che si assume loro debitrice (tra le tante, cfr. Cass. 10 luglio 2018, n. 18082;. Cass. n. 13289 del 2012; Cass. n. 11545 del 2009; Cass. n. 2429 del 2009; Cass. n. 10072 del 2003; Cass. n. 15186 del 2000; Cass. n. 12549 del 2000; Cass. n. 1875 del 1994; Cass. n. 46 del 1970).
Conseguentemente dovrà essere rigettata per difetto di interesse l’eventuale opposizione al precetto proposta dal terzo e diretta ad accertare l’assenza dell’obbligazione a corrispondere la somma indicata nel precetto se, dalla sua interpretazione, si evinca che questo non presuppone alcuna obbligazione del terzo al soddisfacimento del debito, né l’intenzione del creditore di procedere esecutivamente nei suoi confronti anche su beni diversi da quelli ipotecati ed indicati nell’atto.
La Suprema Corte, già in precedenza investita di una vicenda similare, aveva fornito risposta negativa circa l’ammissibilità dell’opposizione del terzo (Cass. Sez. I, Sentenze nn. 1145 e 2429 del 2009), con l’affermazione del principio di diritto secondo cui “I titolari di diritti di prelazione (nella specie, d’ipoteca) su beni immobili compresi nel fallimento, e già costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, non possono avvalersi del procedimento di verificazione di cui all’art. 52 legge fall., il quale non sottopone a concorso la posizione soggettiva del terzo, che non è creditore diretto del fallito, né è configurabile un’ammissione atipica al passivo, che sia circoscritta ai soli beni oggetto della predetta garanzia, valendo per la loro realizzazione in sede esecutiva, in virtù del richiamo di cui all’art. 105 legge fall., le modalità di cui agli art. 602-604 cod. proc. civ. in tema di espropriazione contro il terzo proprietario”.
A tale principio gli Ermellini hanno ritenuto di dare continuità anche in virtù delle modifiche operate dal legislatore alla legge sopra richiamata, atteso che il riferimento ai diritti reali contenuto nel suo secondo comma non può inerire ai diritti reali di garanzia costituiti dal terzo non debitore, atteso che questi si pongono al di fuori del passivo fallimentare.
Il terzo, infatti, non è creditore diretto del fallito di talché, anche laddove si volesse estendere detta disposizione fino a ricomprendervi l’accertamento del diritto verso il terzo datore di ipoteca, in ogni caso si dovrebbe introdurre un anomalo contraddittorio con una ulteriore parte, ossia quella corrispondente al debitore garantito proprio dall’ipoteca data dal terzo.
Seguendo questo percorso, con la sentenza de qua, la Suprema Corte ha dunque ribadito che in tema di garanzie costituite dal terzo, in caso di fallimento dopo la costituzione della garanzia a favore del creditore non proprio, i creditori titolari di un diritto di ipoteca sui beni compresi nel fallimento, costituiti in garanzia di crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, sono esclusi dalla possibilità di avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo.
Ne consegue che, al fine di realizzare i propri diritti, essi dovranno agire in sede esecutiva secondo le modalità di cui agli artt. 602 e 604 c.p.c., dettate in tema di espropriazione contro il terzo proprietario (Cass., Sez. I, 9 febbraio 2016, n. 2540).
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