Inadempimento parziale e retribuzione dei sindaci di società: riflessi sull’ammissione del credito al passivo fallimentare
di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDFCorte di Cassazione, 4 marzo 2021, n. 6027, Pres. Ferro, Rel. Dolmetta
Parole chiave
Collegio sindacale – Retribuzione dei sindaci – Eccezione di inadempimento – Ammissione del credito al passivo
Massima
Laddove il fallimento contesti l’inadempimento dei sindaci di società con riferimento a un unico esercizio, i sindaci hanno comunque diritto a percepire il compenso per gli altri esercizi nei quali essi risultano adempienti rispetto ai propri doveri.
Disposizioni applicate
Art. 2402 c.c. (retribuzione dei sindaci), art. 1460 c.c. (eccezione d’inadempimento)
CASO
I sindaci di una società per azioni hanno prestato servizio come sindaci per quattro anni, dal 2014 al 2017, senza ricevere alcun pagamento. Successivamente la società viene dichiarata fallita e i sindaci chiedono di essere ammessi al passivo del fallimento per il loro credito. Il giudice delegato respinge in toto le domande dei sindaci ritenendo che essi siano stati inadempienti fino a tutto l’esercizio 2014. I sindaci propongono opposizioni al Tribunale di Vicenza, il quale accoglie le opposizioni e ammette i crediti dei sindaci in privilegio per gli esercizi 2015, 2016 e 2017, escludendoli invece in relazione all’esercizio 2014. La Corte di Cassazione conferma la decisione del Tribunale di Vicenza.
SOLUZIONE
Secondo il Tribunale di Vicenza, con principi confermati dalla Corte di Cassazione, l’eccezione di inadempimento nello svolgimento di una prestazione in tanto può paralizzare la pretesa alla controprestazione (quindi il diritto al compenso), in quanto fra le stesse sussista un rapporto di reciproca dipendenza (c.d. sinallagma). L’attività del collegio sindacale va suddivisa in prestazioni autonome in ragione dei diversi esercizi aziendali. Appare dunque corretto che il compenso relativo alle annualità 2015, 2016 e 2017 sia in ogni caso dovuto, in mancanza di contestazioni riferibili specificamente a dette annualità.
QUESTIONI
I sindaci di società hanno diritto al compenso. La regola è enunciata nell’art. 2402 c.c., secondo cui “la retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dall’assemblea all’atto della nomina per l’intero periodo di durata del loro ufficio”. Dall’esame di questa disposizione emerge che:
- i sindaci hanno diritto a una retribuzione “annuale”, ossia legata ai singoli esercizi in cui operano;
- la retribuzione è fissata dall’assemblea per l’intero periodo di durata dell’ufficio, stabilendo così ex ante l’importo del compenso, per garantire la necessaria indipendenza dei sindaci.
La competenza dell’assemblea a determinare il compenso dei sindaci deve considerarsi inderogabile. A questo riguardo la Corte di cassazione (27 ottobre 2014, n. 22761) ha stabilito che la misura del compenso dei componenti del collegio sindacale di società di capitali deve essere stabilita nell’atto costitutivo o deve essere fissata dall’assemblea sicché – in mancanza di tale indicazione – va determinata dal giudice, non potendosi attribuire alcuna rilevanza ad eventuali accordi intercorsi con l’amministratore sul criterio di calcolo della remunerazione.
Il rapporto fra società e sindaco è un rapporto a prestazioni corrispettive. Secondo le regole generali, può essere sollevata l’eccezione di inadempimento: “nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria” (art. 1460 comma 1 c.c.). Può cioè capitare che il sindaco chieda il pagamento alla società e questa rifiuti il pagamento eccependo l’inadempimento del sindaco.
A seconda dei casi, l’inadempimento può essere totale o parziale. Nel rapporto sindaco-società è alquanto improbabile che si verifichi un inadempimento totale. Più frequente è che il sindaco sia venuto meno a uno oppure ad alcuni dei suoi doveri. In situazioni del genere, la società può rifiutare di pagare il compenso, ma rimane da comprendere se nella sua totalità oppure solo in parte.
Il problema dell’inadempimento dei sindaci si pone con forza nell’ambito delle procedure concorsuali. Se la società viene dichiarata fallita, si può ipotizzare che il regime dei controlli interni non abbia funzionato perfettamente. Frequentemente i curatori negano il compenso ai sindaci, una volta che è stato dichiarato il fallimento. Anzi, i sindaci – generalmente – evitano perfino di chiedere l’ammissione del proprio credito al fallimento della società. Essi difatti corrono un doppio rischio: da un lato che il credito non venga ammesso e da un altro lato che la società sia sollecitata ad avviare un’azione di responsabilità nei confronti dei sindaci.
Il sindaco che voglia ottenere l’ammissione del proprio credito al passivo del fallimento deve presentare domanda di ammissione ai sensi dell’art. 93 l.fall. Nella domanda il sindaco deve specificare che il credito è privilegiato, ai sensi dell’art. 2751-bis c.c. Prevede difatti questo articolo che hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti “le retribuzioni dei professionisti , compreso il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza … e di ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione”.
La peculiarità della ordinanza n. 6027 del 2021 della Corte di Cassazione oggetto di questo breve commento è la valutazione della misura in cui un inadempimento solo parziale dei sindaci si rifletta sul diritto al loro compenso complessivo. Nel caso affrontato dalla Cassazione, difatti, risulta che i sindaci sono stati inadempienti ai loro doveri nell’anno 2014, ma hanno lavorato bene nei successivi anni dal 2015 al 2017. È possibile, a queste condizioni, negare loro il compenso per tutto il periodo?
La Corte di Cassazione, opportunamente, assume una decisione equilibrata, che distingue fra i singoli periodi di attività dei sindaci, concludendo nel senso che gli inadempimenti posti in essere in un singolo anno non sono idonei a far venir meno il diritto al compenso anche per gli altri anni. Per giungere a questa conclusione, la Cassazione dà peso al fatto che l’art. 2402 c.c. si riferisce espressamente a una retribuzione “annuale”. L’annualità, del resto, caratterizza il funzionamento della società. Si pensi in particolare all’approvazione del bilancio, che ha cadenza annuale.