11 Luglio 2023

IMU: la Suprema Corte rimette alla Consulta la mancata esenzione IMU per l’immobile occupato abusivamente

di Donatella Marino, AvvocatoGiuseppe Marino, Professore e AvvocatoLuigi Vele, Avvocato Scarica in PDF

Parole chiave

Corte di Cassazione – Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – questione di legittimità costituzionale – occupazione abusiva di immobile – esenzione IMU – diritto di proprietà – possesso – indisponibilità – denuncia – capacità contributiva – uguaglianza tributaria – domanda di rimborso

Sintesi

La Corte di Cassazione ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativa all’Art. 9, c. 1, D. Lgs. n. 23/2011 (nella sua formulazione originaria, applicabile ratione temporis) in riferimento all’Art. 3, 42 e 53, Cost., nella parte in cui non prevede l’esenzione dell’IMU nell’ipotesi di occupazione abusiva dell’immobile che non possa essere liberato, pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali preposti. Al centro della decisione la tutela effettiva della proprietà privata e il principio di capacità contributiva. In caso di accoglimento da parte della Consulta, le conseguenze, per i proprietari di immobili abusivamente occupati, potrebbero essere rilevanti, fino a legittimare, salvo decadenza, la domanda di rimborso dell’imposta versata per le annualità ante 2023.

La normativa IMU applicabile e quella sopravvenuta

La Suprema Corte, con l’ordinanza interlocutoria depositata il 13 aprile 2023, n. 9957, si è espressa sulla normativa in materia di soggetti passivi IMU e, in particolare, sulla compatibilità dell’interpretazione dell’Art. 9, c. 1, D. Lgs. n. 23/2011, che rappresenta “diritto vivente”, con i precetti costituzionali di capacità contributiva, uguaglianza tributaria e inviolabilità della proprietà privata, laddove esclude che l’occupazione abusiva di un immobile integri una causa di esenzione IMU per il proprietario o il titolare di un diritto reale su tale bene.

La questione è stata oggetto di specifico intervento da parte del legislatore che, con l’entrata in vigore, a decorrere dal 1 gennaio 2023, dell’Art. 1, c. 81, L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha integrato l’Art. 1, c. 759, L. 27 dicembre 2019, n. 160, con la nuova lett. g-bis) prevedendo l’esenzione IMU a favore degli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di violazione del domicilio (Art. 614, c. 2, c.p.) e invasione di terreni o edifici (Art. 633 c.p.) oppure per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale. 

I fatti di causa

La Società contribuente era proprietaria di un fabbricato occupato abusivamente da centinaia di persone legate ad un movimento di difesa del diritto alla casa. Dopo aver presentato numerose denunce alle Forze di Polizia e all’Autorità Giudiziaria, con le quali chiedeva lo sgombero dei locali, proponeva istanza di sequestro preventivo dell’immobile e, sebbene il GIP l’avesse approvata, il provvedimento non aveva avuto esecuzione per motivi di ordine pubblico e, in particolare, per mancanza della garanzia da parte del Comune di alloggi alternativi per le persone da sgomberare.

La Società proponeva inoltre ricorso innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), la quale (con sentenza n. 67944/13/2019) condannava lo Stato italiano al risarcimento del danno in favore della Società, per violazione del primo capoverso del comma 1 dell’Art. 1 del Protocollo n. 1 – secondo cui “ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni”, e sancendo, inoltre, che l’esercizio effettivo del diritto alla protezione della proprietà, “oltre a poter imporre allo Stato un divieto di astensione da qualsiasi ingerenza ai danni del privato, possa “esigere delle misure positive di tutela, in particolare laddove sussista un legame diretto tra le misure che un ricorrente potrebbe legittimamente attendersi dalle autorità e il godimento effettivo da parte di quest’ultimo dei suoi beni”.

Nelle more di tali iniziative dell’Autorità Giudiziaria, la Società versava al Comune l’IMU per l’annualità 2014 per non incorrere nell’irrogazione di sanzioni e procedeva, poi, a formulare la relativa istanza di rimborso. Opposto il silenzio-rifiuto, la Contribuente lo impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, la quale confermava la fondatezza dell’obbligazione tributaria limitandosi a valorizzare lo stato di occupazione abusiva dell’immobile unicamente per la riduzione alla metà della base imponibile.

La Commissione Tributaria Regionale, in riforma della sentenza di primo grado, statuiva invece l’insussistenza del presupposto impositivo dell’IMU in quanto, nonostante il sequestro, la Società non era riuscita a “ripristinare il contatto materiale con il bene” a causa dell’occupazione abusiva dello stesso.

Il Comune censurava la sentenza innanzi la Suprema Corte sia perché il venir meno del possesso dell’immobile non è sufficiente ad esimere dall’IMU, dovendo al contrario qualificarsi gli occupanti quali meri detentori dell’immobile, sia per il contrasto delle predette statuizioni con la giurisprudenza di legittimità laddove afferma che “anche nel caso di occupazione abusiva da parte di terzi il proprietario-possessore deve continuare a corrispondere l’imposta”.

La Società si costituiva in giudizio contestando tutte le censure dedotte dal Comune.

Il concetto civilistico di possesso e il diverso presupposto impositivo 

Riprendendo il concetto civilistico di cui all’Art. 1140 c.c. che definisce il possesso come il potere di fatto su una cosa, che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o altro diritto reale, la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto che presupposto impositivo fosse il mero possesso come situazione di fatto, che può essere conservato “solo animo purché il possessore sia in grado di ripristinare ad libitum il contatto materiale con la cosa”. Data la preclusione di tale possibilità nel caso in esame, secondo la CTR era venuto meno il presupposto dell’imposta. Al contrario, secondo la Suprema Corte, che si è servita delle indicazioni consolidate della giurisprudenza in tema di ICI, la norma tributaria fa riferimento solo alla nozione di ius possidendi, in quanto la qualifica di soggetto passivo dell’imposta è, salvo eccezioni espresse, “collegato alla titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale” (cfr. ex multis Cass. n. 24972 del 19 agosto 2022). Pertanto, secondo la Corte, il legislatore ha ritenuto rilevante ai fini impositivi, non già la detenzione materiale del bene bensì l’esistenza di un titolo legittimante il possesso o la detenzione dell’utilizzatore.

La decisione della Suprema Corte

Gli Ermellini hanno poi escluso che l’entrata in vigore dell’Art. 1, c. 759, lett. g-bis), L. n. 160/2019 assuma rilevanza ai fini del giudizio, atteso che, in mancanza di indicazioni espresse, tale disposizione non può qualificarsi né avente efficacia retroattiva, ex Art. 11 prel. c.c., né come “legge di interpretazione autentica”, ai sensi dell’Art. 1, c. 2, L. 27 luglio 2000 n. 212, in quanto il relativo precetto non si ricollega ad altra norma precedente da chiarire o da precisare.

Ritenuto, quindi, applicabile al caso di specie l’Art. 9, c. 1, D.Lgs. n. 23/2011, vigente ratione temporis, la Suprema Corte ha rilevato che tale disposizione e l’interpretazione della stessa, che rappresenta “diritto vivente” (cfr., inter alia, Cass. 22 ottobre 2021 n. 29658 e Cass. 25 ottobre 2021 n. 29868; contra la prevalente giurisprudenza di merito, cfr., ex multis, C.T.R. Toscana 19 gennaio 2022 n. 67 e C.T.R. Lazio 9 dicembre 2020 n. 3937), pone consistenti dubbi di compatibilità con gli Artt. 53, 3 e 42, Cost. quando afferma che, ai fini della debenza dell’IMU, non rileva tanto la detenzione materiale del bene bensì l’esistenza di un titolo legittimante il possesso.

In primis, stante la natura effettiva, certa ed attuale “e non meramente fittizia” della capacità contributiva (Corte Cost. 29 gennaio 1996 n. 73; Corte Cost. 26 luglio 2000 n. 362), la Corte di Cassazione ha statuito “che il possesso legittimante il sorgere della soggettività passiva ai fini IMU, per essere effettivo, presuppone che la cosa rientri materialmente nella disponibilità individuale del possessore di talché quest’ultimo possa esercitare le prerogative discendenti dal diritto ricadente sul bene”. Risulta, quindi, in contrasto con il principio di capacità contributiva pretendere l’IMU “laddove il contribuente si trovi nell’impossibilità non solo di servirsi e trarre beneficio dall’utilizzo diretto o indiretto del proprio ma anche di recuperare il possesso dell’immobile per scelta degli organi dello Stato preposti a sgomberare gli immobili (e non a causa di comportamento illegittimo o per inerzia del contribuente)”.

Dall’Art. 3 Cost. consegue che a fattispecie uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a casi diversi un trattamento tributario differente (Corte Cost. 6 luglio 1972 n. 120), pertanto, è irragionevole la disparità di trattamento tra il proprietario di un immobile inagibile o inabitabile, cui è riconosciuta la riduzione della base imponibile IMU e il proprietario di un immobile, occupato abusivamente per causa non dipendente dalla sua volontà, cui è riservata un’imposizione integrale.

La tassazione degli immobili occupati abusivamente e non “sgomberabili” pone infine “dubbi di compatibilità costituzionale anche con la Cost., Art. 42, comma 2, e, peraltro, con l’Art. 1 del Protocollo 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, i quali garantiscono e tutelano la proprietà privata”.

In attesa della pronuncia, non è peregrino considerare che l’eventuale declaratoria di illegittimità avrebbe effetti rilevanti sia per i proprietari di immobili abusivamente occupati che hanno versato l’IMU per le annualità ante 2023, legittimandone, salvo decadenza, la domanda di rimborso, sia per i dinieghi di rimborso già opposti, impugnati e ancora sub iudice, in quanto nei rispettivi giudizi andrà applicato l’Art. 9, c. 1, D.Lgs. n. 23/2011, come risultante dalla decisione della Consulta.

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