26 Settembre 2023

Impugnazione di delibera sulle spese condominiali e determinazione del giudice competente per valore

di Valentina Baroncini, Avvocato e Ricercatore di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. II, 4 settembre 2023, n. 25721, Pres. Manna

[1] Competenza – Competenza per valore – Determinazione del valore – Impugnazione delibera dell’assemblea condominiale

Ai fini della individuazione del giudice competente per valore a conoscere della domanda di impugnazione di una delibera assembleare, ove si tratti di domanda proposta da un condomino al fine di contestare l’an o il quantum della quota di partecipazione alle spese condominiali a lui attribuita, il valore da prendere in considerazione non si commisura all’entità del singolo importo contestato, ma all’intero ammontare della spesa (della cui frazione in capo all’impugnante si controverte), così come risulta dal riparto approvato dall’assemblea del condominio. 

CASO

[1] Un condomino impugnava dinanzi al giudice di pace di Ragusa la delibera assunta dall’assemblea condominiale.

L’impugnazione veniva rigettata con sentenza, che veniva fatta oggetto di appello davanti al Tribunale di Ragusa, articolato deducendo sia motivi di fatto, sia motivi di diritto.

Il Tribunale, a sua volta, dichiarava l’appello proposto inammissibile, in quanto il valore della causa non superava la soglia di euro 1.100 ed era, pertanto, da decidere secondo equità a norma dell’art. 113, secondo comma, c.p.c., con conseguente applicazione della disciplina di cui all’art. 339, terzo comma, c.p.c.

Avverso tale decisione il condomino proponeva ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, mediante il quale censurava che il Tribunale di Ragusa avesse dichiarato inammissibile l’appello sull’assunto che le somme oggetto di contestazione fossero inferiori alla soglia di euro 1.100 (con conseguente qualificazione della pronuncia del giudice di pace come pronuncia secondo equità e quindi appellabile solo per i motivi ex art. 339, terzo comma, c.p.c.). Deduceva, dunque, violazione degli artt. 10, 12, 112, 339 c.p.c. nonché omesso esame circa fatti decisivi.

Il ricorrente faceva valere essenzialmente l’argomento per cui la contestazione avanzata dovesse intendersi riferita all’intera delibera e che quindi fosse il valore di questa a dover essere preso in considerazione ai fini della determinazione del giudice competente.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione giudica fondato tale motivo di ricorso.

A sostegno della propria conclusione, la Suprema Corte richiama alcuni recenti arresti, che hanno superato il precedente orientamento sul punto, i quali hanno contribuito a chiarire che ai fini della individuazione del giudice competente per valore a conoscere della domanda di impugnazione di una delibera assembleare, ove si tratti di domanda proposta da un condomino al fine di contestare l’an o il quantum della quota di partecipazione alle spese condominiali a lui attribuita, il valore da prendere in considerazione non si commisura all’entità del singolo importo contestato, ma all’intero ammontare della spesa (della cui frazione in capo all’impugnante si controverte), così come risulta dal riparto approvato dall’assemblea del condominio (in tal senso, Cass., 7 luglio 2021, n. 19250; Cass., 21 marzo 2022, n. 9068).

Conseguentemente, la Cassazione, in accoglimento del ricorso, ha cassato la sentenza con rinvio al Tribunale di Ragusa, in persona di diverso magistrato.

QUESTIONI

[1] La questione sottoposta alla Cassazione attiene alle modalità di determinazione del giudice competente per valore a conoscere dell’impugnativa di una delibera assembleare: in particolare, se a tal fine occorra considerare il valore complessivo della delibera impugnanda, ovvero solamente il singolo importo contestato.

A tale riguardo, come accennato, la soluzione sposata dal provvedimento in commento offre continuità a un recente orientamento, che ha segnato il superamento di quello precedentemente vigente.

In precedenza, infatti, si riteneva che il valore della causa dovesse essere determinato sulla base della singola frazione contestata dell’importo complessivo del relativo capo di spesa (in tal senso può richiamarsi la pronuncia di Cass., 24 gennaio 2001, n. 971).

Tali differenti interpretazioni muovono, evidentemente, da una diversa lettura offerta alla norma rilevante nel caso di specie, ossia l’art. 12 c.p.c., secondo il quale «Il valore delle cause relative all’esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione», nonché dal collegamento sistematico instaurato tra i limiti oggettivi del giudicato e la disciplina della competenza.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale recentemente superato, infatti, la pronuncia sulla controversia avente ad oggetto la ripartizione di una parte soltanto dell’ammontare della voce di spesa deliberata dall’assemblea contesterebbe ex art. 12 c.p.c. solo una parte del rapporto obbligatorio e ciò indicherebbe che non sia investita con efficacia di giudicato la validità della delibera concernente la voce di spesa nella sua globalità. Come affermato dalla richiamata Cass., n. 971/2001, “per determinare il valore della causa de(ve) farsi riferimento (…) a quella parte della delibera impugnata sulla cui validità vi è contestazione tra le parti: la decisione in ordine a tale contestazione non comporta necessariamente una pronuncia – con efficacia di giudicato – di invalidità dell’intera delibera concernente la voce di spesa in questione”.

Tale lettura, però, non appariva in linea con il generale orientamento giurisprudenziale affermatosi sull’art. 12 c.p.c., secondo il quale “in tema di competenza per valore, l’art. 12, primo comma, c.p.c. […] subisce deroga nell’ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare, con efficacia di giudicato, le questioni relative all’esistenza o alla validità del rapporto, che va, pertanto, interamente preso in considerazione ai fini della determinazione del valore della causa” (così, fra le altre, Cass., 23 febbraio 2012, n. 2737).

In linea con quest’ultimo orientamento appare, invece, l’indirizzo più recente e sposato dalla sentenza in commento. Come infatti è stato espressamente osservato dalla richiamata Cass. n. 9068/2022, dato un certo ambito oggettivo del giudicato sulle delibere condominiali, se ne traggono conseguenze interpretative sull’art. 12 c.p.c. (che quindi è messo fuori gioco); in altri termini, anche laddove la controversia cada solo sulla quota di partecipazione alle spese condominiali del singolo condomino, il valore della causa è da determinare “sulla base dell’atto impugnato e non sulla base dell’importo del contributo alle spese dovuto dall’attore in base allo stato di ripartizione”, per la fondamentale ragione per cui l’effetto di invalidazione della (eventuale) pronuncia di accoglimento dell’impugnazione proietta la propria efficacia sull’intera deliberazione ed opera nei confronti di tutti i condomini, come nei confronti di tutti loro continua a operare l’obbligatorietà ex art. 1137, terzo comma, c.c. in caso di rigetto dell’impugnazione.

Tale soluzione, secondo il provvedimento in commento, è anche quella preferibile dal punto di vista pratico. Infatti, le questioni sulla competenza devono potersi risolvere in limine litis, quindi in modo snello, allo stato degli atti e sulla base di una cognizione sommaria. Pertanto, la cognizione in tema di competenza deve potersi appuntare su aspetti di semplice, quasi automatica determinazione. È evidente che, al fine di individuare il giudice competente per valore in materia di impugnazione di una delibera assembleare, ove si tratti di una domanda proposta da un condomino che contesta l’an o il quantum della quota di partecipazione alle spese condominiali a lui attribuita dalla delibera, sia più semplice e automatico determinare il valore della causa sulla base dell’intero ammontare della somma oggetto della delibera e non già sulla base della quota di spesa contestata dall’attore (che in concreto possono essere più quote da sommare tra di loro, eccetera), altrimenti si corre il rischio che, per risolvere in limine litis la questione di competenza, si finisca per anticipare l’accertamento di merito relativo al se le quote sono effettivamente dovute o meno.

Le ragioni di semplificazione della decisione sulle questioni di competenza, cui si è accennato, trovano un robusto ancoraggio legislativo nell’art. 38, quarto comma, c.p.c. Infatti, disponendo che le decisioni sulle questioni di competenza valgono (di regola) ai soli fini della competenza (quindi non anche ai fini del merito, cosicché possono aver luogo sulla base di una cognizione sommaria), tale norma ha inteso evitare di costringere il giudice ad anticipare l’accertamento di merito a cognizione piena, ove una medesima questione rilevi sia per la competenza del giudice che per il merito della causa. Ciò orienta anche una interpretazione corrispondente di una disposizione in fondo ambigua come l’art. 12 c.p.c., nel senso per cui, al fine di individuare il giudice competente, la parte contestata del rapporto obbligatorio finisce con l’identificarsi con la delibera di spesa nel suo complesso, mentre ai fini del merito la contestazione si appunta sulle singole quote di spesa chiamate in causa dal condomino impugnante.

La semplificazione decisoria apportata da tale criterio si apprezza particolarmente nel caso di specie, ove il Tribunale ha per l’appunto affrontato una questione di merito (l’essere una certa spesa già stata deliberata da una precedente assemblea di condominio) per risolvere una mera questione di competenza.

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