Impugnazione del testamento olografo: le Sezioni Unite scelgono la terza via
di Marco Russo, Avvocato Scarica in PDFCass., Sez. Un., 15 giugno 2015, n. 12307
Procedimento civile – Prova documentale – Testamento olografo – Falsità – Azione di accertamento negativo
(C.c. artt. 602, 606, 2697, 2700; C.p.c. artt. 214, 221)
[1] La parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo, grava sulla parte stessa.
CASO
[1] Nel caso di specie veniva contestata l’autenticità del testamento olografo in quanto recante data successiva al sorgere della malattia che aveva ridotto il de cuius in stato di totale incoscienza sino al decesso. La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda per carenza di prova della falsità del documento. In sede di cassazione, viene sollevata la questione relativa allo strumento processuale con cui chi si professi erede è chiamato ad impugnare il testamento ritenuto apocrifo.
SOLUZIONE
[1] Le Sezioni Unite – dopo aver vagliato pregi e difetti delle due tesi che tradizionalmente dividono gli interpreti, ossia necessità della querela di falso (v. da ultimo Cass., 24 maggio 2012, n. 8272, in Fam. e Dir., 2012, 1100) ovvero sufficienza della semplice dichiarazione di non conoscere lo scritto (Cass., 24 maggio 2012, n. 8272, in C.E.D. Cass., rv. 622419; Trib. Marsala, 11 marzo 2008, in Corr. mer., 2008, 670) – aderiscono non senza perplessità ad una “terza via” (espressamente definita in motivazione “non del tutto insoddisfacente”) rappresentata dalla necessità di un’autonoma domanda di accertamento negativo della provenienza del testamento.
QUESTIONI
[1] Le Sezioni Unite erano in realtà già intervenute in argomento nel 2010, quando (in via di obiter dictum, trattando del più generale tema della rilevanza probatoria dei documenti provenienti da terzi) avevano stabilito che per l’impugnazione delle sole scritture private connotate da “una carica di incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata”, quali il testamento olografo, si rende necessaria la querela di falso.
Il contrasto, anche a causa dell’insufficiente chiarezza operativa della distinzione, era tuttavia proseguito: la giurisprudenza successiva ha infatti riaffermato la sufficienza del disconoscimento nelle forme dell’art. 214 c.p.c., con conseguente onere di instaurazione del procedimento di verificazione in capo alla parte che intenda valersi del testamento controverso (Cass., 23 dicembre 2011, n. 28637, nella motivazione in www.plurisonline.it; Trib. Catania, 19 giugno 2012, in Corr. Mer., 2012, 1106).
La Corte ritorna sull’argomento riproponendo quanto sostenuto in un unico, risalente precedente (Cass., 15 giugno 1951, n. 1545, in Mass. Giur. it., 1951), la cui soluzione, imponendo la proposizione di un’autonoma domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, appare idonea soltanto in parte a superare le critiche mosse, sulla base del principio della ragionevole durata del processo, alla tesi della querela di falso, che secondo la Cassazione “disperd[e] la soluzione della controversia nei rivoli di un defatigante procedimento incidentale”.
Nel passo centrale della motivazione si riconosce per altro la difficoltà di trovare una soluzione univoca, atteso che le due tesi si fanno preferire l’una (quella che predica la sufficienza del disconoscimento) per il dato processuale, atteso che la pacifica natura di scrittura privata del testamento olografo esclude che per quest’ultimo, in assenza di espliciti dati normativi in tal senso, possa valere una disciplina diversa e processualmente più onerosa, anche dal punto di vista dell’onere probatorio; e l’altra (quella che impone la querela di falso) per l’aspetto sostanziale della vicenda e la “intrinseca, elevata e peculiare incidenza” che, a partire “dalla sua immediata esecutività e trascrivibilità” sino “alla disciplina penalistica che ne accomuna le sorti al documento pubblico nella ipotesi di falsificazione”, parrebbe distinguere il testamento olografo dal genus delle scritture private in senso stretto.