14 Febbraio 2023

Immobile locato a straniero privo di permesso di soggiorno: conseguenze per il locatore

di Alessio Lanzi, Professore e AvvocatoAngelo Giuliani, AvvocatoDonatella Marino, Avvocato Scarica in PDF

Parole chiave

TU Immigrazione – reato – immigrazione irregolare – permesso di soggiorno – favoreggiamento – alloggio – locatore – dolo specifico – ingiusto profitto – confisca 

Sintesi

Cresce il contenzioso legato al fenomeno dell’immigrazione c.d. clandestina, che, in ambito locatizio e in presenza di alcuni elementi, genera conseguenze severe di natura penale in capo al locatore. Frequenti, dunque, gli interventi del Legislatore, volti a disciplinare la materia. Tra gli ultimi, il cd. “Decreto Flussi”, D-L 2 gennaio 2023 n. 1 (“Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori”), appena entrato in vigore. Il più strutturato intervento sul tema è costituito dal d.lgs. 25 luglio del 1998, n. 286 (cd. T.U. Immigrazione), volto a reprimere condotte illecite che favoriscono l’ingresso e la permanenza illegale nel territorio dello Stato. In particolare, con riferimento al secondo profilo, il Legislatore ha inteso rimuovere quelle condizioni e quei presupposti che possono favorire la permanenza sul territorio nazionale dello straniero senza regolare permesso di soggiorno. Tra queste, il T.U. Immigrazione punisce chi, ricorrendo taluni presupposti, concede alloggio, anche  in locazione, ad uno straniero privo di titolo di soggiorno, prevedendo conseguenze sia personali, che, soprattutto, patrimoniali a carico del locatore, fino alla confisca dell’immobile locato.

Sull’ingresso illegale nel territorio dello Stato

L’art. 12, co. 1, d.lgs. 286/1998 punisce chiunque, violando le disposizioni del T.U. Immigrazione, “promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto degli stranieri nel territorio dello Stato, ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato”. Si tratta di un reato di pericolo, a forma libera, di mera condotta. Tale disposizione è volta a punire – peraltro con pene molto severe – non solo tutte quelle condotte volte a consentire l’arrivo nel territorio dello Stato dei soggetti stranieri irregolari, ma anche quelle, subito successive, finalizzate a garantire la corretta riuscita dell’operazione.

L’ art. 12, co. 3, d.lgs. 286/1998 riproduce la disposizione di cui al co. 1, prevedendo però pene più elevate, in presenza di alcune aggravanti (Cfr. Cass. S.U. 40982/2018).

Sul favoreggiamento della permanenza dello straniero irregolare

L’art. 12, co. 5, d.lgs. 286/1998 punisce con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a euro 15.493 i soggetti che favoriscono la permanenza di persone irregolari nel territorio italiano e, in particolare, “fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico…”.

Tale disposizione si pone in un momento successivo rispetto a quella di cui all’art. 12, co. 1, in quanto è necessario che il soggetto irregolare abbia già fatto ingresso nel territorio dello Stato. Il reato ex art. 12, co. 5, infatti, prevede la realizzazione di una condotta legata alla permanenza dello straniero e, dunque, di una condotta del tutto diversa dall’ingresso illegale. Il delitto in parola si caratterizza per il dolo specifico, poiché per la sua configurabilità è necessario che l’agente agisca allo scopo di ottenere un profitto ingiusto (non è necessario che lo stesso sia poi effettivamente realizzato – sul punto Cass. 26457/2013)

La locazione di un immobile ad uno straniero irregolare e la sanzione accessoria della confisca 

Con il cd. “pacchetto sicurezza” del 2008 il Legislatore ha introdotto l’art. 12, co. 5 bis. Tale disposizione costituisce una figura autonoma di reato che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni “chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione”. La commissione di tale delitto, determina rilevanti conseguenze patrimoniali in quanto è prevista la sanzione accessoria della confisca dell’immobile, ossia la definitiva privazione della proprietà dello stesso. In particolare, l’art. 12 co. 5 bis, nella seconda parte stabilisce che “la condanna con provvedimento irrevocabile…comporta la confisca dell’immobile.” 

La confisca, che segue la disciplina prevista nel codice di rito, non si applica ove l’immobile appartenga a persona estranea al fatto. Ciò accade, per esempio, nel caso in cui l’immobile venga subaffittato a terzi, senza il consenso del proprietario.

Il reato ha natura istantanea e, quindi, si perfeziona nel momento in cui si conclude ovvero si rinnova il contratto di locazione. Non è dunque necessario che il conduttore abbia preso possesso dell’immobile ovvero abbia pagato il canone concordato. La lesione del bene giuridico protetto si verifica nel momento in cui le parti raggiungono l’accordo per iniziare la locazione, con il contestuale approfittamento economico da parte del locatore.

Occorre rilevare che, come chiarito dalla giurisprudenza, il delitto ex art. 12 co. 5 bis è integrato anche dalla sublocazione dell’immobile a soggetti irregolari (sempre che l’agente si approfitti di tale condizione – sul punto, Cass. 29289/2017). In tal caso, però, il locatore dell’immobile concorre con il conduttore che dà alloggio a soggetti irregolari solo nel caso in cui partecipi al profitto ingiusto ottenuto dallo stesso conduttore. La giurisprudenza di legittimità, infatti, non ha ritenuto sufficiente la mera consapevolezza della illecita destinazione dell’immobile locato (sul punto, Cass. 29828/2017).

L’aspetto più controverso del reato riguarda l’elemento soggettivo: come chiarito dalla Corte di Cassazione è richiesto il dolo specifico, costituito dal fine di trarre un ingiusto profitto dallo stato di illegalità dei cittadini stranieri. Sulla nozione di ingiusto profitto si è più volte espressa la Corte di Cassazione, secondo cui “tale situazione si realizza quando l’agente, approfittando di tale stato (ndr. ovvero della clandestinità del conduttore), imponga condizioni particolarmente onerose ed esorbitanti nel contratto di locazione” (sul punto, Cass. pen. Sez. I, n. 46070/2003). Tuttavia, la Corte di Cassazione, ha recentemente ritenuto di estendere la nozione di ingiusto profitto, sostenendo che lo stesso “si può desumere dalle condizioni contrattuali oggettivamente più vantaggiose per l’agente, ma che non deve consistere, necessariamente, in un sinallagma contrattuale eccessivamente gravoso per lo straniero irregolare (sul punto, Cass. pen. sez. I, n. 32391/2017).

In altre parole, perché il profitto possa ritenersi ingiusto è sufficiente che la condizione di irregolarità dello straniero abbia solo agevolato la conclusione di un contratto a condizioni oggettivamente più vantaggiose. Tale vantaggio, non è necessariamente riconducibile ad un canone di locazione esorbitante rispetto ai normali valori del mercato. Ed infatti, come chiarito dalla giurisprudenza, il vantaggio può consistere, a titolo esemplificativo, nella riscossione in nero del canone di locazione. In tal caso, infatti, l’ingiusto profitto consisterebbe nella possibilità di evadere le tasse, agevolata dalla condizione di clandestinità dello straniero (cfr. Cass. 32392/2017 cit.).

La differenza tra il co. 5 e 5 bis dell’art. 12 del d.lgs 286/1998

Molti autori hanno rilevato un conflitto tra il co. 5 e 5 bis dell’art. 12 del d.lgs. 286/1998, in quanto è ben possibile che la locazione di un immobile a titolo oneroso ad un soggetto irregolare possa configurare un favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ex art. 12 co. 5. Sul punto è recentemente intervenuta la Corte di Cassazione, la quale non ha ritenuto sussistente il lamentato conflitto tra le due fattispecie, in quanto per integrare il co. 5 bis è necessario che l’agente agisca esclusivamente al fine di trarre un ingiusto profitto dalla locazione ad un soggetto irregolare, mentre per integrare il co. 5 non è sufficiente mettere a disposizione del c.d. clandestino un alloggio, ma occorre che l’agente agisca allo scopo di favorire la permanenza irregolare nel territorio dello stato, in violazione delle norme previste dal T.U. IMMIGRAZIONE (sul punto, Cass. 20889/2017). La soluzione raggiunta dalla Corte, però, non risolve la questione, in quanto si ritiene che non sia agevole per l’interprete individuare in concreto la sottile distinzione prospettata.

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