Illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi e reputazione commerciale
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFIl diritto alla reputazione – diritto soggettivo perfetto riconducibile alla categoria dei diritti della personalità – è stato descritto, con felice formulazione, come «il rapporto di giudizio che si instaura tra un soggetto ed una comunità» o ancora, «la stima o il giudizio che terzi hanno o danno di un soggetto» (Zeno-Zencovich). La reputazione possiede una marcata valenza economica, avendo assunto nelle relazioni tra i consociati, al pari di altri attributi della personalità (l’immagine e il nome), spiccate connotazioni economiche, che giustificano la natura patrimoniale della sua lesione.
Per reputazione economica o commerciale deve intendersi la considerazione che il pubblico ha delle capacità imprenditoriali e/o commerciali e della affidabilità, anche in termini di solidità patrimoniale, di un soggetto dedito all’attività d’impresa: in altre parole, la reputazione commerciale (o creditizia) coincide con l’immagine professionale che un imprenditore ha nell’ambiente in cui opera. Di qui la necessità che la reputazione economica sia tutelata contro la divulgazione di informazioni che possano risultare lesive di diritti che al soggetto offeso sono riconosciuti, in generale dagli artt. 2 e 3 Cost., e nello specifico dall’art. 2598 c.c., in materia di concorrenza sleale, e dall’art. 41 Cost. (libertà di iniziativa economica).
La lesione alla reputazione economica ha dunque riguardo al discredito commerciale arrecato al soggetto che esercita una particolare attività economica ed in quello specifico settore in cui opera.
Secondo la Cassazione (da ultimo Cass. n. 13264/2020), ai fini della determinazione del risarcimento del danno riveniente dalla erronea segnalazione alla Centrale dei rischi, l’accertamento del danno causato dalla lesione del credito commerciale esige l’accertamento d’un duplice nesso causale: a) un primo nesso tra la condotta illecita (la erronea segnalazione alla Centrale rischi) e la contrazione dei finanziamenti o la perduta possibilità dell’accesso al credito; b) un secondo nesso tra la contrazione dei finanziamenti e il peggioramento dell’andamento economico del soggetto danneggiato.
L’accertamento del primo nesso (da valutare con le regole della causalità materiale ex art. 40 c.p.) non implica di per sé la sussistenza del secondo (da valutare con le regole della causalità giuridica ex art. 1223 c.c.). Le pregresse condizioni economiche e patrimoniali della società che assume di essere stata danneggiata, pertanto, costituiscono un fatto materiale rilevante e centrale nell’accertamento del danno causato dalla lesione del credito commerciale.
Resta inteso che l’eventuale danno non patrimoniale, come qualsiasi altro tipo di danno, non può mai ritenersi in re ipsa, con la conseguenza che la relativa prova (anche presuntiva) deve essere dapprima offerta da chi invochi il risarcimento, e quindi valutata dal giudice, che dovrà verificare la diffusione della notizia diffamatoria; la sua percepibilità da parte della collettività; la possibilità per fornitori e clienti di connettere il declino societario a quella notizia, piuttosto che ad altri fattori; la eccedenza del danno rispetto alla soglia della normale tollerabilità (ex multis Cass. n. 13264/2020).
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