14 Settembre 2015

Il termine per il versamento del saldo del prezzo dell’immobile aggiudicato è perentorio e non prorogabile

di Alessandro Petronzi Scarica in PDF

Cass. Civile, sezione III civile; 29 maggio 2015, n. 11171

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Esecuzione Forzata – Esecuzione immobiliare – Vendita – Aggiudicazione – Termine per il versamento del saldo prezzo – Perentorietà – Fondamento
(cod. proc. civ., art. 152, 153, 574, 576, 585)

[1] In tema di espropriazione immobiliare, il termine per il versamento del saldo del prezzo da parte dell’aggiudicatario del bene staggito va considerato perentorio e non prorogabile, attesa la necessaria immutabilità delle iniziali condizioni del subprocedimento di vendita, da ritenersi di importanza decisiva nelle determinazioni dei potenziali offerenti e, quindi, del pubblico di cui si sollecita la partecipazione, perché finalizzata a mantenere – per l’intero sviluppo della vendita forzata – l’uguaglianza e la parità di quelle condizioni tra tutti i partecipanti alla gara, nonché l’affidamento di ognuno di loro sull’una e sull’altra e, di conseguenza, sulla trasparenza assicurata dalla coerenza ed immutabilità delle condizioni tutte.

CASO
[1 ] Con ordinanza emessa dal G.E., gli aggiudicatari di un immobile acquistato nel corso di una procedura esecutiva immobiliare sono dichiarati decaduti dall’aggiudicazione, a causa del mancato rispetto del termine di sessanta giorni, previsto nella ordinanza di vendita, per il saldo del prezzo, e ciò pur in presenza dell’accoglimento di una istanza di rinvio, formulata dal notaio delegato, dell’udienza fissata per il versamento del prezzo e la stipula del contratto di mutuo.
Avverso il provvedimento del G.E. gli aggiudicatari hanno proposto opposizione agli atti esecutivi, rigettata dal Tribunale adito, che ha confermato la non prorogabilità del termine.
Avverso tale sentenza, gli aggiudicatari hanno proposto ricorso per cassazione.

SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte ha rigettato il ricorso affermando che la perentorietà dei termini processuali, pur in assenza di una espressa previsione normativa, va desunta dalla loro funzione, che, nel caso dei termini fissati dalla legge o dal giudice per il saldo prezzo dell’aggiudicazione, è diretta a tutelare l’affidamento della indifferenziata platea di potenziali acquirenti alla partecipazione ad una pubblica gara che si svolga secondo condizioni di vendita predeterminate, trasparenti ed immutabili.

QUESTIONI
[1] La sentenza della Suprema Corte merita attenzione poiché ha il pregio di chiarire che la perentorietà dei termini processuali non discende solo dalla espressa previsione normativa, ma può essere desunta dallo scopo che i termini previsti sono preordinati a conseguire.

Nel processo esecutivo, i termini per il saldo del prezzo, tanto nella ipotesi di vendita senza incanto (574 c. p. c.), quanto nella ipotesi di vendita con incanto (art. 576 c. p. c.), ormai recessiva nell’ordinamento giuridico (a seguito della recente novella di cui al d.l. 27 giugno 2015 n. 83), sono dettate al fine di garantire la parità di trattamento di tutti i potenziali interessati alla partecipazione alla pubblica gara, secondo condizioni di vendita immutabili e prestabilite.

La perentorietà e non prorogabilità dei termini previsti per il saldo del prezzo di aggiudicazione deve ritenersi pertanto funzionale alla tutela dell’affidamento dei terzi alla partecipazione alla pubblica gara secondo condizioni prestabilite, trasparenti ed immodificabili.

L’orientamento espresso con la pronuncia in esame, pur completamente condivisibile, è destinato ad avere un enorme impatto pratico in quanto non sono infrequenti, nella prassi delle esecuzioni immobiliari, istanze di proroga del termine per il saldo prezzo, molto spesso dettate dalla necessità degli aggiudicatari di dovere attendere l’esito delle pratiche di mutuo avviate per ottenere la necessaria liquidità per far fronte all’impegno economico derivante dalla aggiudicazione.

È evidente infatti che tali istanze di proroga non potranno giammai trovare accoglimento.