16 Giugno 2015

Il fondo patrimoniale risponde anche dei debiti contratti da uno dei coniugi nel corso della propria attività imprenditoriale

di Alexandra Aliotta Scarica in PDF

Trib. Palermo, ord. 3 marzo 2015

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Fondo patrimoniale – Sottrazione dei beni all’azione esecutiva – Impignorabilità – Onere della prova – Sospensione dell’esecuzione- Esclusione (Cod. civ., art. 167, 170; cod. proc. civ., art. 615, 623).

[1] Il criterio identificativo dei crediti che possono essere realizzati esecutivamente sui beni conferiti nel fondo patrimoniale va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia. Il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa non è idoneo a escludere in via di principio che il debito si possa dire contratto per soddisfare questi bisogni.

[2] Grava sul debitore che intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale l’onere di provare, oltre la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore, che il debito era stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

CASO
[1] [2] Nella fattispecie in esame, i debitori escussi, due coniugi, hanno proposto opposizione all’esecuzione, con istanza di sospensione, esponendo che il bene immobile pignorato era stato costituito in fondo patrimoniale dagli stessi coniugi in data anteriore al pignoramento.

SOLUZIONE
[1] [2] Il Tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta di sospensione, in quanto mancava la prova che i debiti erano stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
La decisione del Tribunale affronta la questione della possibilità di intraprendere azioni esecutive sui beni costituiti in fondo patrimoniale.
In base all’art. 170 c.c., l’esecuzione su questi beni non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei alla famiglia.
Il Tribunale ha affermato che l’onere di provare l’impignorabilità dei beni oggetto del fondo grava sui debitori, i quali non hanno assolto l’onere di provare la sussistenza dei presupposti previsti dal’art. 170 c.c. per sottrarre i beni vincolati nel fondo all’azione esecutiva.
Nel caso di specie, uno dei debiti derivava dal mancato pagamento di ratei di un finanziamento per l’acquisto di una autovettura, che era stata acquistata mediante utilizzo di partita iva.
Questa circostanza non è stata considerata sufficiente per ritenere che il debito fosse stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia.

QUESTIONI
[1] [2] L’ordinanza aderisce all’orientamento giurisprudenziale oggi prevalente che interpreta restrittivamente il divieto di aggredire i beni oggetto del fondo patrimoniale, individuando il criterio scriminante nella relazione esistente tra il fatto generatore delle obbligazioni e i bisogni della famiglia e non nella natura delle obbligazioni.
In questa prospettiva non è sufficiente, per escludere la pignorabilità dei beni conferiti in fondo patrimoniale, dimostrare che l’obbligazione è oggettivamente estranea (perché è di natura commerciale o tributaria) alle esigenze familiari, ma il debitore deve dimostrare che lo scopo perseguito con l’assunzione della obbligazione sia totalmente estraneo ai bisogni della famiglia.
I bisogni della famiglia non sono soltanto quelli riconducibili allo stretto indispensabile per l’esistenza della famiglia, e ricomprendono anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi (Cass. 11 luglio 2014 n. 15886 in Riv. es. forzata, 2014, 4, 806; Cass. 24 febbraio 2015, n. 3738 in Dir. e giustizia, 2015, 25; Cass. 7 febbraio 2013, n. 2970; Cass. 5 marzo 2013, n. 5385).
Questo orientamento restrittivo è diretto ad impedire che la costituzione di beni in fondo patrimoniale eluda la garanzia patrimoniale dei creditori e crei un indebito salvacondotto a favore del debitore escusso.
La decisione del Tribunale di Palermo è condivisibile e va accolta con favore dal momento che non toglie rilievo al vincolo di destinazione ma impedisce che questo si traduca in un abuso ai danni dei creditori al solo scopo di paralizzarne le azioni esecutive.