22 Febbraio 2016

I primi vagiti del P.C.T. nel procedimento davanti alla Corte di cassazione.

di Valeria Giugliano Scarica in PDF


Il Ministero della Giustizia ha emanato il decreto con il quale dispone l’attivazione, a partire dal 15 febbraio 2016, delle comunicazioni e notificazioni telematiche da parte delle cancellerie delle sezioni civili presso la Corte di cassazione; inizia così il cammino della informatizzazione e telematizzazione del procedimento civile davanti alla Suprema Corte, finora solo in fase di sperimentazione.
 

  1. Con decreto del 19 gennaio 2016, il Ministero della Giustizia, accertata la funzionalità dei servizi tecnologici necessari, ha disposto l’applicazione dell’art. 16 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 e dunque l’attivazione, a partire dal 15 febbraio 2016, delle comunicazioni e notificazioni telematiche da parte delle cancellerie delle sezioni civili presso la Suprema Corte.

L’art. 16 del d.l. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221, dispone che «nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni». Ai sensi dello stesso art. 16, 10° comma, infatti, si prevedeva che con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, sentiti l’Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense e i Consigli dell’Ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica della funzionalità dei servizi di comunicazione, individuasse gli uffici giudiziari diversi dai Tribunali e dalle Corti di appello nei quali avrebbero dovuto applicazione le disposizioni del detto articolo.

La sperimentazione presso la Corte di cassazione era cominciata il 12 novembre 2014: a partire da quella data, le comunicazioni, pur effettuate in via telematica, restavano prive di efficacia giuridica e la cancelleria aveva continuato ad effettuare parallelamente le comunicazioni cartacee.

Dal 15 febbraio 2016, invece, gli atti e i documenti saranno portati a conoscenza delle parti esclusivamente tramite PEC (la posta elettronica certificata è ad oggi l’unico strumento di trasmissione di atti e documenti informatici tra i soggetti del processo telematico).

E’ ancora in fase di testing, invece, il deposito telematico degli atti di parte (v. http://bit.ly/1R9t0zj).

L’uso della tecnologia informatica e della telematica nei giudizi davanti alla Corte di cassazione apre la strada alla dematerializzazione del fascicolo. Il percorso sinora compiuto dalla giurisprudenza per far fronte alle questioni interpretative poste dalla disciplina del P.C.T. potrà risultare utile anche nell’esperienza pratica del giudizio di cassazione.

In particolare, la trasmissione dei provvedimenti per via telematica presuppone la redazione del provvedimento in formato elettronico firmato digitalmente; Cass. 10 novembre 2015, n. 22871 ha chiarito che la sentenza sottoscritta dal giudice con firma digitale non può certamente ritenersi nulla per difetto di sottoscrizione, in quanto (a) il corpo normativo in tema di amministrazione digitale e processo telematico è chiaramente ispirato ad una piena equiparazione tra documento informatico e documento cartaceo, nonché tra sottoscrizione autografa e firma digitale; (b) con la sottoscrizione digitale risultano pienamente garantite sia l’identificabilità dell’autore del provvedimento giudiziario, sia l’integrità e l’immodificabilità dello stesso.

Inoltre, ai sensi del novellato 2° comma dell’art. 133 c.p.c. (l. 11 agosto 2014 n. 114 di conversione del d.l. 24 giugno 2014, n. 90), la decorrenza dei termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c. rimane ancorata all’eventuale atto di impulso della controparte, non essendo idonea a tal fine la comunicazione telematica del testo integrale della sentenza (la Suprema Corte ha chiarito inoltre che è salva l’applicazione delle norme derogatorie e speciali che invece facciano decorrere il termine dalla mera comunicazione da parte della cancelleria, integrale o meno, come l’art. 348 ter c.p.c., nella parte in cui prevede che il termine ordinario per proporre ricorso per Cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione dell’ordinanza che dichiari l’inammissibilità dell’appello, v. Cass. 5 novembre 2014, n. 23526).

  1. L’obiettivo della piena dematerializzazione del fascicolo nel giudizio di cassazione è senz’altro auspicabile in tempi rapidi. Il giudizio di legittimità appare infatti addirittura più bisognoso degli altri di emanciparsi del cartaceo, considerata la sua funzione nomofilattica e l’interesse che vi dedicano gli operatori del diritto. È allora in Cassazione che si pone urgente il problema della rapida circolazione delle informazioni, per favorire inoltre la conoscibilità degli orientamenti e quindi la prevedibilità delle decisioni, assicurando, in definitiva, il rispetto del principio di uguaglianza dinanzi alla legge (v. G. Costantino, La trasparenza nel processo civile, in Atti del Convegno XXIX Conferenza dell’Osservatorio “Giordano dell’Amore” sui rapporti tra diritto ed economia). A ben vedere, dunque, potrebbe dirsi che il processo di informatizzazione sarebbe potuto partire da qui, piuttosto che dai gradi inferiori, per rendere la Suprema Corte una «casa di vetro trasparente per gli operatori» (l’espressione è di G.G. Poli, Il processo civile telematico del 2015 tra problemi e prospettive, in Giusto processo civ., 2015, 229 ss., spec. 261). D’altra parte, tuttavia, è comprensibile che i giudici della Suprema Corte siano maggiormente restii allo sforzo tecnologico richiesto.

In ogni caso, nel comunicato stampa trasmesso dal Ministero della Giustizia contestualmente all’emissione del decreto si legge che questo risultato importante «non sarebbe stato possibile senza la forte adesione che al processo civile telematico hanno contribuito a dare in questi 18 mesi avvocati magistrati e personale amministrativo, negli uffici di primo e secondo grado, e senza la determinante collaborazione della Cassazione con gli uffici ministeriali per la predisposizione delle misure organizzative necessarie».

In effetti, nei Dati sul Processo Telematico aggiornati al 31 ottobre 2015 e predisposti dal Ministero della Giustizia – Direzione Generale per i Servizi Informativi Automatizzati (reperibili al link https://pst.giustizia.it/PST/resources/cms/documents/Dati_PCT_31_10_2015.pdf) si legge che ad ottobre 2015 il numero di provvedimenti telematici depositati dai magistrati è cresciuto del 63% rispetto all’ottobre 2014, e che il sistema delle comunicazioni telematiche attivate presso le cancellerie dei tribunali e delle Corti d’appello hanno determinato un risparmio per lo Stato stimato in oltre 53 milioni di euro. Inoltre, gli accessi per la consultazione del fascicolo online si stimano in oltre 6 milioni giornalieri.

Quello descritto è quindi un passo non trascurabile nel solco della fisionomia che il processo telematico appare ormai aver definitivamente acquisito, ossia quella non di un nuovo modello di processo, bensì di un sistema di gestione dei flussi dei dati tra i soggetti che operano nel processo (v. A.D. De Santis, La metamorfosi (kafkiana) del processo telematico, in Questione Giustizia 4/2015, 161 ss.).