22 Aprile 2016

I lavoratori possono ottenere il riconoscimento dei loro crediti anche nei procedimenti per misure di prevenzione pendenti alla data del 13 ottobre 2011

di Salvatore Ziino Scarica in PDF

Corte Costituzionale; sentenza 28 maggio 2015, n. 94; Pres. Criscuolo; Rel. Frigo.

Scarica la sentenza 

Misure di prevenzione – Tutela dei creditori – crediti di lavoro – Legge di stabilità 2013 – riconoscimento del credito – esclusione – incostituzionalità (Cost., art. 36; legge 24.12.2012, n. 228, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, Legge di stabilità 2013, Art. 1, c. 198, 199, 200, 201, 202, 203, 204, 205, 206)

[1] L’art. 1, comma 198, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)» è incostituzionale, nella parte in cui non include tra i creditori che sono soddisfatti nei limiti e con le modalità ivi indicati anche i titolari di crediti da lavoro subordinato nei confronti del debitore assoggettato a procedimento per misure di prevenzione.

CASO
[1] La legge di stabilità 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228) ha introdotto nuove disposizioni in materia di esecuzione sui beni oggetto di confisca da parte dello Stato.

Le disposizioni introdotte dalla legge di stabilità 2013 trovano applicazione nei procedimenti per misure di prevenzione, nei quali era già stata formulata proposta per l’applicazione delle misure di prevenzione alla data di entrata in vigore del c.d Codice delle leggi antimafia (d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, entrato in vigore il 13 ottobre 2011: ai sensi dell’art. 117 del Codice delle leggi antimafia le disposizioni dello stesso codice trovano applicazione soltanto nei procedimenti per misure di prevenzione iniziati dopo questa data).

Le disposizioni contenute nell’art. 1, commi 194-206, della legge di stabilità 2013 (in avanti, per maggiore comodità si farà riferimento soltanto ai commi, senza alcuna ulteriore precisazione) stabiliscono che sui beni confiscati «non possono essere iniziate né proseguite azioni esecutive», a pena di nullità.

I creditori muniti di ipoteca iscritta prima della trascrizione del sequestro di prevenzione, i creditori che abbiano trascritto un pignoramento anteriormente alla trascrizione del sequestro o che siano intervenuti nell’esecuzione prima dell’entrata in vigore della legge n. 228 del 2012 devono «proporre domanda di ammissione del credito, ai sensi dell’art. 58, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al giudice dell’esecuzione presso il Tribunale che ha disposto la confisca».

Nessuna altra categoria di creditori è legittimata a proporre istanza di ammissione del credito nelle procedure per misure di prevenzione che sono iniziate prima della entrata in vigore del Codice delle leggi antimafia.

La domanda di ammissione del credito, va proposta «a pena di decadenza» entro 180 giorni che decorrono dal primo gennaio 2013, data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, per le confische già passate in giudicato (il termine quindi è scaduto il 30 giugno 2013), ovvero entro 180 giorni dalla data in cui la confisca diventa definitiva.

Nel caso in esame, dopo la confisca alcuni lavoratori dipendenti hanno proposto istanza di ammissione del credito davanti al Tribunale di Caltanissetta, Sezione misure di prevenzione, per chiedere i riconoscimento dei propri crediti nei confronti del proposto.

Il Tribunale di Caltanissetta rileva che la Legge di stabilità 2013 non include tra i soggetti legittimati a valersi della procedura di accertamento dei crediti, «i creditori privilegiati (ed in particolare i lavoratori dipendenti)».

Il Tribunale, quindi, solleva questione di legittimità costituzionale delle norme contenute nella legge di stabilità 2013.

Ad avviso del Tribunale, queste norme sono in contrasto con l’art. 36 Cost., giacché la mancata estensione della procedura di accertamento anche ai titolari di crediti da lavoro dipendente comporterebbe, nel caso di confisca dell’azienda del datore di lavoro, una grave lesione del diritto alla retribuzione, non giustificabile alla luce delle finalità di sicurezza pubblica sottese alla misura di prevenzione patrimoniale.

Il Tribunale ritiene pure che le disposizioni della Legge di stabilità 2013 violerebbero l’art. 3 Cost., determinando una irragionevole disparità di trattamento di situazioni analoghe, in correlazione alla variabile temporale rappresentata dalla data di inizio del procedimento di prevenzione. Nei procedimenti instaurati dopo l’entrata in vigore del Codica delle leggi antimafia (13 ottobre 2011) trovano, infatti, applicazione le disposizioni di cui agli artt. 52 e seguenti del suddetto decreto legislativo, che consentono di chiedere il riconoscimento dei crediti a tutti i titolari di crediti di data certa anteriore al sequestro, compresi «compresi i privilegiati, e segnatamente i lavoratori dipendenti».

Infine, secondo i Tribunale, vi sarebbe un contrasto con l’art. 24 Cost., poiché viene precluso ai lavoratori l’effettivo accesso alla tutela giurisdizionale.

SOLUZIONE
[1] La Corte Costituzionale ripercorre brevemente la storia delle misure di prevenzione patrimoniale e ricorda che prima del Codice delle leggi antimafia era stata riconosciuta un qualche forma di tutela ai soli crediti assistiti da diritti reali di garanzia sui beni oggetto del provvedimento ablativo, iscritti o comunque costituiti in data certa anteriore al sequestro, e sempre che il loro titolare dimostrasse la sua buona fede e l’affidamento incolpevole.

La Corte Costituzionale aggiunge che il sistema normativo è stato profondamente innovato dal Codice delle leggi antimafia, che ha introdotto un sistema di tutela esteso alla generalità dei creditori del proposto, imperniato su un procedimento di verifica dei crediti e sulla successiva formazione di un «piano di pagamento», secondo cadenze mutuate in larga misura dai corrispondenti istituti previsti dalla legge fallimentare.

Il Codice delle leggi antimafia, però, trova applicazione solo in rapporto ai procedimenti di prevenzione che sono iniziati dopo l’entrata in vigore dello stesso Codice (13 ottobre 2011).

Nei procedimenti pendenti alla data del 13 ottobre 2011, la legittimazione a chiedere il riconoscimento del credito è riservata ai soli creditori muniti di ipoteca iscritta anteriormente al sequestro di prevenzione, nonché nei creditori che, prima della trascrizione del sequestro, abbiano trascritto un pignoramento sul bene, ovvero che, alla data di entrata in vigore della legge n. 228 del 2012, siano intervenuti nell’esecuzione iniziata con il predetto pignoramento (art. 1, comma 198).

In questo modo, i crediti dei prestatori di lavoro subordinato non ricevono alcuna tutela: tale sistema è in contrasto con l’art. 36 Cost., in quanto pregiudica il diritto dei lavoratori «ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».

Stante il generale divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive sui beni confiscati, il lavoratore non ha la possibilità di agire utilmente in executivis per il pagamento delle proprie spettanze, in tutti i casi in cui la confisca renda i residui beni del debitore insufficienti a soddisfare le sue ragioni, e ciò è particolarmente grave nell’ipotesi in cui la confisca investa l’intero patrimonio del datore di lavoro.

Sulla base di queste premesse, la Corte Costituzionale dichiara la illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 198, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, per violazione dell’art. 36 Cost, nella parte in cui non consente ai titolari di crediti da lavoro subordinato di soddisfarsi, nei modi previsti dalla stessa legge, nei confronti del debitore assoggettato a procedimento per misure di prevenzione. 

QUESTIONI
[1] La decisione coinvolge un numero rilevante di creditori, ovvero i lavoratori di tutte le imprese che erano state sottoposte a misure di prevenzione prima della entrata in vigore del Codice delle leggi antimafia.

Con questa sentenza, la Corte Costituzionale supera la ritrosia a riconoscere forme di tutela in favore dei creditori nei procedimenti per misure di prevenzione.

In tutte le precedenti decisioni, la Corte Costituzionale aveva sempre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale relative alla tutela dei creditori nei procedimenti per misure di prevenzione antimafia (cfr. Corte cost., 19 maggio 1994, n. 190; 24 marzo 2011, n. 102; nello steso senso v pure Corte Cost. 25 febbraio 2015 n. 101).

Per la prima volta, in una decisione della Corte Costituzionale l’interesse pubblico alla confisca dei beni cede di fronte agli interessi dei creditori.

Si tratta di un importante precedente, che potrebbe dare inizio ad un nuovo orientamento della giurisprudenza, che possa finalmente riconoscere una tutela effettiva e non soltanto formale in favore dei creditori nel procedimento per misure di prevenzione (sulla sostanziale mancanza di tutela per i creditori, Ziino, La tutela dei creditori nel caso di confisca quale misura di prevenzione: le novità introdotte dalla Legge di stabilità 2013, in Riv. es. forzata 2013, 251 ss.).