Greenwashing: nuove opportunità di business
di Giulia Maria Picchi - Senior partner Marketude Scarica in PDFSe dico greenwashing quanti sanno di che cosa sto parlando?
Io credo più o meno tutti, perché anche questo ormai è uno dei termini in cui si inciampa nella stampa un giorno sì e un altro anche.
Comunque sia -a scanso di equivoci- si definisce greenwashing l’uso distorto della sostenibilità ambientale a fini promozionali.
L’obiettivo di queste pratiche, conosciute anche come ambientalismo di facciata, è valorizzare la reputazione ambientale dell’impresa per generare, a cascata, un beneficio in termini di fatturato derivante dal fatto che sempre più persone sono interessate ad acquistare prodotti eco-friendly.
I modi in cui si può fare greenwashing sono tanti, dall’utilizzo di un linguaggio vago e approssimativo a uno al contrario così tanto gergale e tecnico da essere comprensibile solo agli addetti ai lavori, dal fornire dati parziali all’uso di immagini suggestive -magari con ampio uso del verde o di soggetti naturali che facciano pensare a un collegamento tra brand e le questioni ambientali e finendo, in ultima analisi, col trarre il pubblico in inganno.
E infatti è proprio questo il punto: oggi il greenwashing in Italia viene considerato pubblicità ingannevole ed è controllato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ma alla luce dell’aumento dei casi appare necessaria una normativa ad hoc per regolare tale fenomeno.
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