19 Giugno 2018

Gli statuti degli enti del terzo settore

di Guido Martinelli Scarica in PDF

L’articolo 101, comma 2, D.Lgs. 117/2017 recante il codice del terzo settore (di seguito c.t.s.) prevede che per le Onlus, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e imprese sociali iscritte ai registri istituiti ai sensi delle discipline esistenti alla data di entrata in vigore del c.t.s., potranno continuare ad applicarsi, ai fini e per gli effetti derivanti dalla iscrizione, le norme previgenti purché si adeguino alle nuove disposizioni “entro diciotto mesi” dalla entrata in vigore del c.t.s..

Entro il medesimo termine: “esse possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria”.

Questo significa che le associazioni di promozione sociale, le organizzazioni di volontariato, le Onlus e le imprese sociali attualmente operanti sono tenute ad effettuare le modifiche al proprio statuto per adeguarlo alle nuove prescrizioni al più tardi entro il 3 febbraio 2019.

Con l’aggravante che le Onlus dovranno decidere “cosa voler diventare” in quanto, come è noto, con l’entrata in vigore del Registro Unico nazionale del terzo settore troverà applicazione l’articolo 102, comma 2, lett. a) c.t.s. che abroga l’intera disciplina di tali enti portata dal D.Lgs. 460/1997.

Pertanto le Onlus dovranno scegliere se rimanere nel terzo settore e, in tal caso, decidere in quale sezione del registro chiedere l’iscrizione.

Queste scadenze appaiono ormai imminenti (tra il prossimo periodo feriale e i termini per la convocazione delle assemblee si ritiene non ci sia ancora molto tempo per procrastinare ancora l’attuazione di quanto sopra esposto) ma il quadro di riferimento continua ad essere molto nebuloso.

Infatti scade il prossimo 3 agosto 2018 l’anno di tempo concesso dalla legge delega (la L. 106/2016) per la correzione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 117/2017 che introduce il nuovo codice del terzo settore (così come scade il prossimo 19 luglio 2018 il termine per apportare correzioni al correlato D.Lgs. 112/2017 contenente la disciplina dell’impresa sociale).

La bozza di decreto correttivo, approvata in prima lettura dal Consiglio dei Ministri, pende adesso in Parlamento per raccogliere i previsti pareri consultivi delle commissioni parlamentari e della conferenza Stato – Regioni.

Alla fine dovrà tornare al Governo per poi essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale entro i termini sopra indicati.

Se anche ciò accadesse questo cadrà, comunque, in pieno periodo feriale. Rimarrebbero a quel punto tre o quattro mesi al massimo per recepire, studiare e applicare i contenuti delle novelle legislative, discuterle nelle associazioni, convocare le assemblee e approvarle.

Ma non c’è solo questo aspetto.  Infatti ove gli enti interessati intendessero svolgere attività diverse rispetto a quelle di interesse generale previste dal codice, queste dovranno essere “secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Cabina di regia di cui all’articolo 97, tenendo conto dell’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività in rapporto all’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale” (articolo 6, comma 1, c.t.s.).

Il Decreto interministeriale in questione non è stato ancora emanato e, pertanto, l’associazione che andasse a regolamentare le attività diverse da quelle di interesse generale in maniera non conforme rispetto a quanto indicato in tale Decreto si troverebbe a dover modificare nuovamente lo statuto.

Ne deriverà, pertanto, che chi non rispettasse comunque il termine indicato, perderà i diritti quesiti, tornando ad essere una semplice associazione disciplinata dagli articoli 14 e ss cod. civ. ma potrà comunque, in seguito, adeguandosi alla disciplina del codice e richiedere comunque l’iscrizione al Runts.

Appare ovvio che, in questo quadro di riferimento, decisiva potrebbe essere l’analisi della convenienza fiscale a rimanere / entrare nel terzo settore o tornare ad essere, sotto il profilo fiscale, un mero ente non commerciale.

La bozza di decreto correttivo incide in maniera importante sul contenuto della norma chiave sotto questo profilo, che è l’articolo 79 c.t.s.. L’incertezza attualmente esistente sul punto contribuisce perciò a generare confusione.

Così come quando dovessero entrare definitivamente a regime le novelle legislative si porrà il problema: le associazioni che non potranno più giovarsi dell’articolo 148, comma 3, Tuir, sia che siano rimaste fuori dal terzo settore sia che abbiano deciso di entrarci non come associazioni di promozione sociale, ai fini Iva potranno continuare ad applicare l’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972 che, invece, non ha avuto alcuna modifica? I corrispettivi specifici versati dagli associati potranno diventare “commerciali” ai fini delle imposte dirette e restare “istituzionali” ai fini Iva? Un chiarimento appare obbligatorio.

Articolo tratto da “Euroconferencenews“