18 Aprile 2023

Gli «interessi» usurari ex art. 1815, comma 2, c.c.

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Il secondo comma dell’art. 1815 c.c. stabilisce che «Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi».

È discusso se, oltre agli «interessi» usurari, debbano essere restituiti anche gli altri oneri (commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese), collegati alla erogazione del credito (art. 644, comma 4, c.p.). In particolare, è dibattuto se il riferimento agli «interessi» contenuto nell’art. 1815, comma 2, c.c., debba essere inteso come comprensivo anche di tutti gli oneri, escluse imposte e tasse (interpretazione estensiva), o se invece la nullità sia limitata alla clausola che stabilisce gli interessi, con salvezza per voci diverse dagli interessi stessi.

A favore della tesi più rigorosa (integrale gratuità del mutuo) si pongono le seguenti ragioni: a) l’art. 1815, comma 2, c.c. si inserisce in un sistema normativo che mira a proteggere il contraente più debole e a contrastare il fenomeno dell’usura; b) limitare l’interpretazione della norma agli interessi in senso stretto darebbe luogo a comportamenti agevolmente elusivi delle finalità perseguite dal legislatore; c) il collegamento con l’art. 1419, comma 2, c.c. che sancisce ipotesi di nullità parziale del contratto, limitata a singole clausole sostituite di diritto da norme imperative

Sulla base di questi presupposti, la giurisprudenza ha stabilito quanto segue:

– dovendosi il prestito, in caso di usurarietà degli interessi (…), intendere a titolo gratuito ex art. 1815, comma 2, c.c., è dovuta la restituzione del solo capitale, senza interessi, costi, commissioni e simili remunerazioni (Trib. Udine 26.9.2014);

– la pretesa restitutoria a titolo di indebito (ex artt. 1815, comma 2, c.c. e 2033 c.c.) avanzata dall’attore merita accoglimento, relativamente non soltanto all’importo versato dal mutuatario a titolo di interessi ma anche con riferimento agli oneri e costi vari del finanziamento, dovendosi intendere per “interessi” (art. 1815, comma 2 c.c.) tutti i costi e gli oneri direttamente “collegati” all’erogazione del credito, con l’unica esclusione di quelli dovuti per imposte e tasse. Del resto, in chiave sistematica, il combinato disposto di cui all’art. 644 c.p. ed all’art. 1815, comma 2, c.c. (che stabilisce la sanzione civilistica conseguente alla nullità della clausola usuraria) non rappresenta l’unica ipotesi nella quale il legislatore ha accomunato gli interessi e gli altri oneri e costi accessori delle operazioni di finanziamento; si veda, ad esempio, anche l’art. 125 sexies, comma 1, TUB, ai sensi del quale, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore « ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto », essendo del resto siffatto « costo totale del credito » eloquentemente definito dall’art. 121, comma 1, lett. e) TUB come aggregato nell’ambito del quale vanno annoverati « gli interessi e tutti gli altri costi, incluse le commissioni, le imposte e le altre spese, a eccezione di quelle notarili, che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il finanziatore è a conoscenza » (Trib. Massa 11.10.2017);

– la gratuità del finanziamento ex art. 1815, comma 2, c.c. comprende, oltre agli «interessi» usurari, anche gli altri oneri (commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese), collegati alla erogazione del credito, poiché «tutti gli ulteriori costi pattuiti e pretesi hanno concorso a determinare l’illegittimo superamento del tasso soglia e devono essere espunti» (Trib. La Spezia 18.2.2020; v. anche Trib. L’Aquila 4.11.2020; Trib. Torino 13.5.2021).

Secondo il Collegio di coordinamento dell’ABF nn. 12830/2018 e 16291/2018, il riferimento esplicito all’art. 1815, comma 2, c.c. contenuto nell’art. 1 del D.L. n. 394/2000 e l’inciso «comunque convenuti, a qualsiasi titolo» manifestano in modo palese la volontà del legislatore di stabilire uno stretto collegamento tra la norma civile e quella penale e, quindi, di interpretare nella configurabilità dell’usura il concetto di interessi in maniera onnicomprensiva, includendovi – anche ai fini civilistici – tutti i costi elencati nel comma 4 dell’art. 644 c.p. e cioè commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. In altri termini, se le spese vanno calcolate ai fini della configurabilità dell’usura, debbono poi necessariamente essere considerate anche ai fini della sanzione che ne deriva.

Il Collegio di coordinamento ABF ha dunque enunciato il seguente principio di diritto: «una volta verificato il superamento del tasso soglia rilevante ai fini dell’usura genetica, in virtù della corretta interpretazione del secondo comma dell’art. 1815 c.c. – letto in connessione con il quarto comma dell’art. 644 cod. pen. – che sancisce la nullità della clausola, restano colpiti non solo gli interessi propriamente intesi, ma tutti gli oneri e le spese inclusi nel calcolo del TEG, compresi i premi assicurativi, escluse imposte e tasse, che, pertanto, debbono essere restituiti al mutuatario».

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