Gli atti dell’Ufficiale Giudiziario non sono impugnabili ex art. 617 c.p.c.
di Stefania Volonterio, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile, Sez. III, sent. 16 novembre 2023, n. 31913, Pres. De Stefano, Est. Rossetti
Esecuzione forzata – attività dell’Ufficiale Giudiziario (Cod. Proc. Civ. artt. 60, 534 ter, 591 ter, 610, 613)
Massima: “L’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c. può essere proposta solo contro gli atti del giudice dell’esecuzione, non contro gli atti dell’ufficiale giudiziario” (massima redazionale)
CASO
Il proprietario di un immobile locato, ottenuto provvedimento di sfratto per morosità del conduttore, chiede all’ufficiale giudiziario di procedere in via esecutiva.
L’ufficiale giudiziario inizia l’esecuzione dello sfratto ma, di fronte alla dichiarazione dell’esecutato circa la presenza nell’abitazione di beni mobili sottoposti ad un vincolo pignoratizio a favore di un terzo soggetto creditore, decide di proseguire nell’esecuzione poiché, così viene testualmente verbalizzato dall’ufficiale, “(come da prassi consolidata) in caso di esecuzione con beni pignorati la custodia degli stessi su comunicazione (via PEC) alla Cancelleria delle esecuzioni passa” dal debitore pignorato (e qui anche sfrattato) al creditore che procede allo sfratto “che, edotto, accetta con i doveri di legge”.
Il debitore propone opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il verbale dell’ufficiale giudiziario, sostenendo la nullità e l’inefficacia in ragione della “sostituzione” operata dall’ufficiale nella custodia dei beni mobili anteriormente pignorati.
Il giudice dell’esecuzione accoglie l’opposizione “limitatamente alla parte in cui [l’atto dell’ufficiale giudiziario] ha disposto la sostituzione con il creditore del custode già nominato sui beni mobili presenti all’interno dell’immobile”, mentre la rigetta in punto di contestazione della legittimità dell’immissione nel possesso dell’immobile operata dall’ufficiale giudiziario in favore del creditore.
Contro questa pronuncia il debitore ricorre quindi per cassazione sostenendo, in sintesi, l’errore nel quale sarebbe incorso il giudice dell’opposizione nel non aver considerato travolto da nullità l’intero atto dell’ufficiale giudiziario, nonchè l’intera esecuzione, per effetto della nullità della sostituzione nella custodia dei beni mobili.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, ritenuto “superfluo esaminare il merito” della doglianza, statuisce subito la cassazione senza rinvio del provvedimento impugnato per l’originaria inammissibilità dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. promossa dal debitore avverso il verbale dell’ufficiale giudiziario.
La Corte chiarisce, infatti, che “l’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c. può essere proposta solo contro gli atti del giudice dell’esecuzione, non contro gli atti dell’ufficiale giudiziario”, richiamando, sul punto, l’analogo principio espresso da Cass. 10898/2023, “che ha ritenuto improponibile l’opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso gli atti del commissario”.
Infine, la Suprema Corte precisa che “se l’ufficiale giudiziario compisse un atto illegittimo, il rimedio previsto dalla legge è il ricorso al giudice dell’esecuzione, e solo contro la decisione di quest’ultimo è consentita l’opposizione ex art. 617 c.p.c.”.
La pronuncia impugnata, quindi, e come anticipato, viene cassata senza rinvio.
QUESTIONI
La Corte di Cassazione affronta, in modo giustamente tranchant, una questione che non è giunta per la prima volta alla sua attenzione e che, senza dubbio, in concreto ha sovente una notevole rilevanza: la modalità con la quale reagire agli errori che si ravvisano (o alle omissioni) nell’operato dell’ufficiale giudiziario o, in termini più generali, in quello degli ausiliari del giudice.
Principio fondamentale è quello in base al quale deve considerarsi esclusa in radice la possibilità di impugnare gli atti di un ausiliario mediante i rimedi forniti dal Codice di Procedura Civile solo avverso i provvedimenti del giudice, tra i quali, appunto, l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.
Peraltro, si deve escludere anche la possibilità che gli atti degli ausiliari possano essere oggetto di un’azione ordinaria di cognizione volta all’accertamento della loro nullità o inefficacia, come chiaramente statuito da Cass. 5175/2018: “la giurisprudenza di questa Corte … ha escluso in radice autonoma impugnabilità, con azione ordinaria di cognizione, degli atti compiuti da qualunque ausiliario del giudice e, tra questi, di quelli dell’Ufficiale giudiziario”.
È infatti incontestabile che “l’ufficiale giudiziario … non emana nessun provvedimento, né preparatorio né finale”, come chiarito da Cass. 3030/1992, in un caso di opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il rifiuto dell’ufficiale giudiziario di procedere ad un pignoramento per asserita mancata consegna del titolo esecutivo da parte del creditore.
Soprattutto, poi, vi è che il Codice di Procedura Civile non lascia la parte sfornita di rimedi a propria tutela, ma dispone di apposite previsioni volte ad investire il giudice, in particolare il giudice dell’esecuzione, delle questioni nascenti dall’attività o dall’inattività dell’ufficiale giudiziario o degli altri ausiliari nello svolgimento delle attività loro assegnate dalla lege, e ciò, peraltro, con procedure (in teoria) più snelle rispetto a quelle propriamente impugnatorie (art. 617 c.p.c.) o di ordinaria cognizione, come ebbe a rilevare Cass. 3030/1992, poco sopra già citata, che affrontava un’opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso un’omissione dell’ufficiale giudiziario, e che indicava i mezzi dei quali tra poco si darà conto come più idonei a dare tutela alla parte “in maniera incisiva e sollecita maggiore di quanto potrebbe esserlo attraverso l’opposizione agli atti esecutivi”, che “si configura come mezzo la cui conclusione è soggetta ad ineludibili tempi di definizione, mentre l’intervento del giudice, volto a risolvere … il rifiuto dell’ufficiale giudiziario di compiere il pignoramento mobiliare, si presenta come un mezzo di sollecita definizione della questione”.
Come rilevato dalla giurisprudenza, gli atti degli ausiliari del giudice “vanno, invero, sottoposti esclusivamente al controllo del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 60 cod. proc. civ. – o nelle diverse, come nel caso dell’art. 591-ter cod. proc. civ., forme desumibili dalla disciplina del procedimento esecutivo azionato” (Cass. 5175/2018).
Ora, il citato art. 60 c.p.c. (che, per collocazione, è applicabile dinanzi a qualsiasi attività alla quale è chiamato l’ufficiale giudiziario, e quindi non solo per quelle – sebbene più frequenti e per certi aspetti più rilevanti – compiute nelle fasi prodromiche, iniziali o proprie del procedimento esecutivo) prevede che “Il cancelliere e l’ufficiale giudiziario sono civilmente responsabili:
1) quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che sono loro legalmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono stati delegati;
2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave.”
Tuttavia, è evidente che, da un lato, il detto art. 60 c.p.c. “stabilisce che, di fronte al rifiuto dell’ufficiale giudiziario di compiere atti del suo ufficio, la parte istante può rivolgersi al giudice dal quale l’ufficiale giudiziario dipende, perché fissi un termine entro il quale l’atto dell’ufficiale giudiziario sia compiuto”, sicchè “in questo modo, sarà fatta salva l’autonomia del funzionario di operare le proprie valutazioni, ma sarà anche rispettato l’interesse del creditore procedente ad un sollecito avvio dell’azione esecutiva” (così Cass. 3030/1992), ma anche che, dall’altro lato, esso “non contempla alcun reclamo per far dichiarare la nullità o l’illegittimità di un comportamento (commissivo) dell’Ufficiale Giudiziario” e “nemmeno può essere affermata, in via sommaria, la colpa grave, e quindi la responsabilità civile, ai sensi del già citato art. 60 cod. proc. civ., il cui accertamento non può che conseguire ad un ordinario giudizio di cognizione” (Cass. 25317/2016).
A completare la tutela della parte ci sono allora le altre specifiche norme previste dallo stesso Codice di Procedura, quali, ad esempio, l’art. 534 ter c.p.c., che prevede la possibilità delle parti di proporre “reclamo” al giudice dell’esecuzione mobiliare “avverso gli atti del professionista delegato o del commissionario”; l’art. 591 ter c.p.c., che prevede analogo reclamo avverso gli atti del professionista delegato nell’espropriazione immobiliare; l’art. 610 c.p.c., che, nella esecuzione per consegna o rilascio, ammette le parti a “chiedere al giudice dell’esecuzione, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti” laddove “sorgano difficoltà che non ammettono dilazione”; e ancora l’art. 613 c.p.c. che, nell’esecuzione degli obblighi di fare o non fare, prevede la possibilità (anche se ivi si cita solo l’ufficiale giudiziario) di chiedere la giudice dell’esecuzione le “opportune disposizioni” per “eliminare le difficoltà che sorgono nel corso dell’esecuzione”.
Si può quindi dire che l’ordinamento, che non ammette che gli atti posti in essere dagli ausiliari del giudice siano oggetto delle impugnazioni previste dal Codice di Procedura Civile solo per i provvedimenti del giudice, ammette però la possibilità di rivolgersi a quest’ultimo per reclamare tali atti degli ausiliari, ove previsto, o quantomeno per proporre istanze volte a lamentare attività od omissioni degli ausiliari e sollecitare il giudice ad adottare un provvedimento rimediale, che, questo, sì, sarà allora possibile oggetto di vera e propria impugnazione nelle forme previste dal Codice: “solo dopo che il giudice stesso si sarà pronunciato sull’istanza dell’interessato sarà possibile impugnare il suo provvedimento con le modalità di cui all’art. 617 cod. proc. civ.” (Cass. 5175/2018).
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