Gli “altri” strumenti giuridici della legge sul dopo di noi
di Sergio Pellegrino Scarica in PDFNei contributi pubblicati la scorsa settimana, abbiamo visto come la legge sul dopo di noi attribuisca al trust,strutturato nell’interesse esclusivo del soggetto affetto da gravi disabilità, significative esenzioni e agevolazioni fiscali.
Il comma 3 dell’articolo 1, che individua le finalità del provvedimento, e lo stesso articolo 6 del disegno di legge, così come approvato a febbraio dalla Camera dei Deputati, affermavano in modo chiaro l’“esclusività” del riconoscimento dei vantaggi fiscali al solo istituto del trust, evidentemente ritenuto quello maggiormente idoneo per soddisfare le esigenze di tutela dei disabili gravi.
Nel corso delle audizioni al Senato, dalle categorie professionali è però arrivata la richiesta di estendere le agevolazioni anche ad altri strumenti giuridici.
Si è mosso in questa direzione il Consiglio Nazionale del Notariato, sostenendo “l’opportunità che detta disciplina di favore possa trovare applicazione non solo al trust, ma anche ad altri istituti giuridici, astrattamente idonei allo scopo, assicurando al massimo la libertà di determinazione del cittadino nella scelta dello strumento più adeguato alla concreta situazione della persona con disabilità considerata”.
La richiesta è stata, fra gli altri, formulata anche dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, sebbene in questo caso motivata dall’incertezza circa l’ambito di applicazione delle agevolazioni fiscali.
Secondo il CNDCEC, il tenore letterale della disposizione del primo comma dell’articolo 6 non consentiva di comprendere se il legislatore si riferisse “unicamente agli atti a vantaggio di trust istituiti a favore di persone con disabilità grave, oppure più genericamente a tutti i trasferimenti (per causa di morte, donazione o a titolo gratuito) e a tutte le costituzioni di vincoli di destinazione effettuate a favore di persone con disabilità grave”.
Dubbi “esistenziali” del genere, a parer mio, in realtà non potevano sussistere in alcun modo, attesa la previsione del comma 3 dell’articolo 1 (“La presente legge è volta, altresì, ad agevolare erogazioni di soggetti privati e la costituzione di trust in favore di persone con disabilità, secondo le modalità e le condizioni previste dagli articoli 5 e 6 della presente legge”) e la rubrica stessa dell’articolo 6 (“Istituzione di trust a favore di persone con disabilità grave e agevolazioni tributarie”).
In ogni caso, a prescindere dalle motivazioni, il legislatore ha ritenuto di aderire all’istanza avanzata nel corso delle audizioni parlamentari, estendendo le misure di favore di carattere fiscale anche ad altri istituti giuridici.
Per questo motivo, nella versione finale della legge approdata in Gazzetta Ufficiale, il terzo comma dell’articolo 1 ha visto “ampliato” l’ambito degli istituti interessati dalle disposizioni di favore: “La presente legge é volta altresì, ad agevolare le erogazioni da parte di soggetti privati, la stipula di polizze di assicurazione e la costituzione di trust, di vincoli di destinazione di cui all’articolo 2645-ter del codice civile e di fondi speciali, composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario anche a favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, riconosciuta come persone giuridiche, che operano prevalentemente nel settore della beneficenza di cui al comma 1, lettera a), numero 3), dell’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, anche ai sensi del comma 2-bis dello stesso articolo, in favore di persone con disabilità grave, secondo le modalità e alle condizioni previste dagli articoli 5 e 6 della presente legge”.
Non solo trust, quindi, ma anche vincoli di destinazione e fondi speciali.
Ma la questione dell’“ampliamento” dell’ambito di applicazione delle agevolazioni è stata affrontata, a mio parere, in modo troppo semplicistico.
Sin dalla formulazione originaria del disegno di legge, il legislatore ha imposto infatti tutta una serie di vincoli (al trust) e obblighi (al trustee) molto rigorosi, condizionando il riconoscimento dei benefici fiscali all’attuazione di un programma che garantisca la cura e la soddisfazione dei bisogni del disabile, con l’obiettivo di evitare il rischio dell’istituzionalizzazione.
Limitandosi a estendere ad altri istituti giuridici l’ambito applicativo delle agevolazioni, il legislatore non ha colto (e nessuno evidentemente ha posto il problema) che questi non presentano le stesse caratteristiche del trust e non possono garantire gli stessi risultati, non prestandosi a realizzare programmi “articolati” quali quelli “pretesi” dalla stessa legge.
Questo è particolarmente evidente per gli atti di destinazione di cui all’articolo 2645-ter, che, non a caso, hanno avuto sin qui uno scarsissimo utilizzo.
Non si comprende nel contempo la necessità di prevedere il ricorso a fondi speciali, composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario anche a favore di ONLUS, il cui sviluppo è tutto da decifrare.
Soltanto la pratica professionale ci dirà se le perplessità che ho evidenziato sono o meno legittime, considerato il fatto che, in ultima istanza, la bontà delle scelte legislative si misura sempre con l’utilizzo concreto degli istituti giuridici da parte degli interessati.
Articolo tratto da “Euroconferencenews“