Il giudice della separazione può disporre l’affido endofamiliare del minore nel rispetto dei presupposti dell’istituto
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile sez. I, ordinanza n. 16569 11/06/2021
Giudizio di separazione – affido familiare del minore – compatibilità e principi applicabili
(Art. 337 ter c.c. – L. n. 184 del 1983 art. 4 – art. 333 c.c.)
Qualora nel corso di un giudizio per la separazione personale dei coniugi, si renda necessaria l’assunzione di provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale ex art. 333 c.c., può trovare applicazione la misura dell’affidamento familiare di cui alla legge 184/1983, ma il giudice non può derogare ai presupposti e alle prescrizioni dello specifico istituto, con particolare riferimento alla temporaneità del provvedimento e al necessario ascolto del minore.
CASO
La Corte d’appello di Torino, nel giudizio per la separazione personale dei coniugi, respingendo gli appelli dei genitori, confermava la decisione del tribunale di affidare in via temporanea la figlia minore alla zia paterna, sospendendo gli incontri con la madre e limitando gli incontri col padre, e attribuendo al Servizio Sociale il compito di monitorare la situazione e se del caso incrementare la frequentazione.
Nel giudizio di primo grado era emersa una relazione molto problematica tra i coniugi.
Le perizie svolte avevano confermato che la madre presentava “una personalità molto fragile caratterizzata da tratti ossessivi paranoici, sfociati in manifestazioni psicotiche” mentre il padre presentava una “personalità immatura, tono monocorde dell’umore, tratti ossessivi e aspetti persecutori che lo portano a manifestare richieste di aiuto alternate a modalità rivendicative”.
Il padre propone ricorso per Cassazione.
Con il primo motivo di ricorso si critica l’attività istruttoria svolta, in particolare il mancato ascolto della minore (all’epoca di nove anni) e dei nonni, ascolto che era stato espressamente richiesto.
Con il secondo motivo di ricorso si fa riferimento al mancato rispetto delle norme che disciplinano il diritto di visita paterno, anche in violazione degli artt. 6 e 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
Col terzo motivo il padre denuncia in particolare il mancato rispetto del principio dell’obbligatorietà dell’ascolto del minore, con conseguente nullità della sentenza.
La madre, replicando con un unico motivo di ricorso incidentale, denuncia la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 4, come modificato dalla L. n. 149 del 2001 e dal D.Lgs. n. 54 del 2013, che prevede la temporaneità della misura, finalizzata alla ricostruzione graduale del rapporto genitori-figli e al rientro del minore nella famiglia di origine, mentre tali aspetti non erano stati presi in considerazione dalla Corte, considerato che l’affido durava da quasi 5 anni.
Soluzione e percorso argomentativo seguito dalla Cassazione.
La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di ricorso riguardanti l’esatta applicazione dell’istituto dell’affidamento familiare dei minori, adottato nella fase di merito del procedimento di separazione personale.
La misura è prevista per supplire a condotte pregiudizievoli dei genitori ai sensi dell’art. 333 c.c., che non siano tali da dar luogo alla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c., e ben può declinarsi nelle forme dell’affidamento intra familiare, per l’esigenza di evitare al minore, insieme al trauma conseguente allontanamento dei genitori, quello di vedersi privato dell’ambiente familiare in cui è cresciuto (Cass. Civ. n. 28257 del 04/11/2019).
Dopo la riforma della filiazione – legge n. 219/2012 – il giudice ordinario innanzi al quale pende un giudizio di separazione, divorzio o altra controversia relativa al mantenimento e all’affidamento dei figli minori, è competente ad applicare i provvedimenti contenenti limitazioni della responsabilità genitoriale, che spetterebbero al tribunale minorile.
Tuttavia, l’attrazione di competenza del giudice ordinario impone di applicare l’istituto dell’affidamento familiare in presenza dei presupposti e secondo le regole dettate dalla legge n. 184 del 1983, ritenute non derogabili.
Un presupposto imprescindibile dell’affidamento familiare è l’ascolto del minore che ha compiuto i dodici anni o di età inferiore, in considerazione del suo grado di maturità.
Il mancato adempimento, previsto anche in via generale dall’art. 336 bis c.c., rende nullo il giudizio, se il giudice non fornisca specifica motivazione delle ragioni per le quali ha ritenuto di escluderlo.
La Corte territoriale non ha osservato neppure le prescrizioni di legge relative alla durata dell’affidamento che deve essere specificamente indicata.
Nell’ambito di un giudizio di separazione – specifica la Cassazione – è il giudice del tribunale ordinario a doversi conformare alle disposizioni sopra richiamate, e stabilire la durata dell’affidamento, che non può essere sine die, ma deve essere al massimo di due anni, prorogabili di volta in volta.
La Cassazione rileva infine anche un profilo di conflitto di interessi del minore verso entrambi i genitori tenendo conto delle limitazioni alla responsabilità genitoriale e al diritto di visita, dei contrasti esistenti tra i coniugi e della posizione da loro assunta anche nei confronti degli affidatari.
In questo caso i giudici avrebbero dovuto valutare in concreto l’opportunità di nominare un curatore speciale ex art. 78 c.p.c., per assicurare la regolare instaurazione del contraddittorio e non incorrere nella nullità delle attività processuali svolte (cfr. Cass. Civ. n. 3855 del 18/02/2014 e Cass. Civ. n. 21381 del 30/08/2018).
Questioni
La Corte ha rinviato il giudizio alla Corte di appello di Torino per il riesame delle questioni nel rispetto delle prescrizioni di legge relative all’istituto dell’affidamento familiare e ai principi collegati alla materia delle limitazioni della responsabilità genitoriale, solitamente di competenza del Tribunale per i minorenni (art. 336 c.c.). .
La sentenza ha posto l’accento su due punti cruciali del procedimento: l’ascolto del minore e la durata dell’affidamento che deve essere riconducibile agli interventi volti al recupero della famiglia di origine
Le norme sull’affido familiare sono state recentemente riformate dalla legge n. 173 del 19 ottobre 2015. Si tratta di uno strumento mirato a tutelare il minore, che ha una durata stabilita e che può terminare o con un rientro nella famiglia di origine o nella dichiarazione dello stato di adottabilità, quando i genitori non sono più in grado di adempiere la funzione genitoriale.
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