18 Febbraio 2025

Genitori si rifiutano di operare il figlio con trasfusioni di sangue proveniente da soggetti vaccinati: il giudice autorizza l’intervento

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Cass. Civ. Sez. I, ordinanza del 3 febbraio 2025 n. 2549 

Consenso ai trattamenti sanitari del minore (art. 3 comma V legge n. 219/2017)

Massima. “Nel contrasto tra l’opinione dei genitori e quella dei medici, il giudice tutelare deve individuare il miglior interesse del minore, nella soluzione che secondo una determinata letteratura scientifica e i protocolli dalla struttura sanitaria scelta dai genitori garantisce meglio la salute del minore”.

CASO

La vicenda che ha avuto notevole risonanza riguarda il rifiuto di due genitori di sottoporre ad un intervento cardiaco, necessario per una grave malformazione congenita, il loro figlio di due anni. I genitori ponevano come condizione per la prestazione del consenso che fosse utilizzato per le trasfusioni esclusivamente sangue di donatori non vaccinati contro il Covid 19, adducendo una motivazione di ordine scientifico/sanitario a causa della pericolosità della proteina Spike contenuta nel vaccino. L’opposizione era fondata anche sulla loro fede religiosa di cattolici, poiché per i vaccini sarebbero state utilizzate cellule di feti abortiti.

L’azienda sanitaria cui si erano rivolti spiegava che in base ai protocolli non poteva essere accettato il sangue di donatori privati raccolto dai genitori, di conseguenza il consenso condizionato dato dai genitori equivaleva a mancato consenso.

L’ospedale ricorre quindi al giudice tutelare di Modena per la nomina di un Curatore che nell’interesse del minore autorizzi l’intervento ritenuto necessario.

Il Giudice lo autorizza in forza della legge n. 219/2017 nota come legge sulle direttive anticipate di trattamento (legge DAT) che tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito senza il consenso libero e informato della persona interessata.

In tema di trattamenti sanitari su un minorenne si prevede (art. 3 comma II) che il consenso informato al trattamento sanitario del minore sia espresso o rifiutato da chi esercita la responsabilità genitoriale o dal tutore:

  1. tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità;
  2. avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità.

Ciò si traduce nel compito per i genitori di valorizzare il parere dei medici, e in genere della comunità scientifica, per legare la scelta ad un dato oggettivo.

Se i rappresentanti del minore rifiutano le cure proposte e il medico ritiene invece che queste siano adeguate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti c.c., del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria.

Prima dell’emanazione della legge si poneva rimedio tramite una temporanea limitazione o sospensione della responsabilità genitoriale. Nel caso in esame, anche il tribunale minorile era intervenuto con una pronuncia di sospensione della responsabilità genitoriale successivamente revocata.

L’intervento viene alla fine eseguito ma i genitori del bambino portano avanti la loro battaglia arrivando in Cassazione lamentando che è stato negato il diritto alla sua libertà religiosa in quanto cattolico e battezzato, elementi significativi della sua identità.

In ogni modo l’intervento giurisdizionale doveva essere limitato alla fattispecie disciplinata dall’ art. 3 legge 219/2017 per la sola sostituzione del consenso non prestato, e non allargato all’ambito della violazione delle responsabilità genitoriale di cui agli artt. 330 e ss. c.c.

SOLUZIONE

La Corte ha respinto il ricorso con le seguenti considerazioni. Dall’entrata in vigore della legge n. 219/2017 in tutti casi in cui i genitori o il tutore di un minore rifiutino le cure proposte e il medico le ritenga necessarie, deve ricorrersi al Giudice tutelare con la procedura di cui all’art 3 della stessa legge, e non al Tribunale minorile con un’istanza di sospensione o limitazione della responsabilità genitoriale.

Il fatto che il genitore rifiuti le cure appropriate potrebbe essere indicativo della non idoneità di uno o di entrambi i genitori al ruolo, ed in tal caso resta fermo il dovere del Pubblico Ministero o degli altri soggetti legittimati di adire il Tribunale per i minorenni ex art. 330 o 333 c.c. È quindi possibile che astrattamente si verifichi una contemporanea pendenza dei due procedimenti.

Ciò premesso si esamina in primo luogo la questione del consenso condizionato che secondo i giudici equivale un non consenso poiché la condizione posta non attuabile per la struttura scelta dai genitori, viziava l’intero consenso che doveva ritenersi non prestato, come correttamente ritenuto dal Giudice tutelare.

Le obiezioni basate sulla religione.

In primo luogo, l’intervento della Chiesa sulla questione dei vaccini anti Covid chiarisce che è moralmente accettabile l’uso dei vaccini con cellule di feti abortiti se c’è un grave pericolo, come la diffusione di un virus che ha generato una pandemia (lo Stesso Papa Francesco aveva invitato i fedeli a vaccinarsi contro il Covid).

Inoltre, nota la Corte, i genitori incorrono in un errore di diritto quando fanno coincidere la propria identità religiosa con quella del figlio minore di due anni. Deve considerarsi che le scelte religiose future del minore potrebbero essere diverse e pertanto non è accettabile che i genitori adottino decisioni per il minore in cui la loro fede religiosa sia assolutamente condizionante e prevalga in ogni circostanza sugli altri interessi del minore.

Il giudice del merito non ha commesso errori di diritto, poiché nel contrasto tra l’opinione dei genitori e quella dei medici ha individuato il miglior interesse del minore, nella soluzione che secondo la letteratura scientifica e i protocolli dall’ospedale meglio garantiva la salute del minore, in conformità all’art 3 cit. secondo il quale lo scopo da perseguire è “la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità”.

QUESTIONI

Il problema delle scelte religiose per il figlio minore, soprattutto in caso di contrasto tra i genitori, è stato affrontato dalla giurisprudenza di merito e di legittimità.

La stessa Corte Cassazione ha osservato che in tema di scelte religiose resta comunque preminente la considerazione del miglior interesse del minore, e del suo diritto ad una crescita sana ed equilibrata (Cass. Civ. n. 21916/2019; Cass. Civ. n. 12954/2018).

La libertà religiosa del genitore può essere compressa se comporta conseguenze pregiudizievoli per la salute psicofisica e lo sviluppo del minore ma il giudice dovrà sempre verificare il miglior interesse del minore astenendosi dall’esprimere un giudizio di valore. Il caso della Cassazione citata riguardava la scelta per il minore tra la religione cattolica del padre e quella dei Testimoni di Geova della madre a cui recentemente aveva aderito.

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