22 Dicembre 2020

Frazionamento unità immobiliare: mancato tempestivo adeguamento delle tabelle millesimali e carenza di legittimazione attiva dell’alienante in caso di omessa convocazione in assemblea degli acquirenti proprietari

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, sezione II, civile, sentenza del 31 marzo 2017 n. 8520 (Presidente dott. B. Bianchini, relatore dott. L. G. Lombardo)

Condominio – Determinazione del valore proporzionale delle singole proprietà – Tabelle millesimali – Incidenza sui diritti reali dei condomini – Mancato adeguamento delle tabelle millesimali – Ripartizione delle spese condominiali in base alle tabelle vigenti.

“In tema di condominio, le tabelle millesimali hanno funzione accertativa e valutativa delle quote condominiali, al fine di ripartire le relative spese e stabilire la misura del diritto di partecipazione alla volontà assembleare, ma non incidono sui diritti reali spettanti a ciascun condomino.”

“In tema di condominio di edifici, qualora le tabelle millesimali allegate al regolamento condominiale contrattuale non abbiano formato oggetto di modifica con il consenso unanime di tutti i condomini, ovvero con sentenza del giudice ex art. 69 disp. att. c.c., nonostante le variazioni di consistenza o di destinazione delle singole unità immobiliari, la ripartizione delle spese condominiali va effettuata in conformità alle tabelle stesse, salva la facoltà del condomino, richiesto del pagamento della quota di pertinenza, di proporre domanda, anche riconvenzionale, di revisione o modifica delle tabelle ai sensi del citato art. 69 nei confronti di tutti i condomini.”

“In tema di impugnazione delle deliberazioni delle assemblee condominiali, l’omessa convocazione di un condomino costituisce motivo di annullamento e non già di nullità delle deliberazioni assembleari assunte. Trova, quindi, applicazione in materia l’art. 1441 cod. civ., secondo il quale l’annullamento può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge. Ne consegue che il condomino convocato non è legittimato ad impugnare la delibera per omessa convocazione di altri condomini”.

CASO

Il condomino Tizio evocava avanti al Tribunale di Tivoli il Condominio affinché dichiarasse la nullità di una deliberazione assembleare, per avere l’amministratore del condominio omesso di inviare l’avviso di convocazione dell’assemblea agli acquirenti di alcune delle unità immobiliari, alienate dall’attore a terzi.

Tizio, infatti, era proprietario dell’unico locale seminterrato del condominio ed alienante di un appartamento e di un garage – ottenuti dal frazionamento del locale originario – e nonostante avesse dato comunicazione dell’avventura vendita dei ridetti beni all’amministratore di condominio ed indicazione dei nominativi dei nuovi acquirenti, quest’ultimo continuava ad imputare ad esso attore le spese condominiali relative all’integrale originaria unità immobiliare.

Il Tribunale adito accoglieva la domanda attorea e dichiarava la nullità della deliberazione oggetto della vertenza. Proposto gravame dal Condominio soccombente in primo grado, la Corte d’Appello, in parziale riforma della pronuncia impugnata, annullava la delibera assembleare, inquadrando il vizio di omessa di convocazione, tra quelli comportanti l’annullamento della delibera e non la nullità della stessa.

Avverso la sentenza del giudice di secondo grado, il Condominio presentava ricorso per Cassazione con atto affidato a quattro motivi. Resisteva il condomino Tizio con controricorso.

SOLUZIONE

Il Supremo Collegio, accogliendo solo il secondo motivo di ricorso presentato dal Condominio, cassava senza rinvio la sentenza impugnata per assenza di legittimazione attiva di Tizio e mancanza di uno specifico suo interesse ad agire per impugnare la delibera per omessa convocazione di altri condomini/terzi, riformando quindi la sentenza d’appello pronunciata a favore di Tizio

QUESTIONI

Nella pronuncia in rassegna,  prima di analizzare singolarmente i motivi di ricorso dedotti dal condominio, la Corte esamina il controricorso presentato dal condomino Tizio, in quanto avanzava istanza di declaratoria di estinzione del procedimento per intervenuta cessazione della materia del contendere, in ragione del fatto che nelle more del procedimento ed  in data antecedente al ricorso presentato dal condominio, venivano approvate le nuove tabelle millesimali, con le quali si teneva conto delle nuove unità frazionate e ricavate dall’attore, con riferimento all’originario unico locale. L’istanza veniva rigettata dal Supremo Collegio, in quanto l’approvazione delle nuove tabelle era intervenuta successivamente all’adozione della deliberazione impugnata, così rimanendo impregiudicata la questione circa la sua legittimità.

In ordine al ricorso presentato dal condominio, con il primo motivo quest’ultimo lamentava la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte di Appello omesso di considerare che, in presenza di tabelle millesimali allegate al regolamento condominiale di natura contrattuale, non era possibile convocare “soggetti diversi da quelli indicati espressamente nelle tabelle”.

A ben vedere della Suprema Corte, la censura risulta infondata, atteso che le tabelle millesimali di un condominio hanno funzione accertativa e valutativa delle quote condominiali; benché atte a ripartire le relative spese e stabilire la misura del diritto di partecipazione alla volontà assembleare, non possono incidere sui diritti reali spettanti a ciascun condomino[1].

Stante la riconosciuta facoltà di ciascun condomino di alienare in tutto o in parte l’immobile di sua proprietà esclusiva, il condominio è tenuto a prendere atto del trasferimento – anche parziale – della proprietà, provvedendo ad inviare la convocazione dell’assemblea ai nuovi proprietari.

Allorquando le tabelle millesimali allegate al regolamento condominiale contrattuale non abbiano formato oggetto di modifica con il consenso unanime di tutti i condomini ovvero con sentenza del giudice a norma dell’art. 69 disp. att. c.c., nonostante le variazioni di consistenza o di destinazione delle singole unità immobiliari; la ripartizione delle spese condominiali deve essere effettuata in ossequio alle tabelle stesse; fatta salva la facoltà del condomino, ove intenda contestare i criteri di ripartizione, di proporre domanda, anche riconvenzionale, di revisione o modifica delle tabelle ai sensi del succitato art. 69 disp. att. cc. nei confronti di tutti i condomini[2] ed ora, per effetto della riforma L.220/13, notificando il libello introduttivo al solo amministratore di condominio[3].

Orbene, la proprietà delle unità immobiliari facenti parte del condominio è indipendente dalle tabelle millesimali; dunque, il condominio è tenuto a prendere atto del trasferimento delle unità, e convocare gli effettivi proprietari che, quindi, hanno diritto di partecipare all’assemblea, fermo restando che i millesimi di proprietà devono essere calcolati sulla base delle tabelle vigenti, tanto ai fini del calcolo delle maggioranze assembleari, che ai fini del riparto delle spese.

Nel caso di specie, Tizio aveva diligentemente comunicato all’amministrazione l’avvenuta alienazione delle suddette unità immobiliari e, dunque, il condominio, contrariamente a quanto occorso, era tenuto a convocare in assemblea i nuovi proprietari.

Con il secondo motivo di ricorso il condominio deduceva la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere il giudice di seconde cure omesso di dichiarare inammissibile, per difetto di legittimazione attiva, la domanda di annullamento della delibera assembleare proposta dal condomino Tizio per la mancata convocazione di altri condomini (rectius: gli acquirenti delle unità frazionate).

Granitica giurisprudenza della Suprema Corte afferma, in tema di impugnazione delle deliberazioni delle assemblee condominiali, che l’omessa convocazione di un condomino costituisce motivo di annullamento, e non già di nullità, delle deliberazioni assunte dall’assemblea[4].

Detto principio viene scolpito all’art. 1137 comma 1 c.c. e poi indirettamente affermato in ulteriori disposizioni codicistiche tra cui l’art. 1133 c.c., ove viene prescritto che i provvedimenti presi dall’amministratore di condominio, nell’ambito dei suoi poteri, sono obbligatori per tutti i condomini. Ciò premesso, contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condominio assente, dissenziente ovvero astenuto può legittimamente adire l’autorità giudiziaria entro il termine perentori di trenta giorni, decorrente dalla data di deliberazione o comunicazione della delibera, in caso di condomino assente.

Nel caso di specie, l’assenza di legittimazione del condomino Tizio trova avvallo nell’art. 1441 c.c., secondo il quale l’annullamento può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse esso è stabilito dalla legge. Per tal ragione, il secondo motivo di ricorso veniva accolto dalla Supremo Collegio, atteso che Tizio, ritualmente convocato all’assemblea condominiale,  non avrebbe potuto impugnare la delibera per mancata convocazione di altro condomino, essendo carente di legittimazione attiva; ragion per cui la domanda proposta risultava improponibile ex articolo 382, ultimo comma c.c.

Il ragionamento fatto proprio dalla Suprema Corte e non accortamente valutato nei precedenti gradi di merito, ricalca le peculiari regole del processo civile, facendo leva sulle condizioni dell’azione, pervenendo all’accoglimento del ricorso presentato dal Condominio avverso le sentenze di accoglimento dell’impugnazione della delibera, in ragione della valutazione sull’improponibilità della domanda di impugnazione della delibera, in capo all’impugnate ed alla reale e concreta legittimazione a proporre impugnazione soltanto al reale portatore dell’interesse ad agire, nella fattispecie in esame , gli acquirenti delle unità frazionate, divenuti a pieno diritto condomini anch’essi.

[1] Cass., sez. 2, civ., sent. del 27.03.1988 n. 3251.

[2] Cass., Sez. 2, civ., sent. del 31.05.1988 n. 3701.

[3] Nuovo testo articolo 69 disp. att.cc L.220/13

[4] cfr. Cass., sez., civ., sent. del 01.08.2006 n. 17486; Cass., sez. 2, civ., sent. del 13.05.14 n. 10338.