Formulazione della proposta di definizione all’A.d.E. e termine per la domanda ai fini dell’omologa forzosa di un accordo di ristrutturazione dei debiti
di Silvia Zenati, Avvocato e Dottore Commercialista Scarica in PDFTribunale di Roma, 14 luglio 2023
Parole chiave Accordo di ristrutturazione dei debiti – richiesta di omologa – opposizione Agenzia delle Entrate – perfezionamento dell’intesa col ceto creditorio – richiesta di cram down
Massima: “La domanda di omologa degli accordi di ristrutturazione dei debiti può essere presentata solo successivamente alla manifestazione, da parte degli uffici competenti, dell’adesione o del diniego oppure al decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione della proposta senza che gli uffici componenti abbiano manifestato la loro volontà adesiva o non adesiva, potendo solo in questo caso effettuarsi il giudizio di cram down”.
Disposizioni applicate art. 48 comma 4 CCII, art.57 CCII, art. 63 commi 1, 2 e 2 bis CCII
Nella sentenza in commento, avente ad oggetto un ricorso depositato da una holding per ottenere l’omologa (eventualmente anche a seguito di intervento giudiziale ex art. 63 comma 2 bis CCII) di un accordo di ristrutturazione dei debiti, l’Agenzia delle Entrate presentava opposizione alla richiesta di omologa, premettendo di aver formalizzato la propria mancata adesione alla richiesta di transazione fiscale, deducendo le relative ragioni.
Il Tribunale osserva che, dalla lettura coordinata degli artt. 48 comma 4, 57, 63 commi 1, 2 e 2 bis CCII, si evince che la formulazione della proposta transattiva attiene alla fase delle trattative che precedono la stipula degli accordi di ristrutturazione e che la domanda di omologa di detti accordi può essere presentata solo dopo che sia intervenuta l’adesione, da parte dei competenti uffici, alla proposta transattiva o sia stato manifestato dagli stessi uffici il diniego alla proposta o sia decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione della proposta senza che i competenti uffici abbiano manifestato la loro volontà adesiva o non adesiva, potendo in questi ultimi due casi esplicarsi il giudizio di cram down da parte del tribunale.
Tale giudizio, continua il Collegio, non potrebbe essere effettuato quando è ancora pendente il termine entro il quale l’amministrazione fiscale e gli enti previdenziali devono esprimere la loro adesione o il loro diniego alla proposta, potendo verificarsi in tal caso un conflitto non risolubile tra previsioni contraddittorie. Si pensi all’ipotesi in cui il tribunale ritenga non conveniente la proposta transattiva e successivamente, ma nel termine di cui all’art. 63 comma 2 ultimo periodo CCII, gli uffici competenti aderiscano invece alla proposta. Invero, è proprio la fattispecie di formazione del silenzio rifiuto, congegnata dai corrimi 2 e 2bis dell’art. 63 CCII, ad imporre che il giudizio di cram down debba essere effettuato solo dopo il decorso di detto termine e che quindi alla data di deposito della domanda di omologa tale termine debba essere interamente decorso, non potendo ipotizzarsi che si adisca il tribunale per ottenere una pronuncia che sostituisca un atto non ancora compiuto e che potrebbe ancora compiersi.
Il Tribunale, inoltre, osserva che, ai sensi dell’art. 63 comma 1 CCII, la proposta di definizione del debito tributario e previdenziale deve essere trasmessa alla relativa autorità pubblica creditrice nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione degli accordi di ristrutturazione, venendosi, quindi, ad inserire nel contesto di una fattispecie procedimentale complessa, alla quale attengono anche le trattative intavolate con gli altri creditori aderenti, necessariamente prodromica al relativo perfezionamento che interviene in corrispondenza della conclusione degli accordi e che, per quel che concerne il creditore erariale o previdenziale, può manifestarsi in un espresso accoglimento o rifiuto della propria domanda o, in alternativa, nel decorso di novanta giorni dall’invio della richiesta in difetto di riscontro alcuno.
La proposizione della domanda di omologa, ex art. 48 comma 4 CCII presuppone, pertanto, che al momento dell’avvio del relativo procedimento l’intesa con il ceto creditorio, quanto agli aderenti, ovvero a soggetti ad essi equiparabili perché non soddisfatti integralmente, si sia completamente perfezionata e, pertanto, quanto al creditore erariale o previdenziale, sia già intervenuta adesione o reiezione della domanda presentata ai sensi dell’art. 63 bis CCII, ovvero siano trascorsi novanta giorni dal suo inoltro senza risposta alcuna. Il rispetto di tale presupposto è necessario affinché i creditori, nei trenta giorni successivi all’iscrizione nel registro delle imprese della domanda di omologa, possano presentare opposizione, onere, questo, che di certo non può predicarsi laddove, come nel caso di specie, sia stata chiesta la giudiziale omologa di accordi carenti del presupposto del preventivo perfezionamento nel rispetto delle forme tipiche all’uopo stabilite.
Il Tribunale ha pertanto escluso che il diniego manifestato dall’Agenzia delle Entrate relativamente alla richiesta presentata ex art. 63 CCII possa sanare il pregresso vizio che ab origine inficia la domanda di omologa; conseguentemente, ha ritenuto inammissibile il ricorso depositato, considerato, inoltre, che l’accordo risulta essersi perfezionato con titolari di crediti ragguagliati ad un valore inferiore al 60% richiesto dal comma 1 dell’art. 57 CCII.
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