I figli maggiorenni con handicap grave non sono equiparati ai figli minori ma il giudice può imporre al genitore non convivente un calendario per la frequentazione
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile sez. I, ordinanza 30/01/2023, n. 2670
Affidamento e mantenimento del figlio maggiorenne portatore di handicap
(art. 337 septies c.c. comma 2)
Massima: “Nella regolamentazione della crisi familiare, ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, in forza dell’art. 337 septies c.c. comma II, non può procedersi all’affidamento del figlio, ma possono applicarsi le disposizioni in tema di visite, di cura e di mantenimento da parte del genitore non convivente, previste in favore dei figli minori”.
CASO
Nel giudizio di divorzio, il Tribunale di Isernia aveva posto a carico del padre, a titolo di contributo al mantenimento dei due figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, il versamento dell’assegno mensile di euro 1.500,00, respingendo la richiesta di assegno divorzile in favore della moglie.
La donna aveva anche chiesto che fossero ampliati i tempi di visita del padre al figlio disabile ma i giudici avevano dichiarato inammissibile la domanda, trattandosi di figlio ormai maggiorenne.
La Corte d’appello dava ragione alla donna, alla quale riconosceva un assegno divorzile. Il marito era dirigente in banca e la moglie medico. Il matrimonio era durato diciotto anni. Il tribunale aveva ritenuto insussistente il diritto alla corresponsione dell’assegno divorzile sulla base della considerazione dell’autosufficienza economica della richiedente, senza considerare il suo contributo fondamentale alla gestione familiare – per essere rimasta a svolgere la sua attività professionale di medico presso la sede di Isernia – in modo tale da renderle possibile la cura dei figli e da permettere al marito di progredire nella carriera di dirigente anche tramite trasferimenti presso le sedi regionali della banca.
Inoltre, occorreva considerare l’assistenza e la cura prestata esclusivamente dalla donna al figlio affetto dalla sindrome di Dawn.
La Corte d’appello Molisana dichiarava infine ammissibile la domanda della madre di ottenere che il padre si recasse più spesso a trovare il figlio disabile, disponendo un calendario di visite, in forza dell’interpretazione estensiva dell’art. 337 septies c.c. comma 2, secondo cui “ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori”.
Pur non riferendosi la noma all’affidamento condiviso o esclusivo dei figli portatori di handicap, secondo la Corte, potevano essere applicate le norme sulla frequentazione, la cura ed il mantenimento da parte del genitore non convivente, previste per i figli minori (Cass. Civ. n. 12977/2012).
SOLUZIONE
Il giudice può intervenire nel conflitto familiare a tutela del figlio maggiorenne con handicap, regolando tempi e modalità di frequentazione del genitore non convivente.
Con l’ordinanza in esame, la Corte fornisce la corretta interpretazione dell’art. 337 septies c.c. comma 2, specificando che la norma non ha lo scopo di individuare una generalizzata incapacità dei portatori di handicap, equiparandoli ai minorenni.
Infatti, i portatori di handicap grave, così come definiti dalla L. n. 104 del 1992, possono avere solo menomazioni di carattere fisico e conservare pienamente la propria capacità di intendere e di volere, e quindi non possono essere considerati automaticamente privi della capacità di agire.
Per questo motivo non potranno essere affidati in via esclusiva o condivisa ad un genitore, ma in loro favore potranno essere applicate le norme sulla presenza, le visite, la cura ed il mantenimento da parte del genitore non convivente, oltre alla previsione di assegnazione della casa coniugale (Cass. Civ. n. 21819/2021).
Lo Statuto della famiglia del portatore di handicap.
La sentenza della Cassazione ha espresso un principio di diritto, facendo riferimento all’esigenza di collaborazione nelle famiglie con figli portatori di handicap grave.
Anche in forza dei principi contenuti nell’art. 30 comma 2 della Costituzione e delle leggi vigenti a tutela delle persone con handicap, si va sviluppando uno “Statuto della famiglia del portatore di handicap” in cui l’impegno quotidiano di cura e di assistenza deve investire pariteticamente entrambi i genitori. Ciò consente di configurare il c.d. “diritto di visita” del genitore non convivente non solo come un diritto, ma come un dovere di partecipazione e di condivisione dell’assistenza e della cura del figlio.
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