Fideiussioni e decreti ingiuntivi: registro proporzionale al 3%
di Redazione Scarica in PDFIl decreto ingiuntivo recante la “condanna al pagamento di somme o valori”, ottenuto dal fideiussore nei confronti del debitore principale nell’ambito dell’azione di regresso, è soggetto ad imposta di registro proporzionale nella misura del 3%, ai sensi dell’articolo 8 della tariffa, parte I, del D.P.R. 131/1986, “senza involgere l’applicazione del principio di alternatività Iva/registro”.
È questo il chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 22/E di ieri in risposta alla richiesta di consulenza formulata da un proprio ufficio.
La questione trae origine dal controverso orientamento della Corte di Cassazione circa la tassazione, ai fini del Registro, dei decreti ingiuntivi recanti la “condanna al pagamento di somme a favore del fideiussore precedentemente escusso dal creditore del rapporto obbligatorio principale, quest’ultimo ricadente in ambito Iva”.
In passato, con la sentenza del 12 luglio 2013, n. 17237, la Cassazione aveva affermato l’irrilevanza della natura accessoria del contratto di fideiussione in ambito tributario, dando rilievo al principio dell’autonomia dei singoli negozi.
Successivamente, la medesima Corte ha emesso diverse sentenze (Cassazione, ordinanza n. 140/2014, nonché n. 16192/2014; n. 16308/2014; n. 16977/2014) con le quali ha riconosciuto invece la “natura accessoria della fideiussione in relazione al rapporto obbligatorio principale […]” e statuito la correttezza della tassazione degli atti giudiziari in commento con imposta di registro in misura fissa, in applicazione del noto principio di alternatività Iva/registro.
Infine, più di recente, la Cassazione ha nuovamente mutato il proprio orientamento circa la fattispecie in esame con una serie di pronunce relative per lo più al 2015 (Cassazione, sentenze n. 20262/2015, n. 20263/2015, n. 20969/2015) ed in particolare con la sentenza n. 20266 del 9 ottobre 2015.
Secondo l’attuale orientamento della Suprema Corte, la complessiva operazione risulta scindibile in più rapporti, distinti e autonomi, quali:
- quello tra creditore e debitore principale;
- quello tra creditore e garante (che viene escusso);
- quello tra garante e debitore.
Con particolare riferimento a quest’ultimo rapporto (tra garante e debitore), a parere della Cassazione: “l’affermata unitarietà ed inscindibilità dell’operazione è esclusa dal fatto che il titolo da cui scaturisce il debito principale è del tutto distinto dalla polizza fideiussoria, dalla quale è derivata la prestazione di garanzia, stipulata tra debitore principale e garante in favore del terzo creditore […]”.
Come correttamente osservato dalla Corte, quando il fideiussore chiede l’emissione del decreto ingiuntivo, questi non fa valere il credito da corrispettivo (eventualmente pattuito) per la prestazione resa al debitore, ma esercita i diritti già spettanti al creditore a seguito del pagamento da lui eseguito. Di conseguenza, il titolo giudiziario ottenuto non ha ad oggetto il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti ad Iva e deve essere registrato con aliquota proporzionale al valore della condanna.
Alla luce di tali considerazioni, l’Agenzia chiude la disamina ritenendo che, con riferimento alla fattispecie in esame, non operi il principio di alternatività Iva/registro con la conseguente applicazione dell’imposta di registro nella misura del 3% ai sensi dell’articolo 8 della tariffa, parte I, del D.P.R. 131/1986.
Articolo tratto da “Euroconferencenews“