Estinzione tipica e atipica del processo esecutivo: l’errore nella scelta del mezzo d’impugnazione è fatale
di Stefania Volonterio, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile, Sez. III, sent. 23 gennaio 2023, n. 1991, Pres. De Stefano, Est. Tatangelo
Espropriazione immobiliare – pubblicazione dell’avviso di vendita – estinzione del processo esecutivo – reclamo – opposizione agli atti esecutivi (Cod. Proc. Civ. artt. 490, 617, 630, 631 bis)
Massima: “Il termine eventualmente assegnato dal giudice dell’esecuzione ai creditori per l’anticipazione delle spese di pubblicità (incluso il contributo per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche previsto dall’art. 18 bis del D.P.R. n. 115 del 2002) ha carattere ordinatorio e non perentorio e il suo mancato rispetto, anche laddove ad esso consegua l’impossibilità di fissare la vendita, cioè di porre in essere l’atto indispensabile per la prosecuzione del processo esecutivo, non determina l’estinzione (c.d. tipica) di quest’ultimo ai sensi dell’art. 631 bis c.p.c. (da accertarsi e dichiararsi con provvedimento eventualmente impugnabile ai sensi dell’art. 630 c.p.c., sia in caso di sua emissione che in caso di mancata emissione) ma, al più, l’improseguibilità dello stesso (da accertarsi e dichiararsi con provvedimento di chiusura anticipata della procedura, spesso impropriamente definita anche come cd. “estinzione atipica”, contestabile esclusivamente con l’opposizione gli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.” (massima redazionale)
CASO
Nel corso di una procedura di espropriazione immobiliare, i debitori esecutati hanno proposto reclamo ex art. 630 c.p.c. avverso il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione ha respinto la loro istanza di estinzione del processo, che i debitori esecutati hanno fondato sul mancato versamento da parte della creditrice procedente dei fondi necessari per pubblicizzare l’ordinanza di vendita dell’immobile staggito.
A motivo del reclamo i debitori esecutati hanno sostenuto che, il mancato rispetto del termine, secondo loro perentorio, dato dal giudice per il versamento delle dette spese, ha comportato l’estinzione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 631 bis c.p.c..
Il giudice dell’impugnazione ha respinto il reclamo e confermato la decisione del primo giudice, il quale, in sintesi, ha escluso l’applicabilità dell’art. 631 bis c.p.c. al caso di specie perché il creditore procedente, allorchè sollecitato, ha poi effettuato il pagamento dovuto, di fatto permettendo alla procedura di proseguire nei tempi inizialmente fissati dal giudice dell’esecuzione.
Il reclamo è stato respinto anche in ragione dell’impossibilità, a fronte dell’utilizzo, nel caso concreto, del mezzo di impugnazione di cui all’art. 630 c.p.c., di analizzare le altre doglianze spese dei debitori esecutati, quali l’omessa declaratoria di improcedibilità della esecuzione forzata per essere imputabile a grave negligenza del creditore il mancato (rectius, tardivo) versamento delle somme per la pubblicità della vendita.
I debitori esecutati hanno impugnato il provvedimento di rigetto del reclamo dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione chiarisce subito che la decisione impugnata è conforme ai principi consolidati enunciati in materia dalla Corte stessa, e secondo i quali “il mancato rispetto del termine perentorio per la pubblicazione dell’avviso di vendita sul portale delle vendite pubbliche determina l’estinzione (tipica) dell’esecuzione forzata ex art. 631 bis c.p.c., mentre il mancato rispetto di quello ordinatorio per l’anticipazione delle spese di pubblicità (incluso il contributo per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche prescritto dall’art. 18 bis del DPR n. 115 del 2002) comporta l’impossibilità per la parte di compiere l’atto indispensabile per la prosecuzione del processo esecutivo, e la conseguente pronuncia di improseguibilità dello stesso, in quanto l’estinzione ex art. 631 bis c.p.c. per omessa pubblicazione dell’avviso di vendita sul portale delle vendite pubbliche presuppone che il termine per la relativa pubblicazione – fissato dal giudice dell’esecuzione o dal professionista delegato, o implicitamente desunto dal riferimento dell’art. 490, comma 3, c.p.c., al periodo di ‘almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte’ – sia spirato invano in conseguenza dell’inerzia (o dell’inadempimento) del creditore”.
In base a questi principi, prosegue la Corte, il termine assegnato al creditore procedente per anticipare le spese di pubblicità della vendita immobiliare, tra le quali vi è quella per la pubblicazione di cui si tratta nel caso de quo, è quindi un termine ordinatorio e non perentorio, sicché dal suo mancato rispetto non può conseguire l’estinzione del giudizio ex art. 631 bis c.p.c. ma, al più, una declaratoria di improcedibilità dell’esecuzione che determina la chiusura anticipata della procedura stessa.
Precisa poi la Suprema Corte che, nel caso di estinzione anticipata ex art. 631 bis c.p.c., che è una c.d. “estinzione tipica”, la relativa pronuncia, come del resto reso esplicito dalla stessa citata norma, può essere oggetto di reclamo ex art. 630 c.p.c.. Di contro, in un caso di improcedibilità, “da accertarsi e dichiararsi con provvedimento di chiusura anticipata della procedura, spesso impropriamente definita come c.d.”estinzione aticipa”, questo provvedimento sarà impugnabile solo con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., e non con il rimedio di cui all’art. 630 c.p.c.
Posta questa distinzione, la Corte conclude, nel rigettare il ricorso dei debitori esecutati, che l’avere questi ultimi esperito il rimedio di cui all’art. 630 c.p.c. (del quale non hanno peraltro richiesto al giudice una riqualificazione od una conversione in opposizione ex art. 617 c.p.c.) per fare valere non un motivo di estinzione del giudizio bensì una questione di improcedibilità, ha reso impossibile al giudice dell’impugnazione la valutazione di motivi, appunto, non proponibili con quel mezzo: “l’eventuale sussistenza di una causa di improcedibilità dell’esecuzione non avrebbe in nessun caso potuta essere fatta valere con il reclamo al tribunale in composizione collegiale di cui all’art. 630 c.p.c., dovendo essere a tal fine proposta, se del caso, l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.”.
QUESTIONI
La Corte di Cassazione affronta nuovamente la questione della c.d. estinzione tipica o atipica del processo esecutivo, distinzione che, come intuitivo, separa le ipotesi nella quali la procedura esecutiva subisce un prematuro arresto per casi previsti esplicitamente dalla legge (ad esempio dagli artt. 629, 630, 631 e 631 bis c.p.c.) dalle ipotesi nelle quali alla medesima conclusione prematura si giunge per motivi non codificati.
Ricordiamo che un caso di c.d. chiusura atipica è comunque considerato, ad esempio, anche quello, pur codificato, di cui all’art. 164 bis disp. att. c.p.c., a mente del quale “quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.
La distinzione tra “estinzione tipica” ed “estinzione atipica” (anche se, come rilevato dalla stessa Corte nella sentenza in commento, quest’ultima dovrebbe più propriamente definirsi “improcedibilità” o “chiusura anticipata” e non “estinzione”) ha rilevantissime conseguenze, soprattutto in termini di impugnazione.
Anche la sentenza in commento, infatti, e in un solco ormai consolidato, da un lato ribadisce che un provvedimento di estinzione per causa “tipica” è impugnabile con il reclamo di cui all’art. 630 c.p.c. (che investe della questione il tribunale in composizione collegiale), mentre lo stesso rimedio non può essere esperito contro il provvedimento che chiude il procedimento per causa “atipica”, contro il quale potrà essere proposta solo l’opposizione agli atti esecutivi.
Dall’atro lato, evidenzia chiaramente che l’errore nel mezzo di impugnazione è in questo caso irrimediabile, come già ad esempio chiarito da Cass. 6 aprile 2022 n. 11241: “E’ inammissibile il reclamo ex art. 630 c.p.c. per impugnare il provvedimento di chiusura anticipata (cd. “estinzione atipica”) del processo esecutivo, il quale è assoggettato esclusivamente al rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.; la predetta inammissibilità non è suscettibile di sanatoria, né il reclamo può essere riqualificato in opposizione agli atti esecutivi, sia per l’impossibilità di attribuire alla domanda una qualificazione diversa da quella espressamente voluta dalla parte, sia per la destinazione dell’atto al collegio (anziché al giudice dell’esecuzione), sia per la struttura necessariamente bifasica dell’opposizione ex art. 617 c.p.c.”.
L’operatore è quindi chiamato a prestare particolare attenzione al motivo per il quale si è giunti ad una prematura chiusura della procedura esecutiva, e ciò non solo per valutare quale sia il corretto rimedio esperibile, ma anche, ad esempio, per le importanti conseguenze che tale motivo di chiusura ha sull’effetto interruttivo della prescrizione, ai sensi dell’art. 2945, comma 2, c.c., determinato dalla notifica dell’atto di pignoramento. In questo caso, non viene infatti in rilievo solo la valutazione della tipicità o atipicità della causa della chiusura dell’esecuzione, ma anche l’imputabilità o meno al creditore procedente di tale chiusura: “in tema di prescrizione, l’effetto interruttivo permanente dell’atto di pignoramento si protrae, agli effetti dell’art. 2945, comma 2, c.c., fino al momento in cui il processo esecutivo abbia fatto conseguire al creditore procedente, in tutto o in parte, l’attuazione coattiva del suo diritto ovvero, alternativamente, fino alla chiusura anticipata del procedimento determinata da una causa non ascrivibile al creditore medesimo, mentre, in caso contrario, all’interruzione deve riconoscersi effetto istantaneo, a norma dell’art. 2945, comma 3, c.c.” (così Cass. 9 maggio 2019, n. 12239).
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