26 Gennaio 2021

Estinzione dell’opposizione ed efficacia di giudicato del decreto ingiuntivo

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2020, n. 25879 – Pres. Vivaldi – Rel. Rossetti

Decreto ingiuntivo – Estinzione del giudizio di opposizione – Definitività – Accertamento in altro giudizio tra le stesse parti – Efficacia di giudicato

[1] L’accertamento definitivo dell’inoppugnabilità del decreto ingiuntivo, conseguente all’estinzione del relativo giudizio di opposizione, intervenuto in altro giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo tra le medesime parti, ha efficacia di giudicato nell’opposizione avverso il precetto notificato in forza del decreto ingiuntivo dichiarato inoppugnabile.

Opposizione a decreto ingiuntivo – Giudizio di appello – Rimessione della causa in primo grado – Mancata riassunzione – Estinzione del processo – Effetti sul decreto ingiuntivo – Definitività

[2] L’estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo in conseguenza della mancata riassunzione del processo a seguito di sentenza d’appello emessa ai sensi dell’art. 353 c.p.c. determina la definitiva inoppugnabilità del provvedimento monitorio, in virtù di quanto stabilito dall’art. 653 c.p.c.

CASO

La società proprietaria di un terreno destinato allo stoccaggio di rifiuti otteneva nei confronti della società locatrice due decreti ingiuntivi: il primo per il pagamento dei canoni maturati nell’anno 2009; il secondo per il pagamento di quelli riferiti agli anni 2010 e 2011.

Il primo giudizio di opposizione si estingueva senza alcuna statuizione sulla sorte del provvedimento monitorio, dal momento che, riformata in appello la sentenza di primo grado che si era limitata a dichiarare il difetto di giurisdizione e di competenza, nessuno provvedeva a riassumere il processo ai sensi dell’art. 353 c.p.c.

Nel secondo giudizio di opposizione, cui partecipava non solo la conduttrice, ma anche la provincia, individuata come debitrice dei canoni in questione per essere subentrata nel contratto di locazione e per tale motivo chiamata in causa, il tribunale affermava che tenuta a pagare i canoni per gli anni 2010 e 2011 era la provincia, mentre per quelli relativi al 2009, oggetto del primo decreto ingiuntivo, faceva stato quest’ultimo, divenuto inoppugnabile a causa della mancata riassunzione del giudizio di opposizione.

Passata in giudicato tale sentenza, il primo decreto ingiuntivo veniva spedito in forma esecutiva e notificato alla società conduttrice con l’atto di precetto, avverso il quale era proposta opposizione: mentre l’adito Tribunale di Milano la respingeva, la Corte d’appello, riformando la statuizione di primo grado, affermava che il decreto ingiuntivo era stato implicitamente revocato dalla sentenza che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione, sicché impropriamente era stato munito della formula esecutiva.

Avverso tale pronuncia, la società creditrice interponeva ricorso per cassazione, invocando l’efficacia di giudicato esterno della sentenza emessa all’esito del secondo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e lamentando che la declinatoria di giurisdizione pronunciata nell’ambito del primo non poteva avere comportato la caducazione del provvedimento monitorio.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ravvisando l’efficacia conformativa della sentenza emessa nel giudizio di opposizione al secondo decreto ingiuntivo quanto all’accertamento dell’inoppugnabilità del primo.

[2] In considerazione del rilievo nomofilattico della questione, i giudici di legittimità hanno, altresì, dichiarato che alla mancata riassunzione del primo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è conseguita la sua definitività.

QUESTIONI

[1] La pronuncia che si annota contiene due statuizioni, entrambe meritevoli di attenta considerazione.

La prima riguarda gli effetti attribuibili all’affermazione dell’efficacia definitiva di un decreto ingiuntivo (avente per oggetto i canoni di locazione maturati nel 2009) contenuta in una sentenza emessa nell’ambito di un giudizio di opposizione ad altro decreto ingiuntivo (riguardante i canoni di locazione maturati negli anni 2010 e 2011).

Sotto questo profilo, i giudici di legittimità hanno osservato che la sentenza contenente tale affermazione:

  • era stata emessa nel contraddittorio di tutti i soggetti interessati (società locatrice, che aveva ottenuto l’emissione dei due provvedimenti monitori; società conduttrice, destinataria di entrambe le ingiunzioni; ente provincia, evocato in giudizio quale effettivo debitore dei canoni, in qualità di cessionario del contratto di locazione);
  • aveva espressamente preso in considerazione l’eccezione formulata dall’ente provincia, che, per affermare la propria estraneità al rapporto locatizio, aveva invocato l’autorità di giudicato del primo decreto ingiuntivo, divenuto definitivo e inoppugnabile a seguito della mancata riassunzione del giudizio di opposizione;
  • per giudicare su tale eccezione, aveva, dunque, dovuto necessariamente prendere in esame, in via diretta e non incidentale, la questione inerente all’inoppugnabilità del primo decreto ingiuntivo, sicché su di essa, una volta divenuta definitiva la sentenza pronunciata all’esito del secondo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, si era formato il giudicato.

Di riflesso, tale giudicato, inerente alla definitività e all’inoppugnabilità del primo decreto ingiuntivo, esplicava effetti anche nel giudizio di opposizione avverso il precetto notificato in forza di esso, in applicazione del principio, sancito dall’art. 2909 c.c., secondo cui l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi e aventi causa a ogni effetto (ossia, sia in positivo che in negativo, al di fuori del processo in cui il giudicato si è formato).

Il giudicato – che pure non si estende a tutto ciò che il giudice possa avere affermato o esposto nelle argomentazioni di una sentenza – inerisce ai fatti, alle situazioni o ai rapporti che abbiano costituito oggetto di deliberazione e di pronuncia in una sentenza idonea a concludere il giudizio, ove il punto controverso sia stato realmente oggetto di decisione al fine di fissarne irrevocabilmente i termini; d’altro canto, il cosiddetto giudicato esterno, che si forma nel corso o al termine di un altro processo che abbia visto coinvolte le medesime parti, fa stato non solo sulla statuizione finale, ma su tutto ciò che ha formato oggetto della decisione, ivi compresi gli accertamenti costituenti il presupposto logico-giuridico della stessa (alla stregua della formula, di uso assai frequente, per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile).

[2] Con la seconda statuizione, invece, è stata analizzata la sorte del decreto ingiuntivo nel caso in cui il giudizio di opposizione si sia estinto per effetto della sua mancata riassunzione a seguito di sentenza d’appello che abbia disposto la rimessione del processo davanti al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 353 c.p.c.

Sulla scorta dei principi affermati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 4071 del 22 febbraio 2010, è stato osservato che:

  • l’art. 338 c.p.c. prevede che l’estinzione del procedimento di appello fa passare in giudicato la sentenza impugnata, salvo che ne siano stati modificati gli effetti con provvedimenti pronunciati nel procedimento estinto (i quali, per consolidato orientamento, debbono avere carattere decisorio e non ordinatorio, dovendosi – dunque – trattare di sentenze non definitive);
  • l’art. 653 c.p.c. (a mente del quale, se è dichiarata con ordinanza l’estinzione del processo di opposizione a decreto ingiuntivo, quest’ultimo, qualora non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva) costituisce applicazione di questo principio generale, perché, quando prevede che l’estinzione del giudizio di opposizione rende esecutivo il decreto opposto, vi attribuisce efficacia di giudicato;
  • l’art. 393 c.p.c. (in base al quale, dopo la pronuncia di una sentenza di cassazione con rinvio, la mancata riassunzione della causa davanti al giudice del rinvio o l’estinzione del giudizio di rinvio determina l’estinzione dell’intero processo) deroga ai suddetti principi solo apparentemente, giacché la sentenza d’appello, al contrario di quella di legittimità, è sempre sostitutiva della sentenza di primo grado, sia quando la riformi, sia quando la confermi, con la conseguenza che non potrebbe acquisire efficacia di giudicato un provvedimento (quello emesso in primo grado) che, essendo ormai stato sostituito dalla sentenza di appello, rimane anch’esso travolto dalla cassazione della decisione sostitutiva.

In altre parole, l’effetto sostitutivo attribuibile alla sentenza di appello giustifica la regola di cui all’art. 393 c.p.c., la quale, a propria volta, risulta coerente con quella dettata dall’art. 338 c.p.c., proprio perché, con la pronuncia del giudice d’appello, la sentenza di primo grado perde in modo definitivo quell’efficacia idonea a produrre una stabilizzazione in conseguenza dell’estinzione del processo, non potendo beneficiare di una sorta di reviviscenza.

Nella pronuncia delle Sezioni Unite, sono state, dunque, individuate due distinte ipotesi di estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: una prima, conseguente alla mancata riassunzione del processo dopo la pronuncia di una sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 383 c.p.c.; una seconda, conseguente ad altre cause.

Nella prima ipotesi, la disciplina di riferimento è recata dall’art. 393 c.p.c. e la mancata riassunzione determina la perdita di efficacia del decreto ingiuntivo (in realtà, nella pronuncia della Sezioni Unite, tale conseguenza è ricollegata solo alla mancata riassunzione del giudizio di rinvio conseguente alla cassazione di una decisione di accoglimento, in primo grado o in appello, dell’opposizione proposta contro un decreto ingiuntivo, atteso che, nel diverso caso di rigetto dell’opposizione, all’estinzione del relativo giudizio viene ricollegato il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto ai sensi dell’art. 653, comma 1, c.p.c.).

Nella seconda ipotesi, norma princeps è l’art. 653 c.p.c., sicché la mancata riassunzione non travolge il provvedimento monitorio.

Applicando tali principi al caso di specie, riconducibile alla seconda delle due ipotesi innanzi delineate, si sarebbe, quindi, dovuto concludere che:

  • la sentenza pronunciata dalla corte d’appello nel giudizio di opposizione al primo decreto ingiuntivo (che aveva riformato la declinatoria di giurisdizione resa in primo grado) aveva modificato le statuizioni contenute nella sentenza appellata, di modo che quest’ultima non poteva sopravvivere all’estinzione del giudizio (conseguente, ex 307 c.p.c., alla mancata riassunzione del processo a seguito del rinvio disposto ai sensi dell’art. 353 c.p.c.);
  • di conseguenza, il decreto ingiuntivo era divenuto inoppugnabile in virtù di quanto stabilito dall’art. 653 c.p.c.;
  • le previsioni dettate dall’art. 393 c.p.c. non potevano trovare applicazione nel caso di specie, in quanto applicabili solo quando la mancata riassunzione riguardi il giudizio di rinvio conseguente a una sentenza di legittimità, dal momento che solo questa, al contrario delle sentenze d’appello, non ha effetto sostitutivo della pronuncia di primo grado.

Anche per questa via, pertanto, l’opposizione a precetto proposta dalla società conduttrice non poteva trovare accoglimento, in quanto fondata sulla presunta (ma, in realtà, non verificatasi) inefficacia del decreto ingiuntivo in forza del quale era stata notificata l’intimazione di pagamento.

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