14 Maggio 2024

Esistenza e certezza del controcredito sono presupposti indispensabili per l’operatività della compensazione

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. I, 3 novembre 2023, n. 30677 – Pres. De Chiara – Rel. Nazzicone

Parole chiave: Obbligazioni – Modi di estinzione – Compensazione – Legale e giudiziale – Presupposti e requisiti – Certezza del credito opposto in compensazione – Necessità

[1] Massima: “La compensazione legale si distingue da quella giudiziale per il fatto che, nella prima, la liquidità dei crediti sussiste prima del giudizio, mentre, nella seconda, la liquidazione del controcredito viene effettuata dal giudice, in quanto la reputi pronta e facile (come prescritto dall’art. 1243, comma 2, c.c.); in entrambi i casi, i due controcrediti, oltre che omogenei ed esigibili, debbono esistere ed essere certi, sulla base dei rispettivi titoli costitutivi, sicché, in difetto di tale requisito, il giudice non potrà disporre alcuna compensazione (legale o giudiziale)”.

Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1241, 1242, 1243

CASO

Una società cooperativa, capogruppo di un’associazione temporanea di imprese che aveva ricevuto in concessione lavori e servizi inerenti alla gestione di una casa di riposo, proponeva opposizione all’esecuzione che la curatela di un’altra società appartenente al medesimo raggruppamento aveva avviato nei suoi confronti in forza di un decreto ingiuntivo avente per oggetto il pagamento del corrispettivo di lavori di progettazione e fornitura di arredi.

Il Tribunale di Forlì, con sentenza confermata dalla Corte d’appello di Bologna, accoglieva solo parzialmente l’opposizione, rigettando l’eccezione di compensazione sollevata dalla cooperativa – che aveva affermato l’esistenza di un credito risarcitorio per inadempimento imputabile alla società poi fallita – perché avrebbe dovuto farla valere nell’ambito del giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo, essendo il credito sorto prima della sua emissione, nel momento in cui i lavori commissionati dall’amministrazione comunale non erano stati eseguiti, con conseguente obbligo per la cooperativa capogruppo di sostenere i costi per la loro esecuzione (mentre non assumeva rilievo il fatto che ai lavori in questione fosse stato concretamente dato corso solo in un momento successivo).

La sentenza di secondo grado era impugnata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che l’operatività della compensazione (legale o giudiziale) presuppone la certezza dell’esistenza del controcredito, sicché, se esso è sorto prima della pronuncia del decreto ingiuntivo, andrà eccepita nel giudizio di opposizione tempestivamente promosso nel termine previsto dall’art. 641 c.p.c., mentre potrà essere dedotta in sede di opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., se il controcredito è venuto in essere successivamente alla formazione del titolo esecutivo.

QUESTIONI

[1] La compensazione è un modo di estinzione dell’obbligazione che si verifica in presenza di due crediti reciproci che abbiano fonte autonoma, nel senso che, quand’anche rinvengano il loro comune presupposto nel medesimo rapporto, siano fondati su titoli di diversa natura (per esempio, l’una contrattuale e l’altra extracontrattuale); in caso contrario, infatti, la valutazione delle reciproche pretese si risolve in un mero accertamento contabile, che non fa venire in rilievo la disciplina della compensazione dettata dagli artt. 1241 e seguenti c.c. (motivo per cui si parla di compensazione impropria).

In linea generale, la semplice coesistenza dei crediti reciproci ne determine ipso iure l’estinzione, senza che – ai fini della produzione di tale effetto – sia necessaria alcuna dichiarazione delle parti, sicché anche la relativa pronuncia giudiziale ha carattere meramente dichiarativo. Come stabilito dall’art. 1242 c.c., tuttavia, la compensazione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Secondo quanto previsto dall’art. 1243 c.c., la compensazione è legale quando i due crediti hanno per oggetto una somma di denaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e sono ugualmente liquidi ed esigibili, mentre è giudiziale quando il credito opposto in compensazione non è liquido, ma è di facile e pronta liquidazione, di modo che il giudice può determinarne l’entità all’esito dell’attività di accertamento compiuta nel corso del giudizio in cui la compensazione è opposta.

Da ultimo, si ha compensazione volontaria, ai sensi dell’art. 1252 c.c., quando, pur non ricorrendo le condizioni per l’operatività della compensazione legale o giudiziale, l’estinzione delle reciproche ragioni di credito si verifica per volontà delle parti, ossia dei titolari dei rispettivi rapporti obbligatori, in virtù di un negozio bilaterale finalizzato alla produzione del relativo effetto.

Nell’ambito di un giudizio, la compensazione integra un’eccezione in senso stretto, che dev’essere tempestivamente sollevata da chi intende contrastare la domanda di condanna proposta nei suoi confronti dalla controparte.

Una regola particolare vige quando l’eccezione di compensazione viene sollevata in sede di opposizione all’esecuzione: chi, a sostegno di essa e per paralizzare l’azione esecutiva promossa da colui che intende realizzare coattivamente un credito, sostiene di vantarne a propria volta un altro nei suoi confronti, è tenuto a provarne non solo l’esistenza, ma anche la posteriorità dell’insorgenza di tale credito rispetto alla formazione del giudicato sul provvedimento che costituisce il titolo esecutivo in forza del quale è stata minacciata o avviata l’espropriazione forzata.

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, infatti, la compensazione, quale fatto estintivo dell’obbligazione, può essere dedotta come motivo di opposizione all’esecuzione fondata su titolo esecutivo giudiziale coperto dall’efficacia di giudicato solo se il credito fatto valere in compensazione sia sorto successivamente alla formazione di quel titolo, dal momento che, in caso contrario, resta preclusa dalla cosa giudicata, che impedisce la proposizione di fatti estintivi o impeditivi a essa contrari.

Un tanto è il precipitato della regola per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, con la conseguenza che i fatti estintivi, impeditivi o modificativi che non siano stati tempestivamente fatti valere nel giudizio nel cui ambito si è formato il provvedimento di condanna non possono essere dedotti in quello di opposizione all’esecuzione, ove potranno assumere rilievo solo ed esclusivamente fatti successivi alla formazione del giudicato, la cui efficacia verrebbe altrimenti neutralizzata.

In questo contesto si inserisce la ricostruzione dei termini e dei limiti di operatività della compensazione operata dalla Corte di cassazione con l’ordinanza annotata.

Per quanto abbiano presupposti differenti, la compensazione legale e quella giudiziale sono accomunate dal fatto che il controcredito dev’essere certo e non meramente ipotetico o sperato, visto che, in caso contrario, il giudice non disporrebbe di tutti gli elementi costitutivi idonei ad accertarlo: in altre parole, per l’operatività della compensazione occorre che il titolo del credito sia incontrovertibile, ossia non più soggetto a modificazioni.

L’art. 1243 c.c., da questo punto di vista, stabilisce che il credito eccepito in compensazione dev’essere certo ed esigibile: quando sia assistito anche dal requisito della liquidità (intesa come determinatezza nell’ammontare in base al titolo), il giudice dichiara l’estinzione del credito principale per compensazione legale, a decorrere dalla data della sua coesistenza con il controcredito; quando tale requisito manchi, il giudice, a condizione che possa provvedere alla liquidazione del controcredito in tempi processualmente brevi e in modo semplice, può comunque accogliere l’eccezione e rigettare – in tutto o in parte – la domanda formulata dal creditore principale, dichiarando estinto il credito principale sino alla concorrenza di quello liquidato, oppure sospendendo cautelativamente la condanna del debitore fino al medesimo importo.

Osservano quindi i giudici di legittimità che i requisiti prescritti dall’art. 1243, comma 1, c.c. per la compensazione legale debbono, in realtà, sussistere necessariamente anche per quella giudiziale, essendo in questo caso solo consentito al giudice di liquidare il controcredito se (e solo se) il suo ammontare sia facilmente e prontamente determinabile in base al titolo.

Un tanto postula la certezza del controcredito nella sua esistenza, con la conseguenza che, se esso non può nemmeno dirsi sorto per la mancata integrazione dei suoi elementi costitutivi, non potrà mai essere preso in considerazione ai fini del prodursi degli effetti compensativi.

Ne discende, in sostanza, che:

  • la compensazione opera di diritto, su eccezione di parte, in quanto i due contrapposti crediti siano certi, omogenei ed esigibili, sulla base dei rispettivi titoli costitutivi;
  • quando i crediti sono pure entrambi liquidi, si avrà compensazione legale, mentre, in presenza di un credito opposto in compensazione privo del requisito della liquidità, il giudice potrà dichiarare la compensazione se lo ritiene di facile e pronta liquidabilità;
  • ciò che differenzia la compensazione legale da quella giudiziale, dunque, è che la prima presuppone che la liquidità (oltre che la certezza e l’esigibilità) dei crediti contrapposti sussista prima del giudizio, mentre nella seconda la liquidazione del controcredito viene effettuata dal giudice, in quanto sia reputata pronta e facile;
  • se manca il requisito della certezza, l’eccezione di compensazione non è proponibile.

Pertanto, poiché l’esistenza (ovvero la certezza) del credito è requisito indispensabile per poterlo opporre in compensazione, la relativa eccezione:

  • andrà svolta nell’opposizione a decreto ingiuntivo proposta nel termine di cui all’art. 641 c.p.c., quando la coesistenza dei crediti reciproci sia anteriore alla pronuncia del provvedimento monitorio;
  • potrà essere dedotta in sede di opposizione all’esecuzione, quando la coesistenza dei crediti reciproci sia venuta in essere dopo la formazione del titolo esecutivo.

In altre parole, se, al momento della scadenza dei termini per proporre opposizione a decreto ingiuntivo, ovvero una volta maturate le preclusioni nel relativo giudizio, il controcredito non esisteva, non potendo quindi essere definito certo, potrà essere fatto valere in sede esecutiva.

Nel caso di specie, dal momento che veniva in considerazione un controcredito di carattere risarcitorio, non bastava accertare la data dell’inadempimento, ma quella in cui, verificatosi il danno causalmente ricollegatovi, il credito, da mera aspettativa o previsione astratta connotata da possibilità o probabilità, poteva dirsi effettivamente sorto: pertanto, solo se tale data fosse stata antecedente alla scadenza del termine per proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo, l’eccezione di compensazione sollevata con l’opposizione all’esecuzione sarebbe stata inammissibile.

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