24 Gennaio 2023

Esenzione da revocatoria per pagamenti eseguiti in conformità di un piano attestato dal soggetto poi fallito

di Ludovica Carrioli, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Bologna, 21 ottobre 2022 

Massima: “In ordine all’ampiezza dell’esenzione da revocatoria degli atti esecutivi del piano attestato, l’affidamento dei terzi contraenti non pare possa essere tutelato oltre i limiti dell’evidenza, seppure sopravvenuta, dell’inidoneità del piano stesso al risanamento prospettato. Seppure possa ammettersi che nella valutazione ex ante il piano si presentasse come veritiero e fattibile e sia stato ragionevolmente attestato come tale, l’esenzione non può “coprire” gli atti esecutivi compiuti in un momento in cui si sia già evidenziata l’inidoneità al superamento della crisi”.

Disposizioni applicate: art. 67, co. 3, lett. d), l.fall. – art. 67, co. 2, l.fall.

Parole chiave: revocatoria – pagamenti – piano attestato – attestazione

CASO

Il Tribunale di Bologna è stato chiamato a pronunciarsi su una revocatoria ex art. 67, co. 2, l.fall., per mezzo della quale il fallimento attore ha chiesto la restituzione di pagamenti ricevuti nel semestre anteriore alla data di fallimento, allegando che la società sin dal 2013 ha dimostrato risultati negativi e un aumento dell’indebitamento aggravatosi dal 2015 in una crisi finanziaria che ha richiesto l’elaborazione di un piano industriale e la predisposizione di un piano ex art. 67, co. 3, lett. d), l.fall., attestato, sulla base del quale è stata stipulata una convenzione col ceto bancario. Il piano, che avrebbe dovuto portare al risanamento dell’esposizione debitoria e al riequilibrio finanziario della società, si è mostrato, secondo la prospettazione attorea, irrealizzabile ab origine, come dimostrato da numerosi fattori (es. dati di bilancio, verbali di verifica del collegio sindacale, scostamento rispetto al fatturato previsionale, invito degli organi di controllo al ricorso a procedure giudiziali di risoluzione della crisi; difficoltà nell’adempimento delle obbligazioni sociali, tra cui quelle riscadenziate col ceto bancario in forza del piano attestato), elementi dimostrativi della c.d. scientia decoctionis del debitore da parte dei destinatari dei pagamenti (peraltro, operatori qualificati) nel c.d. periodo sospetto. Per tali ragioni, i pagamenti ricevuti dai convenuti – seppur effettuati in esecuzione del piano di risanamento – non avrebbero potuto beneficiare dell’esenzione ex art. 67, co. 3, lett. d), perché il piano si era dimostrato sin da subito inidoneo al perseguimento degli obiettivi prefissati.

La convenuta ha contrastato la posizione attorea, sostenendo di aver ricevuto pagamenti in esecuzione di un piano attestato da professionista indipendente, basato su dati veritieri, e che – in ottica ex ante – appariva idoneo al risanamento; valutazione non rividebile “ex post” sulla base di circostanze sopravvenute ed imprevedibili.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Bologna, pur condividendo il principio della necessaria valutazione ex ante, ha ritenuto la revocabilità dei pagamenti sulla base dell’evidenza, sempre maggiore, dell’irrealizzabilità del piano, affermando che l’esenzione da revocatoria di cui all’art. 67, co. 3, lett. d), comporta sì una tutela dell’affidamento dei terzi, ma che questo affidamento non possa essere tutelato oltre i limiti dell’evidenza, seppur sopravvenuta, dell’inidoneità del piano stesso al risanamento prospettato. Seppur il piano si fosse dimostrato in ottica ex ante veritiero e fattibile, non potrebbero beneficiare dell’esenzione in commento gli atti esecutivi compiuti in un momento in cui si sia già evidenziata l’inidoneità del piano al superamento della crisi.

QUESTIONI

Il provvedimento in commento si concentra sull’ampiezza dell’art. 67, co. 3, lett. d), l.fall. e cioè sull’ampiezza del beneficio da esenzione da revocatoria degli atti esecutivi di un piano, attestato da un professionista indipendente, che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria.

[1] Il piano attestato di risanamento si caratterizza per la sua natura di procedura negoziale non sottoposta a controllo giurisdizionale. Nell’ottica di un favor per le soluzioni stragiudiziali della crisi (perseguita già col d.l. 80/2005 e, ancor di più, con il d.l. 155/2017, di delega al governo per la riforma organica delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza) è stata prevista l’esenzione da future azioni revocatorie degli atti in esecuzione del piano attestato unitamente alla scriminante del reato di bancarotta ex art. 217-bis l.fall.

Il piano attestato rientra nelle c.d. “convenzioni stragiudiziali” e non è una procedura concorsuale (non partecipando né al primo né al secondo termine dell’espressione, in assenza di intervento giudiziale, sia esso di controllo o di valutazione, e di una partecipazione del ceto creditorio tanto meno se assunta in termini di necessaria partecipazione v. Cass. n. 1895/2018).

Non è sottoposto ad un controllo ex ante da parte del Tribunale, ma solo ad un controllo eventuale e postumo, al fine di valutare l’applicabilità, o meno, dell’esenzione di cui all’art. 67, co. 3, lett. d). Nell’ambito di tale controllo, il giudice deve compiere una valutazione sull’attitudine del piano alla realizzazione dei suoi scopi (e cioè “il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa” e “il riequilibrio della sua situazione finanziaria”) e sulla coerenza dell’atto compiuto con le previsioni del piano (Cass. 5 luglio 2016, n. 13719).

Detta valutazione deve essere effettuata a prescindere dalla attestazione da parte di “un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo”.

Quindi, la presenza della sola attestazione non comporta l’automatica esenzione da revocatoria degli atti in esecuzione del piano.

[2] Quanto alla valutazione rispetto alla revocabilità o meno dell’atto, il giudice dovrà porsi in ottica ex ante e verificare se l’atto compiuto è coerente col piano e che quest’ultimo non presenti aspetti manifestamente irragionevoli.

Come recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione (sent. n. 3018/2020), il piano deve apparire idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa (v. Cass. 13719/2016) ed è dunque attribuito al giudice un potere di valutazione “sia pure nei limiti della sussistenza o meno di una assoluta, manifesta inettitudine a raggiungere gli obbiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi, fermo, ovviamente, il controllo della completezza e correttezza dei dati informativi forniti dal debitore ai creditori”. Inoltre, essendo il piano predisposto unilateralmente dal debitore e non soggetto ad omologa, né ad alcuna forma di pubblicità, “la valutazione non può che essere effettuata avuto riguardo alla situazione ex ante (“ora per allora”) e parametrata sulla condizione del terzo contraente, il quale farà valere l’esenzione, deducendo che sul piano attestato aveva fatto affidamento” (principio di diritto).

Sulla scorta di tale pronuncia (richiamata anche in parte motiva), il Tribunale di Bologna ha analizzato la questione della sopravvenuta inidoneità del piano al risanamento dell’impresa, ritenuta dal giudicante non idonea a porre al riparo gli atti compiuti dall’esenzione di cui al comma 3, lett. d) dell’art. 67, con particolare riferimento, appunto, alla condizione del “terzo contraente”, nel caso di specie operatore qualificato (banca).

Considerato che “la prognosi postuma postulata dalla Suprema Corte impone al giudice di collocarsi nella esatta situazione temporale e conoscitiva della controparte della controparte dell’imprenditore poi fallito per valutare se, sulla base delle informazioni disponibili e necessariamente veicolate dall’attestazione (…) il piano apparisse fondato su dati veritieri e assunti ragionevoli e fosse quindi in grado di condurre al risanamento del debito e al riequilibrio finanziario e ciò a prescindere dall’esito, necessariamente infausto per il debitore”.

A prescindere dalla qualità dell’attestazione, il Tribunale ha rilevato come, all’indomani della stipula del piano e delle convenzioni col ceto bancario, si erano verificati importanti scostamenti e ritardi, rispetto ai dati previsionali, che rendevano l’obiettivo di riassorbimento dei debiti operativi nelle tempistiche previste. Dati, questi, disponibili e verificabili da parte del ceto bancario rispetto al quale sussistevano obblighi informativi relativi a dati di bilancio e relazioni semestrali di aggiornamento sull’andamento del piano.

Il piano si è rivelato irrealizzabile – quanto a dati, obiettivi e tempistiche – già dal primo anno di esecuzione suffragando “la valutazione, se non di originaria, quantomeno di sopravvenuta inidoneità del programma di risanamento della società”.

A fronte di tali presupposti il Tribunale ha ritenuto pertanto che l’affidamento dei terzi contraenti non possa essere tutelato oltre i limiti dell’evidenza, seppure sopravvenuta, dell’inidoneità del piano stesso al risanamento prospettato, tanto più nell’ipotesi in cui la “controparte dell’imprenditore” sia un operatore qualificato, che (i) aveva gli elementi per la lettura critica dell’andamento della manovra (già presenti nel piano) e (ii) rivestiva una posizione conoscitiva privilegiata, in quanto soggetto specializzato destinatario, contrattualmente, di informative sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società.

[3] Volendo fare una considerazione di “chiusura”, si può ritenere che le criticità riscontrate dal Tribunale di Bologna siano circostanze “sopravvenute” che hanno comportato uno scostamento rispetto alle previsioni contenute nel piano.

A tal proposito i “Principi di attestazione dei piani di risanamento” (nella versione vigente dal 2021, ma in senso pressochè analogo anche le precedenti versioni) prevedono, al punto 9.2., che “In caso di scostamenti significativi del Piano, successivi al rilascio dell’attestazione, che non ne permettono la realizzazione, se l’imprenditore ovvero l’organo amministrativo predispongono modifiche o redigono un nuovo Piano, deve essere operata una nuova attestazione. La necessità di una nuova attestazione al verificarsi delle condizioni sopra richiamate, sebbene normativamente prevista solo per il concordato preventivo, deve ritenersi applicabile anche con riferimento agli altri strumenti di superamento della crisi”.

Si ritengono modifiche “sostanziali” quelle dettate da situazioni in cui “(a) si verifica uno scostamento rispetto al contenuto ed alle previsioni del Piano, tale da incidere sulla realizzabilità dello stesso (e non consentirne il rispetto) sui tempi e sulle modalità del percorso di superamento della crisi; b. lo scostamento non è “assorbito” da risparmi (savings) e/o correttivi e meccanismi di aggiustamento, in quanto non previsti e/o non sufficienti; c. occorra modificare le intenzioni strategiche del Piano” (principi, 9.2.2), che “si manifestano nella fase di esecuzione del Piano, dopo il perfezionamento dello strumento” (9.2.4) e impongono “all’imprenditore ovvero all’organo amministrativo di redigere un nuovo Piano, formalmente diverso da quello originario, (evidentemente non più eseguibile) ancorché possa riportare dati e/o elementi del Piano precedente” (9.2.5).

Nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Bologna, è proprio la mancata verificazione di un “evento-presupposto per il risanamento cosa che, nel caso qui trattato, riguardava proprio l’incremento del fatturato nel primo e nel secondo anno di piano”.

Posto che un simile evento rientra a pieno titolo nel p.to a) del principio 9.2.2, si deve allora ritenere che l’attestazione rilasciata in riferimento al piano attestato non fosse più “sufficiente” e che si sarebbe imposta una modifica del piano, con rilascio di una nuova attestazione (basata su una nuova attività di verifica), dovendosi ragionevolmente dubitare che, a fronte di simili circostanze, l’atto esecutivo di un piano affetto da “modifiche sostanziali” (per mutuare la terminologia utilizzata nei Principi su richiamati) possa beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 67, co. 3, lett. d), tanto più se destinatario del pagamento sia stato un soggetto che beneficia di un’informativa privilegiata sull’andamento del piano e sulle condizioni dell’imprenditore.

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