È esclusa la sanatoria successiva alla notificazione del ricorso per cassazione dei vizi attinenti alla sua sottoscrizione ovvero all’esistenza della procura speciale
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. III, 15 giugno 2020, n. 11592, Pres. Frasca – Est. Fiecconi
[1] Ricorso per cassazione – Sottoscrizione del ricorso – Autenticazione della procura speciale – Difensore non abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori – Sanatoria successiva alla notificazione – Esclusione (artt. 125, 365, 366, 369 c.p.c.).
L’ordinamento esige che la sottoscrizione del ricorso e la procura debbano esistere nel momento in cui il ricorso è chiamato a svolgere la sua funzione quale atto introduttivo del processo di cassazione, e, dunque, al momento del suo operare in tal senso, cioè all’atto della sua notificazione. La sottoscrizione del difensore è un requisito di contenuto-forma come fa manifesto la norma dell’art. 125 c.p.c.. La procura speciale altrettanto, se non conferita con atto separato, ma in calce o a margine di essa, mentre, se conferita con atto separato (art. 369 c.p.c., n. 3), deve essere indicata nel ricorso (art. 366 c.p.c., n. 5). La prescrizione della sottoscrizione del ricorso da parte del difensore abilitato e dell’esistenza della procura quali requisiti di ritualità del ricorso a pena di inammissibilità nei sensi indicati rendono impossibile che la loro mancanza possa essere superata da attività o atti successivi al momento della notificazione del ricorso, dovendo l’una e l’altra necessariamente esistere in quel momento (nella specie, la Corte ha ritenuto che la dichiarazione resa in udienza dall’avvocato, di voler far proprio il contenuto del ricorso, non è idonea a superare la causa di inammissibilità ex art. 365 c.p.c.).
CASO
[1] Nel corso della discussione in camera di consiglio di un ricorso per cassazione, la società resistente poneva, in via preliminare, un problema relativo alla sottoscrizione del ricorso medesimo. La ricorrente era infatti assistita da due difensori, uno solo dei quali, però, risultava abilitato al patrocinio in sede di legittimità. A tal riguardo, la resistente sosteneva come sia la sottoscrizione posta in calce al ricorso per cassazione, sia quella posta in calce alla procura speciale per l’autentica, fossero riferibili proprio al difensore non iscritto all’albo degli abilitati al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, con conseguente nullità del ricorso e passaggio in giudicato della sentenza d’appello; formulava, inoltre, riserva di proposizione di querela di falso. Dal canto suo, la ricorrente sosteneva come il difetto di sottoscrizione della copia notificata al convenuto non comportasse la nullità dell’atto, in quanto esso risultava comunque chiaramente riferibile al suo autore effettivo (ossia, all’altro difensore, abilitato al patrocinio in Cassazione).
All’esito della discussione in camera di consiglio, ritenuta la questione meritevole di trattazione in pubblica udienza, il Collegio pronunciava ordinanza interlocutoria di rimessione in detta sede.
In apertura dell’udienza pubblica, parte resistente proponeva querela di falso contro l’autentica della procura speciale e contro la sottoscrizione apposta sul ricorso avverso il difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. In sede di interpello, tale difensore affermava che le sottoscrizioni a lui riferibili non erano state da lui apposte, in tal modo sostanzialmente rinunciando ad avvalersi in giudizio dei documenti cui tali sottoscrizioni si riferivano. Contemporaneamente, peraltro, egli dichiarava di volersi avvalere del ricorso e della procura sottoscritti dall’altro difensore, non abilitato al patrocinio in cassazione. Preso atto della dichiarazione negativa resa ex art. 222 c.p.c., il Collegio con ordinanza rilevava come la querela di falso concernesse atti non più rilevanti per il giudizio, dichiarava la stessa inammissibile, e disponeva di procedere alla discussione sul ricorso, da intendersi sottoscritto dal solo avvocato non abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, e corredato da procura dallo stesso sottoscritta per autentica.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile – con assorbimento dei motivi -, in quanto proposto senza una procura idonea ai sensi dell’art. 365 c.p.c.: ciò, lo si ripete, in conseguenza della dichiarazione resa dall'(unico) avvocato abilitato al patrocinio in Cassazione, con la quale lo stesso ha riconosciuto di non aver apposto la propria sottoscrizione né sul ricorso né per l’autentica della procura posta in calce allo stesso.
Con riguardo alla dichiarazione resa da tale soggetto all’udienza pubblica, nel senso di voler far proprio il contenuto del ricorso e della procura – ciò da cui, evidentemente, parte ricorrente avrebbe voluto far discendere una sanatoria dei vizi in discorso -, essa viene giudicata assolutamente inidonea a superare la causa di inammissibilità ex art. 365 c.p.c., in quanto si risolverebbe in una pretesa di integrazione ex post delle condizioni di ammissibilità del proposto ricorso per cassazione.
QUESTIONI
[1] La pronuncia in esame verte, allora, sulla condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione disciplinata dall’art. 365 c.p.c., nonché sulla possibilità di sanare ex post eventuali vizi o irregolarità che attengano a tale condizione medesima.
Anzitutto, è opportuno ricordare come la norma appena richiamata, rubricata «sottoscrizione del ricorso», disponga che il ricorso per cassazione, diretto alla Corte, debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo e munito di procura speciale.
Nel giudizio di legittimità, come noto, è necessaria la difesa ad opera di un avvocato iscritto all’albo speciale di cui all’art. 33 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, sicché il ricorso deve risultare sottoscritto da un difensore in possesso di tale requisito e al quale sia stata conferita procura speciale.
Per quanto concerne la sottoscrizione del ricorso, la giurisprudenza di legittimità si è espressa nel senso per cui essa debba risultare apposta sull’originale, e non necessariamente anche sulla copia notificata alla controparte (così, Cass., sez. un., 10 marzo 2005, n. 7551; Cass., 26 settembre 2005, n. 18756), con la conseguenza per cui la mancanza della firma dell’avvocato e dell’autentica della sottoscrizione della parte nella copia notificata non determina l’inammissibilità del ricorso per cassazione qualora la copia contenga elementi idonei a evidenziare la provenienza dell’atto dal difensore munito di mandato speciale (Cass., 26 gennaio 2018, n. 1981; Cass., 15 marzo 2012, n. 4142), e vi sia comunque certezza circa l’identificazione della persona della parte o del difensore (Cass., sez. un., 29 luglio 2003, n. 11632).
Già a questo proposito, è opportuno osservare come, nel caso di specie – pur in assenza di indicazioni totalmente univoche -, la mancanza della sottoscrizione del difensore abilitato parrebbe riferibile non solo alla copia del ricorso notificata a parte resistente, bensì pure all’originale dello stesso: ciò che escluderebbe l’operatività dei principi appena sopra enunciati.
Ancora, la giurisprudenza di legittimità rileva come la firma apposta dal difensore (abilitato) per l’autenticazione della procura speciale rilasciata a margine o in calce al ricorso valga anche per il ricorso medesimo, rendendo così irrilevante la mancata sottoscrizione di quest’ultimo (Cass., 1° agosto 2002, n. 11478); così come, specularmente, la firma apposta dalla parte sotto la procura speciale rilasciata a margine o in calce al ricorso non debba essere necessariamente autenticata, essendo a ciò sufficiente la sottoscrizione dell’atto ad opera del difensore (in tal senso, Cass., sez. un., 28 novembre 2005, n. 25032).
Neppure tali ipotesi, peraltro, paiono idonee a intervenire, in senso sanante, nel caso di specie: dove, come detto, la sottoscrizione rilasciata dal difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori è risultata mancare sia in calce al ricorso, sia per l’autentica della sottoscrizione apposta dalla parte in calce alla procura speciale.
Più nello specifico, con riguardo a una fattispecie assai simile a quella in esame, si è affermato come, laddove la sottoscrizione del ricorso e l’autentica siano effettuate esclusivamente dal difensore non abilitato, non vale a salvare dall’inammissibilità in esame il fatto che il mandato sia stato rilasciato anche a un difensore iscritto all’albo speciale, ove questi abbia poi omesso qualunque sottoscrizione (così, Cass., 6 marzo 2012, n. 3459): diversamente, deve considerarsi ammissibile il ricorso per cassazione sottoscritto da due avvocati, dei quali almeno uno sia iscritto nell’apposito albo.
Così chiarito l’aspetto inerente alle sottoscrizioni – in un senso evidentemente adesivo rispetto alla decisione assunta dalla pronuncia in commento, ché l’assenza della sottoscrizione e dell’autentica del difensore abilitato al patrocinio in Cassazione sull’originale del ricorso configurano inequivocabilmente la causa di inammissibilità di cui all’art. 365 c.p.c. in esame -, è opportuno soffermarsi brevemente sulla seconda questione affrontata dalla Suprema Corte, ossia sull’idoneità della dichiarazione prestata dal difensore abilitato di voler far proprio il contenuto del ricorso, ai fini di sanare ex post il vizio di inammissibilità appena rilevato.
A questo proposito, già si è ricordata la risposta negativa fornita dalla decisione in commento. La Cassazione, in particolare, ha osservato come l’ordinamento esiga che la sottoscrizione del ricorso e la procura speciale (evidentemente, che sia stata validamente rilasciata) sussistano nel momento dell’introduzione del giudizio di cassazione, momento da identificarsi con la notificazione del ricorso. Ciò discenderebbe, da un lato, dall’art. 125 c.p.c. – pacificamente applicabile al ricorso per cassazione -, che annovera la sottoscrizione dell’avvocato tra i requisiti del ricorso, e, dall’altro, dal comb. disp. degli artt. 366 e 369 c.p.c., che richiedono che la procura speciale sia conferita o in calce o a margine del ricorso ovvero, se conferita con atto separato, sia indicata nel ricorso medesimo e depositata unitamente allo stesso. Da tale complessiva disciplina discenderebbe, allora, che la mancanza di tali elementi non possa essere superata da attività o atti successivi al momento della notificazione del ricorso, dovendo entrambi necessariamente esistere, per l’appunto, in tale momento.
Anche a questo proposito appare utile richiamare alcuni principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità. Ricorrenti, infatti, sono le affermazioni secondo cui la procura speciale per il ricorso per cassazione debba essere rilasciata in epoca posteriore alla data di pubblicazione della sentenza che si assume essere viziata, in quanto solo in tale momento può dirsi sorto l’interesse ad impugnare (in tal senso, Cass., 21 novembre 2017, n. 27540; Cass., 22 agosto 2012, n. 14608), e, per quanto di particolare interesse ai nostri fini, pur potendo essere rilasciata in data successiva alla redazione del ricorso, deve essere in ogni caso anteriore o almeno contemporanea alla data della sua notificazione (così, Cass., 24 gennaio 2012, n. 929): e poiché, evidentemente, i principi in esame hanno riguardo alla procura che sia stata validamente rilasciata, ne consegue l’impossibilità di attuare una sorta di sanatoria della procura speciale, originariamente autenticata dal difensore non abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, in epoca successiva all’introduzione del giudizio di legittimità.