7 Novembre 2023

Esclusa la possibilità di revocazione del testamento per sopravvenienza di un figlio se il testatore ne aveva altri quando lo ha redatto

di Corrado De Rosa, Notaio Scarica in PDF

Cassazione civile sez. II, 05/10/2023, n.28043 (FALASCHI – Presidente – CRISCUOLO – Relatore)

(Articoli art. 687 cod. civ.)

Massima: “La revocazione delle disposizioni testamentarie per sopravvenienza di figli non opera quando il testatore, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, aveva già figli, dei quali gli era nota l’esistenza, e ne sia poi sopraggiunto un altro. In tale ipotesi, l’art. 687 c.c., attesa la sua natura eccezionale, non essendo suscettibile di applicazione analogica o estensiva, non può ritenersi applicabile.”

Fonte: Diritto & Giustizia 2023, 6 ottobre

CASO

La sentenza in rassegna riguarda la richiesta di revocazione di un testamento ex art 687 da parte di V.D.A.M. che era stata accertata figlia naturale del testatore D.A. con sentenza passata in giudicato nel 1983, perciò era stata convenuta in giudizio D.L, l’altra figlia del cuius.

La convenuta si La convenuta si costituiva in giudizio eccependo l’esistenza di un testamento pubblico del de cuius, risalente al 1935, con il quale ella era stata istituita erede universale, con attribuzione di alcuni legati ed altri lasciti secondari in favore di altri soggetti. Per questo chiedeva che la successione fosse regolata in base al testamento.

Il Tribunale con sentenza non definitiva dichiarava aperta la successione del de cuius e, previa revocazione del testamento per sopravvenienza di figli, dichiarava devoluta la successione tra l’attrice e la convenuta in parti uguali. Ordinava pertanto alla convenuta di pagare una somma a titolo di acconto ex art. 263 c.p.c. . Formulata riserva di appello avverso tale sentenza, il processo proseguiva al fine di addivenire alla redazione di un progetto di divisione dei beni che veniva successivamente approvato dal Tribunale con successiva sentenza. Avverso questa decisione la convenuta, cui è succeduta l’erede nel corso del processo, proponeva appello. L’attrice resisteva in giudizio proponendo appello incidentale. La Corte d’appello di Roma con nel 2017 rigettava entrambi i gravami.

L’attrice propone ricorso per Cassazione avverso la pronuncia della Corte d’Appello romana, sulla base di quattro motivi. L’erede della convenuta resiste in giudizio con controricorso e propone ricorso incidentale sulla base di quattro motivi.

SOLUZIONE

La Suprema Corte comincia dall’analisi del primo motivo dell’appello incidentale che riguarda l’integrazione del contradditorio per cui la corte afferma la correttezza di ciò che aveva disposto la corte d’appello.

Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 687 c.c. e la conseguente mancata applicazione dell’articolo 539 c.c vigente alla data di apertura della successione.

Il Tribunale ha ritenuto che il testamento pubblico del de cuius dovesse ritenersi revocato per sopravvenienza di figli, ex art. 687 c.c., essendo intervenuto, a seguito di sentenza passata in giudicato dopo la morte del testatore, un riconoscimento giudiziale della paternità conseguito dalla ricorrente. La ricorrente incidentale, invece, ritiene errata la conclusione dei giudici del merito, sostenendo che essi non abbiano tenuto conto del fatto che, in realtà, il testatore aveva già una figlia, e cioè la dante causa della ricorrente incidentale. Sostiene, pertanto, che la norma dettata all’art. 687 c.c. operi soltanto nell’ipotesi di carenza assoluta di figli o di discendenti.

Per la Corte di Cassazione il motivo è fondato. Essa così ha dato continuità al principio già affermato nel 2017[1] secondo cui “il testamento redatto dal de cuius che, al momento della sua predisposizione, già avesse figli dei quali fosse nota l’esistenza, non è soggetto a revocazione per il caso di successiva sopravvenienza di un altro figlio, ex art. 687 c.c., attesa la natura eccezionale e, dunque, non suscettibile di applicazione analogica o estensiva di tale disposizione, che contempla la diversa ipotesi in cui il testamento sia stato predisposto da chi non aveva o ignorava di aver figli o discendenti.”. La dottrina si è interrogata e divisa in merito alla ratio della norma codicistica: se essa debba rinvenirsi in una volontà presunta del testatore, che se fosse stato a conoscenza dell’esistenza di figli non avrebbe testato o avrebbe testato diversamente (fondamento soggettivo), o invece se il fondamento della norma debba ricercarsi in una finalità di tutela degli interessi familiari, e, più precisamente, degli interessi dei più stretti familiari del de cuius, cioè dei figli ignorati o sopravvenuti (fondamento soggettivo). I giudici ritengono che anche dall’interpretazioni letterale non sia possibile applicare la norma al caso in oggetto. “Non ogni mutamento della composizione del quadro familiare, quale la nascita di figli ulteriori, può portare alla revocazione, ma soltanto quello che denoti, con la necessità anche di un richiamo all’ipotetica volontà del de cuius, legata alla preponderanza dell’affetto nei confronti dei figli, non ancora provato alla data cui risale il testamento, una situazione affatto diversa, e che possa appunto giustificare la revocazione.”

Si è sottolineato che, anche ravvisando la ratio della norma in esame nella tutela di interessi familiari, il “bilanciamento” fra questi ultimi interessi e la volontà (reale) del testatore è stato compiuto nel momento in cui sono state scritte le norme sulla successione necessaria, le quali impongono di dover reagire nel caso di lesione avverso l’atto che esprima la volontà (reale) del testatore, senza quindi poter beneficiare (al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 549 c.c.) di una caducazione automatica delle previsioni lesive dei diritti dei legittimari.”

La Corte dunque accoglie questo motivo di appello incidentale cassando la sentenza e rinviandola alla Corte d’Appello di Roma.

Gli altri motivi di ricorso vengono o rigettati o cassati.

QUESTIONI

Il Collegio di Legittimità con questa sentenza approfondisce l’applicazione dell’articolo 687 c.c. rubricato “Revocazione per sopravvenienza di figli” disciplina un’ipotesi di revoca ex lege delle disposizioni testamentarie (sia a titolo universale che a titolo particolare), quale effetto della sopravvenuta conoscenza dell’“esistenza” di figli o discendenti o della “sopravvenienza” dei medesimi, ancorché postumi, successivamente alla redazione del testamento. La ratio della disposizione è stata identificata nella presunzione che il testatore, se avesse avuto, o non avesse ignorato di avere figli o discendenti, oppure avesse preveduto di averne in seguito, non avrebbe disposto così come fatto con il suo testamento[2]; nell’esistenza di un errore che vizia la volontà testamentaria, formatasi sul presupposto (poi rivelatosi infondato) dell’inesistenza o della non sopravvenienza di figli (o discendenti); e nella volontà del legislatore di «fornire una rafforzata tutela agli interessi successori dei figli (e dei discendenti).[3]

La sopravvenienza deve intendersi anche in senso giuridico[4], qualora il discendente abbia lo status di figlio successivamente alla confezione del testamento[5]. In tale prospettiva, la dottrina maggioritaria e anche la sentenza analizzata sostiene che il disposto dell’art. 687, comma 1 ha un fondamento oggettivo, riconducibile alla modificazione della situazione familiare rispetto a quella esistente al momento in cui il de cuius ha disposto dei suoi beni.

La revoca è preclusa quando alla data di confezione del testamento esistevano già altri figli, la cui esistenza era nota al testatore, e la revocazione sia invocata per la sopravvenienza di ulteriori discendenti: la modifica della situazione familiare che giustifica l’inefficacia del testamento deve infatti essere tale da creare un quadro oggettivo radicalmente mutato rispetto a quello presentatosi al testatore alla data di redazione del testamento e che appaia quindi connotato dalla sopravvenienza di figli, di cui si ignorava l’esistenza.[6] Ciò è suffragato dal fatto che l’articolo art. 687 c.c. sia norma eccezionale e quindi insuscettibile di interpretazione analogica in quanto prevede una ipotesi di inefficacia (latu sensu intesa) sopravvenuta di un negozio giuridico.[7] Una conclusione contraria creerebbe un conflitto con la disciplina sulla successione necessaria, che verrebbe ad essere disapplicata in conseguenza della revoca del testamento: questo nonostante la normativa sulla successione necessaria sia pacificamente imperativa, mentre quella che regola l’istituto qui esaminato sia dispositiva, il terzo comma dell’art. 687 c.c. consente infatti al testatore di manifestare una volontà contraria alla c.d. revoca de iure e di porre così nel nulla la disciplina legale.[8]

Qualora sussistano entrambi i presupposti per la revoca (assenza di figli al tempo del testamento e

posteriore sopravvenienza, riconoscimento o esistenza di un figlio ignoto) questa si produce automaticamente nei confronti di tutte le disposizioni a titolo universale o a titolo particolare contenute nel testamento. La revoca è quindi sempre una evoca totale, ossia riguarda l’intero contenuto del testamento, non potendo, a differenza delle altre ipotesi di revoca, essere parziale: essa, cioè, non può avere ad oggetto solo talune disposizioni del negozio mortis causa, con l’esclusione però, come per le altre forme di revoca c.d. volontaria, delle disposizioni a carattere non patrimoniale, quali ad esempio il riconoscimento del figlio naturale.[9]

Secondo la tesi prevalente in dottrina e giurisprudenza la ratio della norma è quella di tutelare la posizione dei figli e dei discendenti: la revoca viene pertanto giustificata con la sopravvenuta modificazione della situazione familiare in relazione alla quale il testatore aveva disposto dei suoi beni, intesa come esigenza di assicurare la tutela del figlio sopravvenuto in conseguenza” della predetta modificazione, configurandosi l’istituto de quo quale mezzo di tutela ulteriore e non alternativo rispetto a quello approntato dalle norme a tutela dei legittimari: in altri termini, l’art. 687 c.c. introduce una più intensa ed efficace tutela dei figli e dei discendenti del de cuius (tutela che, come conferma la disciplina della successione necessaria consente anche di rendere priva di efficacia la contraria volontà del de cuius), tutela destinata a recedere nel solo caso in cui emerga una espressa volontà di mantenere ferme le disposizioni testamentarie ovvero laddove il testatore abbia diversamente provveduto ai sensi del terzo comma della norma qui esaminata.[10]

Secondo una diversa e minoritaria opinione il fondamento della revoca risiede invece nel rispetto della volontà presunta del testatore il quale, se avesse saputo dell’esistenza dei figli o discendenti, non avrebbe redatto quel testamento o, quanto meno, non lo avrebbe stilato con il medesimo contenuto.[11]

Secondo una ultima opinione la norma qui esaminata è certamente ispirata alla presunta volontà del testatore, ma ha altresì lo scopo di tutelare gli interessi della famiglia.[12]

[1] Cass. n. 18893/2017

[2] AZZARITI, 600; in giurisprudenza, Cass. n. 187/1970

[3] D’Amico, Revoca delle disposizioni testamentarie, in Enc. dir., XL, Milano, 1989, 226

[4] Ex multis Cass. n. 169/2018

[5] Cass. n. 1935/1996

[6] Cass. n. 18893/2017

[7] Cass. n. 1935/1996; Cass. n. 18893/2018

[8] Gazzoni, Una sentenza con “motivazione suicida” da inumare (figlio naturale dichiarato, cadavere esumato e testamento revocato, in Dir. fam. 2008, 1835, par. 7).

[9] Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2015, 1001.

[10] Cass. n. 169/2018; Cass. n. 13680/2019

[11] Gazzoni, op. cit., ibidem

[12] Capozzi, Successioni e donazioni, cit., 998

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