Errore nella scelta del rito e conversione ex art. 426 c.p.c.: la Corte costituzionale conferma l’orientamento consolidato della Cassazione
di Elisa Bertillo Scarica in PDFCorte cost. 2 marzo 2018, n. 45 – Pres. Lattanzi – Est. Morelli
Ingiunzione (procedimento per) – Locazione – Opposizione – Conversione del rito – Effetti – Illegittimità costituzionale – Inammissibilità (Cod. proc. civ. art. 426; Cost. artt. 3, 24, 111)
[1] E’ inammissibile la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., dell’art. 426 c.p.c. nella parte in cui non prevede che, in caso di introduzione con rito ordinario di una causa soggetta al rito previsto dagli artt. 409 e ss. c.p.c. e di conseguente mutamento del rito, gli effetti sostanziali e processuali si producano secondo le norme del rito ordinario, seguito fino al mutamento.
CASO
[1] Nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, proposto con le forme ordinarie, anziché con ricorso, come sarebbe stato corretto ex art. 447 bis per inerenza del credito azionato a rapporto di locazione, e in relazione al quale è stato disposto il mutamento del rito ex art. 426 c.p.c., il Tribunale di Verona è chiamato a pronunciarsi sull’eccezione di tardività dell’opposizione, risultandone il deposito effettuato oltre il termine perentorio di cui all’art. 641 c.p.c.
Il Tribunale ha quindi sollevato, con ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale del 16 gennaio 2017 (id., Rep. 2017, Merito extra, n. 2017.1456.1), questione di legittimità costituzionale dell’art. 426 c.p.c. per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., «nella parte in cui non prevede che, in caso di introduzione con rito ordinario di una causa soggetta al rito previsto dagli artt. 409 e ss. c.p.c. e di conseguente mutamento del rito, gli effetti sostanziali e processuali si producano secondo le norme del rito ordinario, seguito fino al mutamento».
In particolare, il giudice rimettente ritiene l’art. 426 c.p.c. in contrasto con l’art. 3 Cost., per irragionevolezza, e gli artt. 24 e 111 Cost., per il vulnus al diritto di effettività della tutela giurisdizionale e ad un giusto processo, derivante dalla mancanza di una previsione che ricolleghi tutti gli effetti processuali della domanda all’atto introduttivo del rito erroneamente scelto, secondo le forme proprie di quest’ultimo. Ciò alla luce di una inversione di tendenza, in termini di salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda, espressa dal legislatore con le previsioni degli artt. 4, 5° comma, d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, secondo cui gli effetti della domanda si producono facendo riferimento alla forma in concreto prescelta e non a quella che l’atto avrebbe dovuto avere, e 59, 2° comma, l. 18 giugno 2009, n. 69, per cui sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio.
SOLUZIONE
[1] Con la pronuncia in commento, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 426 c.p.c., ritenendo che la riformulazione del meccanismo di conversione del rito sub art. 426 c.p.c. riflette «una valutazione di opportunità, e di maggior coerenza di sistema, di una sanatoria piena, e non dimidiata, dell’atto irrituale, per raggiungimento dello scopo. Ma non per questo risponde ad una esigenza di reductio ad legitimitatem della disciplina attuale, posto che tale disciplina (a sua volta coerente ad un principio di tipicità e non fungibilità delle forme degli atti) non raggiunge quella soglia di manifesta irragionevolezza che consente il sindacato di legittimità costituzionale sulle norme processuali».
QUESTIONI
[1] La pronuncia dalla Corte costituzionale conferma l’orientamento consolidato della Cassazione, la quale, con riferimento all’opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di locazione, come tale soggetta al rito speciale di cui all’art. 447 bis c.p.c., interpreta la norma nel senso di ritenere che la citazione possa produrre gli effetti del ricorso solo se depositata in cancelleria entro il termine di cui all’art. 641 c.p.c., non essendo sufficiente che, entro tale data, sia stata notificata alla controparte (cfr. Cass. 29 dicembre 2016, n. 27343, Foro it., Rep. 2016, voce Ingiunzione (procedimento per), n. 47; Cass., sez. un., 23 settembre 2013, n. 21675, id., 2014, I, 2504, con nota di A. Proto Pisani).
Sul tema v., in precedenza, Corte cost. 24 maggio 2000, n. 152 (in Foro it., 2001, I, 813, Giur. it., 2001, 444, Giur. costit., 2000, 1408), che ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 641, 645 e 447 bis c.p.c., nella parte in cui non prevedono che il decreto ingiuntivo emesso in materia locatizia debba indicare che l’opposizione va proposta con ricorso da depositare nel termine di quaranta giorni dalla notificazione e non con citazione.
In termini critici, in dottrina, v. A. Proto Pisani, L’irresistibile forza delle decisioni delle sezioni unite, id., 2014, I, 2504, il quale ritiene la soluzione accolta dalla giurisprudenza di legittimità un «formalismo inaccettabile», evidenziando come il carattere retroattivo della sanatoria per mutamento di rito sia stato confermato dall’art. 4, ultimo comma, d.lgs. 150/11, secondo cui, a seguito dell’ordinanza di mutamento di rito «gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. Restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento». Si v. altresì il precedente scritto dell’A., Note sulle sanatorie retroattive nel processo civile, id., 2011, V, 313.
Sui problemi suscitati dall’opposizione a decreto ingiuntivo emanato per crediti di lavoro dopo l’entrata in vigore della l. 11 agosto 1973, n. 533 ed, in particolare, sulla questione delle conseguenze, quanto al rispetto del termine previsto dall’art. 641, 1° comma, c.p.c., qualora l’opposizione sia stata proposta con atto di citazione e non con ricorso, cfr. E. Garbagnati, Il procedimento di ingiunzione, Milano, 1991, 289 ss.; A. VALITUTTI-F. DE STEFANO, Il decreto di ingiunzione e la fase di opposizione, Padova, 2008, 344 ss.
Sul tema delle decadenze derivanti dall’inosservanza di termini perentori e delle preclusioni, con peculiare riguardo all’ambito di applicazione dell’istituto della rimessione in termini, cfr. L. Piccininni, Sull’assenza di un termine per proporre istanza di rimessione in termini, in Riv. dir. proc., 2017, 978 ss.
Sul controllo di costituzionalità degli istituti processuali si rinvia a E. Bertillo, Costituzionalmente illegittimo l’art. 152 disp. att. c.p.c. nella parte in cui sanziona con l’inammissibilità del ricorso la mancata indicazione del valore della causa, in questa rivista.