5 Settembre 2023

Errore materiale nella vocatio in ius e nullità dell’atto di appello

di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. II, 10 luglio 2023, n. 19473, Pres. Bertuzzi – Est. Chieca

[1] Processo civile – Nullità della citazione – Errore sulle generalità dell’appellato contenuto nella citazione d’appello e in relata di notifica – Vizi della vocatio in ius – Riconducibilità – Notifica correttamente avvenuta al procuratore della parte costituita in primo grado – Sanabilità – Affermazione

Massima: “Qualora l’atto di appello indichi gli estremi della sentenza impugnata e il numero di ruolo generale del procedimento di primo grado, ne riassuma lo svolgimento e contenga delle conclusioni rivolte esclusivamente nei confronti della parte costituita in primo grado, e venga altresì notificato al procurator ad litem della parte costituita nel pregresso grado di giudizio, che ha accettato il piego senza muovere alcuna obiezione, nessun dubbio può sussistere circa la reale destinataria dell’impugnazione, sebbene nella parte dell’atto relativa alla vocatio in ius, per un evidente errore materiale agevolmente riconoscibile ed emendabile all’esito di una lettura globale dell’atto, fosse indicato il nome di un diverso soggetto evocato in giudizio”.

CASO

[1] L’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal soggetto intimato veniva rigettata dal Tribunale di Vicenza, con decisione confermata dalla Corte d’Appello di Venezia, che a sua volta respingeva l’appello proposto dall’opponente.

A sostegno della propria decisione, il giudice di seconde cure rilevava che in grado di appello era stato evocato in giudizio un soggetto diverso dall’opposto e carente di legittimazione passiva sostanziale e processuale; il giudice distrettuale riteneva, inoltre, di non poter ordinare la rinnovazione della citazione, essendosi in presenza di un vizio attinente non già alla vocatio in ius, bensì all’editio actionis, e non sussistendo alcuna incertezza circa l’identità del soggetto convenuto in giudizio, chiaramente e inequivocabilmente indicato – pur in un soggetto diverso dall’opposto – doveva ritenersi

inapplicabile, nel caso di specie, il combinato disposto degli artt. 163, 3°co., n. 2), e 164, 1° e 2°co., c.p.c.

Avverso tale decisione, parte appellante (originaria opponente a decreto ingiuntivo) proponeva ricorso per cassazione, con il quale lamentava, per quanto di interesse ai fini del presente commento, violazione dei richiamati artt. 163, 3°co., n. 2) e 164, 1° e 2°co., c.p.c.

In particolare, il ricorrente rimproverava alla Corte d’Appello di Venezia di aver erroneamente ritenuto che il constatato vizio dell’atto di citazione attenesse all’editio actionis, anziché alla vocatio in ius, e che il soggetto convenuto in giudizio fosse chiaramente e inequivocabilmente identificabile (pur in un soggetto diverso rispetto a chi avrebbe dovuto essere destinatario dell’appello), quando invece da un esame complessivo dell’atto di citazione in appello sarebbe stato agevole rilevare che l’effettiva destinataria dell’impugnazione era effettivamente la parte opposta nel giudizio di primo grado. Nell’atto introduttivo del giudizio di seconde cure, infatti, veniva espressamente richiamata la sentenza di primo grado e i motivi di gravame ivi articolati erano tutti rivolti contro la parte opposta, non certo nei confronti di chi, per mero errore materiale, era stato indicato come destinatario dell’appello nella parte contenente la vocatio in ius e nella relata di notifica. Da ultimo, l’atto d’appello era stato notificato presso il difensore della parte opposta, costituito nel giudizio di primo grado.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione giudica fondato tale motivo di ricorso.

A sostegno della propria decisione, la Suprema Corte richiama il precedente di Cass., 1° dicembre 2015, n. 24441, la quale ha affermato che “l’errore sulle generalità del convenuto o dell’appellato, contenuto nella citazione nel giudizio di primo o secondo grado e nelle rispettive relate di notificazione della medesima, non comporta la nullità di nessuno dei due atti, qualora sia possibile identificare con certezza il reale destinatario sulla scorta degli elementi contenuti nella citazione o nella relata”, e che ove la notificazione dell’appello sia stata ritualmente eseguita presso il difensore costituito nel giudizio di primo grado, “il riferimento alla decisione emessa dal Tribunale e agli atti relativi a quel procedimento non lascia dubbi circa l’effettivo destinatario dell’atto di gravame”.

Tale principio di diritto è ritenuto applicabile anche al caso in esame, atteso che l’atto di appello, oltre a indicare gli estremi della sentenza impugnata e il numero di ruolo generale del procedimento di primo grado celebrato dinanzi al Tribunale di Vicenza, a riassumerne lo svolgimento e a contenere conclusioni rivolte esclusivamente nei confronti del soggetto opposto, è stato notificato a mezzo del servizio postale al relativo procurator ad litem nel pregresso grado di giudizio, che ha accettato il piego senza muovere alcuna obiezione. In un simile contesto, nessun dubbio poteva quindi sussistere circa la reale destinataria dell’impugnazione, sebbene nella parte dell’atto relativa alla vocatio in ius, per un evidente errore materiale agevolmente riconoscibile ed emendabile all’esito di una lettura globale dell’atto, il soggetto convenuto in giudizio risultasse erroneamente indicato.

In conclusione, secondo la Cassazione, a torto la Corte d’Appello, a causa di un’inesatta ricognizione della fattispecie normativa astratta di cui all’art. 164 c.p.c., ha ravvisato un vizio di nullità della citazione di secondo grado, per giunta ritenendolo insuscettibile di sanatoria mediante l’emissione dell’ordine di rinnovazione previsto dal 2°co. dello stesso articolo, in quanto asseritamente riguardante l’editio actionis.

Pertanto, la sentenza viene cassata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, per procedere a un nuovo esame della causa.

QUESTIONI

[1] La pronuncia della Cassazione che qui si commenta decide sulle conseguenze giuridiche derivanti da un’inesatta indicazione, nella vocatio in ius dell’atto di citazione in appello, della parte appellata, in un contesto in cui, però, da tutte le altre risultanze emerge come l’impugnazione fosse stata formulata nei confronti della giusta parte.

Anzitutto, la Cassazione – con ciò disattendendo la ricostruzione effettuata dalla Corte d’Appello di Venezia -, qualifica tale vizio come attinente alla vocatio in ius dell’atto, non già alla relativa editio actionis, con conseguente possibilità di sanatoria ex tunc tramite la rinnovazione dell’atto o la costituzione del convenuto.

Peraltro, nel caso di specie non sembra neppure di versare in un’ipotesi di vera e propria nullità della vocatio in ius, non ricorrendo il requisito dell’omissione ovvero assoluta incertezza circa il soggetto appellato: come emerge dagli atti di causa, infatti, ci troviamo al cospetto di un mero errore materiale, agevolmente superabile dalla lettura dell’atto d’appello nel suo complesso, chiaro e univoco nell’identificare correttamente la parte appellata.

Nella giurisprudenza di legittimità, peraltro, non mancano i precedenti che si siano occupati di definire il regime dell’atto di appello in una situazione come quella occorsa nel caso in commento. Ad esempio, l’arresto di Cass., 28 maggio 2009, n. 12655 (che già aveva affermato i principi di cui alla richiamata Cass., n. 24441/2015), aveva chiarito che “Nella citazione in appello di una persona giuridica, tanto l’inesatta e incompleta indicazione della sua denominazione, quanto l’errata o omessa individuazione del legale rappresentante incidono sulla validità dell’atto solo ove si traducano nell’assoluta incertezza della sua indicazione. Detta valutazione è rimessa al giudice di merito, il quale può escludere la nullità dell’appello nel caso in cui ritenga di poter individuare la persona giuridica appellata, nonostante l’errore di nome, attraverso gli atti processuali collegati all’atto di appello, come la notifica, l’iscrizione a ruolo o la costituzione in giudizio, la sentenza impugnata o gli altri atti del giudizio di primo grado”. Uguali principi erano già stati affermati, tra le altre, da Cass., 30 marzo 2003, n. 4275, secondo la quale “L’errore sulle generalità del destinatario contenuto nell’atto di citazione in appello e nella notifica di esso può comportare la nullità di entrambi gli atti solo nel caso in cui l’errore stesso sia tale da determinare, in concreto, una incertezza assoluta sulla persona cui la notificazione è diretta, mentre non sussiste alcuna ipotesi di nullità nel caso in cui l’incertezza sul destinatario degli atti non sia assoluta, in quanto questi è chiaramente individuabile dal contenuto degli atti, poiché la riconoscibilità dell’errore esclude la configurabilità della nullità” e da Cass., 1° agosto 2013, n. 18427, la quale ha ribadito che “L’errore nell’indicazione delle generalità del convenuto o dell’appellato contenuto nell’atto di citazione in primo grado o in appello e nelle rispettive relate di notificazione non comporta nullità di nessuno dei due atti qualora il destinatario sia identificabile con certezza in base agli elementi contenuti nella citazione o nella relata; in particolare, quando, risultando dal contesto dell’atto che la notificazione è avvenuta appunto all’effettivo destinatario, può escludersi l’esistenza di un’incertezza assoluta in ordine ad un elemento essenziale della notificazione, essendo riservato il relativo accertamento all’apprezzamento di fatto del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua e immune da vizi logici”.

Da ultimo, appare utile richiamare anche l’arresto di Cass., 19 dicembre 2013, n. 28451, la quale ha correttamente chiarito che “L’errore sulle generalità del destinatario dell’atto di citazione è irrilevante se l’atto è comunque idoneo al raggiungimento dello scopo, mentre genera una nullità sanabile ex art. 164 c.p.c., in caso di assoluta incertezza sulla persona cui l’atto da notificare era indirizzato”.

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