Erede con beneficio d’inventario e responsabilità “cum viribus hereditatis”
di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDFCassazione Civile, Sez. II, sentenza n. 29252 del 22/12/2020
SUCCESSIONI “MORTIS CAUSA” – DISPOSIZIONI GENERALI – Accettazione dell’eredità con beneficio di inventario – Debiti ereditari – Responsabilità “intra vires” e “cum viribus” dell’erede beneficiato – Misure cautelari sui “beni propri” dell’erede – Preclusione.
A seguito dell’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, prescritta, a pena di inammissibilità dell’azione (di riduzione n.d.r.) , dall’art. 564 cod. civ., l’erede beneficiato risponde dei debiti ereditari e dei legati non solo “intra vires hereditatis“, e cioè non oltre il valore dei beni a lui pervenuti a titolo di successione, ma altresì esclusivamente “cum viribus hereditatis“, con esclusione cioè della responsabilità patrimoniale in ordine a tutti gli altri suoi beni, che i creditori ereditari e i legatari non possono aggredire, sicché già in fase antecedente l’esecuzione forzata è preclusa ogni misura anche cautelare sui beni propri dell’erede, vale a dire diversi da quelli a lui provenienti dalla successione.
Disposizioni applicate
Articoli 557, 564 e 490 cod. civ.
[1] La sentenza in commento trae origine da tre giudizi riuniti, aventi ad oggetto domande di simulazione e riduzione volte a reintegrare Caia (moglie, separata senza addebito) nei diritti che ella dichiarava di vantare sulla successione del proprio coniuge Caio.
In sostanza, la moglie – pretermessa dal testamento del proprio marito in ragione della nomina ad erede universale del di lui fratello Tizio (rinunciatario al quale era subentrata, per rappresentazione, la figlia Tizietta) – in un primo giudizio formulava domanda di simulazione relativa verso due atti di compravendita (a favore, uno di Tizio, l’altro della Alfa s.r.l.) che asseriva dissimulare donazioni lesive della legittima; veniva azionata, in un secondo giudizio, domanda di simulazione assoluta contro i medesimi atti e, infine, con un terzo formulava domanda di riduzione.
Il Tribunale di primo grado accertava la simulazione assoluta dei due atti di compravendita, dei quali dichiarava l’inefficacia ed accoglieva la domanda di riduzione della disposizioni testamentaria, rigettando ogni altra domanda.
Tale decisione veniva confermata dalla Corte d’appello.
Per la cassazione della sentenza proponevano ricorso sia Tizio che la Alfa s.r.l., affidando le rispettive impugnazioni a diversi motivi.
[2] Per quanto qui di interesse, pare opportuno soffermarsi sulle considerazioni svolte dalla Suprema Corte in ordine al requisito posto dall’art. 564 cod. civ. per l’esercizio dell’azione di riduzione, laddove si prevede che colui che agisca in riduzione debba previamente accettare con beneficio d’inventario l’eredità.
La questione sorgeva in ragione delle eccezioni svolte dai convenuti nel giudizio di simulazione, ove sostenevano che, anche per la domanda di simulazione, collegata alla domanda di riduzione, dovesse essere previamente accettata con beneficio di inventario l’eredità.[1]
Se, nel caso di specie, tali obiezioni potevano facilmente essere superate in considerazione del semplice fatto che l’attrice si trovava nella posizione di legittimaria pretermessa (e per tale condizione esentata, per giurisprudenza unanime[2], dall’obbligo di cui all’art. 564 cod. civ.), la Corte ha colto l’occasione per una disamina approfondita della limitazione di responsabilità conseguente all’accettazione con beneficio di inventario, affermando il principio espresso nella massima sopra riportata.
Il ragionamento degli Ermellini prende origine dall’analisi delle diverse teorie formulate in ordine all’onere di accettazione beneficiata per l’esercizio dell’azione di riduzione.
Ricordano, dunque, come sia stato sostenuto che tale onere “si collega all’esigenza di evitare che l’azione di riduzione venga strumentalizzata per scopi diversi da quelli che gli sono naturali. Nell’articolo 557 cod. civ., comma 3, ultimo inciso, il legislatore ha sancito che i creditori ereditari non possono chiedere la riduzione né profittarne. Il legislatore deve avere considerato che non si giustificava il sacrificio dei terzi, quanto il vantaggio conseguente sarebbe andato non ai legittimari, ma ai creditori del defunto. Questa sola eventualità è stata ritenuta sufficiente dal legislatore per negare l’azione di riduzione ai legittimari, che non hanno accettato con beneficio di inventario e sono diventati perciò personalmente responsabili, con tutti i loro beni, verso i creditori del defunto.
Secondo tale tesi il requisito prescritto dall’articolo 564 cod. civ., si collega all’effetto principale del beneficio di inventario: ex articolo 590 cod. civ., comma 2, n. 2, l’erede beneficiato risponde dei debiti ereditari e dei legati non solo intra vires hereditatis, e cioè non oltre il valore dei beni a lui pervenuti a titolo di successione, ma ne risponde altresì esclusivamente cum viribus hereditatis, con esclusione cioè della responsabilità patrimoniale in ordine a tutti gli altri suoi beni, che i creditori ereditari e i legatari non possono aggredire”
[3] La pronuncia in commento si colloca nel solco che può dirsi consolidato nella nostra giurisprudenza di legittimità in relazione alla portata dell’art. 490 cod. civ. ed alla corretta individuazione degli effetti dell’accettazione con beneficio di inventario[3].
In forza di tale norma, “l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti.”
Dottrina e giurisprudenza si sono interrogate sulla portata di tale ultimo inciso e se, dunque, il legislatore abbia ritenuto che il beneficiato sia tenuto al pagamento dei debiti ereditari solo con i beni ereditari (cum viribus hereditatis) ovvero se la limitazione sia esclusivamente “di valore” e quindi siano aggredibili anche i beni personali dello stesso, ovviamente nei limiti del valore dei beni ereditati (intra vires hereditatis).
La prevalente risposta che viene data alla suesposta domanda è nel senso da primo divisato[4].
Tale posizione trova fondamento in uno degli effetti principali dell’istituto de qua: l’accettazione con beneficio, come disposto dal primo comma del citato art. 490 cod. civ., determina, infatti, una segregazione patrimoniale (imperfetta), che mantiene separati il patrimonio ereditario da quello personale del defunto, in eccezione al principio generale di responsabilità sancito dal nostro codice all’art. 2740 cod. civ..
A giudizio della dottrina, addirittura, per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’eredità, colui che ha accettato con beneficio di inventario dovrebbe utilizzare esclusivamente beni di provenienza ereditaria, eventualmente procedendo alla vendita degli stessi qualora fosse necessario reperire la liquidità necessaria a far fronte ad obbligazioni pecuniarie. Non sarebbe, secondo alcuni[5], possibile ricorrere a sostanze proprie; salvo in questo caso surrogarsi nei diritti che facevano capo al creditore (si sostiene ciò in ragione del disposto di cui all’art. 490, 2° comma, n. 1 cod. civ., a giudizio del quale “l’erede conserva verso l’eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte”).
Deve in ogni caso precisarsi come, a giudizio della prevalente giurisprudenza, affinché l’erede possa beneficarsi della limitazione di responsabilità, egli debba far valere “tale sua qualità – mediante una difesa che si configura in termini di eccezione in senso lato, invocabile liberamente anche nel giudizio di appello e rilevabile anche d’ufficio dal giudice – nel giudizio di cognizione; in mancanza, la pronuncia giudiziale costituisce un titolo non più contestabile in sede esecutiva”.[6]
A sostegno della tesi della responsabilità “cum viribus hereditatis”, viene generalmente portata la previsione normativa di cui all’art. 497 cod. civ.: “l’erede non può essere costretto al pagamento con i propri beni, se non quando è stato costituito in mora a presentare il conto e non ha ancora soddisfatto a quest’obbligo.
Dopo la liquidazione del conto, non può essere costretto al pagamento con i propri beni se non fino alla concorrenza delle somme di cui è debitore”.
Sarebbe, dunque, possibile aggredire i beni personali dell’erede solo qualora costui abbia omesso di rendere il conto nella procedura di liquidazione. È proprio poiché tale omissione potrebbe recare pregiudizio ai creditori, che il legislatore ha previsto quale sanzione a carico dell’erede l’aggredibilità dei suoi beni personali.
Non può, tuttavia, tacersi di altro orientamento rinvenibile nella giurisprudenza di legittimità, opposto a quello sin qui esaminato.
Da ultimo con l’ordinanza n. 20531 del 29/09/2020, la Suprema Corte, sebbene non entri in una approfondita disamina della questione in punto di diritto, ha, infatti, affermato che “l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario limita al valore dei beni ricevuti la responsabilità dell’erede per i debiti ereditari, ma di per sé non impedisce che, entro i limiti del valore dell’eredità, i creditori ereditari agiscano direttamente contro di lui e sui suoi beni” (principio già affermato in epoca più risalente[7]).
Come può facilmente notarsi, si tratta di un provvedimento della medesima sezione della Cassazione di soli tre mesi anteriore a quello in commento; il che, come purtroppo troppo spesso accade, non aiuta l’interprete a formarsi un quadro preciso e univoco della posizione giurisprudenziale.
[1] Nella sentenza in commento, si ricorda come “secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, la carenza del requisito dell’accettazione beneficiata, previsto dall’articolo 564 cod. civ., interferisce con la sola azione di simulazione relativa, e sempre che questa sia stata proposta dal legittimario in funzione esclusivamente strumentale rispetto all’esercizio dell’azione di riduzione della liberalità dissimulata (Cass. n. 1954/1973; conforme n. 12317/2019).”
[2] Tra le molte, si vedano: Cass. Civ., Sez. 2, Ordinanza n. 2914 del 07/02/2020; Cass. Civ., Sez. 6, Ordinanza n. 25441 del 26/10/2017; Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 16635 del 03/07/2013
[3] Si vedano: Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 27364 del 29/12/2016; Cass. Civ., Sez. 5, Sentenza n. 6488 del 19/03/2007; Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 11084 del 10/11/1993
[4] Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 5641 del 18/05/1993 precisa che la limitazione di responsabilità assume rilievo già in fase antecedente l’esecuzione forzata, precludendo ogni misura anche cautelare sui beni propri dell’erede
[5] In questo senso: Capozzi, Successioni e donazioni, Volume 1, Milano, 2009, pag. 290; Busani, La successione mortis causa, Milano, 2020, pag. 284
[6] Così, testualmente Cass. Civ., Sez. 2, Ordinanza n. 20531 del 29/09/2020. In argomento, si veda Cass. Civ., Sez. Unite, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013: “L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario integra una eccezione in senso lato, in quanto il legislatore non ne ha espressamente escluso la rilevabilità d’ufficio e tale condizione non corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo, ma rileva quale fatto da solo sufficiente ad impedire la confusione del patrimonio dell’erede con quello del defunto. Ne consegue che, ove tale fatto sia già documentato in atti, il beneficio è liberamente invocabile dalla parte – anche in assenza di specifica allegazione e con forme diverse da quelle previste dall’art. 484 cod. civ. – pure nel giudizio d’appello ed è rilevabile d’ufficio dal giudice a favore degli altri chiamati all’eredità, senza che rilevi l’eventuale contumacia degli stessi, operando l’effetto espansivo previsto dall’art. 510 cod. civ. fino a quando essi non abbiano manifestato una accettazione pura e semplice ovvero siano decaduti dal beneficio, salva la facoltà di accettare avvalendosi espressamente del beneficio, ovvero di rinunciare all’eredità”.
Si vedano, altresì: Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 9158 del 16/04/2013; Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 14821 del 04/09/2012; Cass. Civ., Sez. 5, Sentenza n. 23061 del 11/11/2015. Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 7090 del 09/04/2015 precisa che: “qualora si formi il giudicato sulla provvisionale a carico dell’erede per un debito ereditario senza che nel relativo giudizio sia stato da lui dedotto, né rilevato d’ufficio, che l’eredità è stata accettata con beneficio d’inventario, l’erede debitore non può avvalersi del beneficio stesso nel successivo giudizio per la liquidazione definitiva del “quantum debeatur“.
[7] Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 1990 del 10/07/1973. Assume una posizione non dissimile Cass. Civ., Sez. 1, Sentenza n. 3308 del 20/05/1980: “L’art. 70 della legge tributaria sulle successioni di cui al R.D. 30 dicembre 1923 n. 3270, il quale dispone che l’erede beneficiato e tenuto a pagare l’imposta “soltanto con le attività a lui pervenute”, va inteso, tenuto conto di quanto prevede l’art. 490 n. 2 cod. civ. per i debiti ereditari, nel senso che l’erede medesimo non è obbligato al pagamento dell’imposta oltre il valore dei beni e dei crediti a lui pervenuti.”