Emessa l’ordinanza di assegnazione del credito pignorato, il debitor debitoris non può più emendare l’errore nella dichiarazione di quantità
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 14 maggio 2024, n. 13223 – Pres. De Stefano – Rel. Tatangelo
Espropriazione mobiliare presso terzi – Dichiarazione di quantità – Errore scusabile – Mancata revoca o rettifica prima dell’emissione dell’ordinanza di assegnazione – Opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione – Inammissibilità
Quando il giudice dell’esecuzione, preso atto della dichiarazione di quantità positiva del terzo, assegni le somme sulle quali si è, in tale modo, perfezionato il pignoramento, non è più possibile per il terzo pignorato contestare l’esistenza del credito assegnato, proponendo opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione, nemmeno qualora la dichiarazione positiva sia stata resa per errore, anche scusabile, non emendato prima che sia stata disposta l’assegnazione.
CASO
Alcuni professionisti pignoravano i crediti vantati dalla loro debitrice nei confronti di un ente locale e ne ottenevano l’assegnazione, a fronte della dichiarazione positiva resa ai sensi dell’art. 547 c.p.c.
Il terzo pignorato, sostenendo che dalla propria dichiarazione dovesse, in realtà, ravvisarsi l’inesistenza dei crediti pignorati, proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza di assegnazione, che veniva rigettata dal Tribunale di Spoleto.
La sentenza era gravata con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che, quando il terzo pignorato abbia reso una dichiarazione di quantità interpretata come positiva e non l’abbia emendata – in quanto erronea – prima dell’emissione dell’ordinanza di assegnazione, quest’ultima non può formare oggetto di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., che, se proposta, dev’essere dichiarata inammissibile.
QUESTIONI
[1] La Corte di Cassazione, con la pronuncia annotata, conferma l’intangibilità dell’ordinanza di assegnazione da parte del terzo pignorato che sostenga di aver erroneamente reso dichiarazione positiva ai sensi dell’art. 547 c.p.c.
Nella fattispecie esaminata dai giudici di legittimità, alcuni professionisti avevano pignorato il credito restitutorio vantato nei confronti di un ente locale dalla società loro debitrice per somme versate a titolo di oneri concessori relativi a fabbricati mai realizzati e delle quali non era stato chiesto il rimborso; l’amministrazione comunale aveva dichiarato la sussistenza di tale credito, circostanza confermata anche dal funzionario comparso in udienza davanti al giudice dell’esecuzione, che aveva quindi provveduto a emettere ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.
Nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi promosso avverso quest’ultima, invece, l’ente locale sosteneva l’inesistenza del credito pignorato, dal momento che le somme erano state definitivamente incamerate e spese per la realizzazione di un’opera pubblica.
Tale assunto non è stato reputato idoneo a condurre all’annullamento dell’ordinanza di assegnazione.
Nell’ambito dell’espropriazione mobiliare presso terzi, infatti, la dichiarazione che il terzo, nella sua veste di ausiliario di giustizia, è chiamato a rendere ai sensi dell’art. 547 c.p.c. deve necessariamente avere carattere positivo o negativo: il terzo deve riconoscere o negare di essere debitore dell’esecutato, mentre non può limitarsi ad ammettere l’esistenza di fatti potenzialmente costitutivi di un’obbligazione, affinché sia poi il giudice dell’esecuzione a stabilire se la stessa sussista o meno, salvo che si versi nel procedimento incidentale di accertamento previsto dall’art. 549 c.p.c., che, tuttavia, presuppone una dichiarazione (in tutto o in parte) negativa.
In questo senso, una dichiarazione del terzo che non contenga un espresso riconoscimento o un’espressa negazione del proprio obbligo è da considerarsi non resa nei termini imposti dalla legge e può, al limite, integrare una ficta confessio ai sensi e per gli effetti previsti dall’art. 548 c.p.c.
A fronte di una dichiarazione qualificata come positiva, il giudice dell’esecuzione deve emettere l’ordinanza di assegnazione dei crediti dei quali il debitore esecutato è risultato titolare nei confronti del terzo pignorato; questi, a quel punto, non è più legittimato a contestare la sussistenza della propria obbligazione, potendo eventualmente censurare l’interpretazione data dal giudice dell’esecuzione alla propria dichiarazione, per essere stata la stessa ritenuta positiva quando, in realtà, era stata espressamente negata l’esistenza di un credito dell’esecutato o erano insorte contestazioni tali da rendere necessari gli accertamenti prescritti dall’art. 549 c.p.c. prima di addivenire alla pronuncia dell’ordinanza di assegnazione.
Se il terzo pignorato, ravvisando l’incolpevole erroneità della dichiarazione resa in termini positivi, vuole evitare che i crediti dei quali si è affermato debitore nei confronti dell’esecutato formino oggetto di assegnazione, non può, dunque, attendere l’emissione della relativa ordinanza per impugnarla con l’opposizione ex art. 617 c.p.c., ma deve revocare o rettificare immediatamente la propria dichiarazione, prima che il giudice adotti il provvedimento conclusivo del processo esecutivo, potendolo impugnare nel solo caso in cui sia stato comunque emesso, nonostante la sua tempestiva attivazione (in questi termini, Cass. civ., sez. III, 26 febbraio 2019, n. 5489).
Si tratta, all’evidenza, di un confine labile e sottile, in particolare quando la dichiarazione non abbia un contenuto inequivocabilmente positivo o negativo e si sia in presenza, dunque, di una questione di pura interpretazione della stessa.
In questo senso e fermo restando che il giudice dell’esecuzione, onde dare luogo all’assegnazione, deve unicamente controllare il contenuto della dichiarazione resa ai sensi dell’art. 547 c.p.c., sotto il profilo della sua chiarezza quanto all’indicazione di un bene pignorabile, al riconoscimento della sua appartenenza al debitore e all’inesistenza di vincoli che ne limitino o ne impediscano l’espropriazione, se si assume che il terzo pignorato è legittimato a proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza di assegnazione emessa in presenza di una dichiarazione di quantità negativa, o per un credito superiore rispetto a quello di cui si è dichiarato debitore, può escludersi che vi siano dubbi sull’ammissibilità o meno dell’impugnazione esecutiva solo quando, rispettivamente, vi sia una totale e palese difformità tra la dichiarazione resa e il provvedimento conclusivo dell’espropriazione, o non possa ravvisarsi alcuna discrepanza o alcuno scostamento tra l’una e l’altro.
In ogni caso, le censure veicolate attraverso il ricorso per cassazione dall’amministrazione comunale nella fattispecie esaminata dai giudici di legittimità sono state reputate infondate anche per un’altra ragione.
L’opponente, infatti, aveva sostenuto la nullità dell’ordinanza di assegnazione per difetto del requisito di liquidità, dal momento che, in presenza di una pluralità di creditori procedenti e assegnatari, non era stata espressamente indicata la quota spettante a ciascuno di essi rispetto all’importo complessivamente assegnato.
Tuttavia, se è vero che il difetto di liquidità del titolo esecutivo può essere fatto valere dal debitore avverso il quale sia stato azionato mediante l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., nel caso di specie non ricorrevano le condizioni per proporla, giacché l’ordinanza di assegnazione impugnata non era stata posta a fondamento di un’azione esecutiva minacciata o intrapresa dai creditori assegnatari nei confronti del terzo pignorato.
È evidente, dunque, che l’ordinanza di assegnazione, non costituendo il titolo esecutivo su cui si fonda il processo di espropriazione di crediti disciplinato dagli artt. 543 e seguenti c.p.c., non può essere attinta, mediante l’opposizione ex art. 617 c.p.c., dalla censura di insussistenza dei requisiti contemplati dall’art. 474 c.p.c.: la liquidità del credito assegnato, infatti, non integra un presupposto di validità dell’ordinanza di assegnazione ai fini della sua pronuncia (essendo pacifico che il provvedimento può avere per oggetto anche crediti eventuali, futuri, illiquidi, condizionati o addirittura non ancora venuti a esistenza, purché riconducibili a un rapporto giuridico identificato già esistente e suscettibili di capacità satisfattiva futura), ma è casomai necessaria affinché l’ordinanza possa valere quale titolo esecutivo, nell’ambito dell’esecuzione promossa avvalendosi della stessa qualora il terzo non abbia spontaneamente adempiuto il proprio obbligo nei confronti del creditore assegnatario.
L’ordinanza di assegnazione, del resto, opera il trasferimento della titolarità del credito pignorato nella medesima condizione in cui si trova, tant’è vero che l’effetto esdebitatorio alla stessa ricollegato si produce solo con l’effettivo incasso della somma da parte del creditore assegnatario, giusta quanto stabilito dall’art. 2928 c.c.
Come precisato dai giudici di legittimità, dunque, la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 474 c.p.c. in relazione al credito pignorato e assegnato non costituisce condizione necessaria per l’emissione dell’ordinanza di assegnazione o requisito di validità della stessa, ma solo il necessario presupposto affinché possa essere fatta valere come titolo esecutivo contro il terzo pignorato.
Di conseguenza, non è ammissibile la contestazione della sua validità sollevata dal terzo pignorato con l’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c. adducendo la carenza di certezza, di liquidità o di esigibilità del credito assegnato, non avendo egli interesse a farla valere, visto che ciò non aggrava affatto la sua posizione obbligatoria.
Tutt’al più, una tale carenza pregiudica i creditori assegnatari, impedendo loro di avvalersi dell’ordinanza di assegnazione come titolo esecutivo per promuovere un’espropriazione forzata nei confronti del terzo pignorato, il quale, di converso, solo se effettivamente aggredito o minacciato con l’intimazione contenuta nell’atto di precetto, sarebbe legittimato a contestare – attraverso l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. – il difetto di liquidità del credito oggetto di assegnazione e, quindi, l’insussistenza di un titolo esecutivo.
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