Efficacia di giudicato esterno della sentenza ex art. 2932 c.c.
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. III, 9 gennaio 2025, n. 457, Pres. Frasca, Est. Tassone
[1] Contratto preliminare – Accoglimento dell’azione ex art. 2932 c.c. – Sentenza, passata in giudicato – Giudicato implicito sulla validità del contratto – Sussistenza.
Massima: “L’accoglimento, con sentenza passata in giudicato, della domanda ex art. 2932 c.c. presuppone l’implicita validità ed efficacia del contratto preliminare, con conseguente preclusione, da giudicato esterno, dell’esame di ogni ulteriore deduzione, eccezione o domanda tendenti all’accertamento di una sua causa di invalidità” (massima ufficiale).
CASO
[1] Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., un soggetto chiedeva, nei confronti di parte convenuta, la condanna all’immediato rilascio di una porzione immobiliare facente parte di un fabbricato, deducendo di essere divenuto proprietario del predetto immobile in forza di sentenza pronunciata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che aveva accolto la sua domanda di esecuzione in forma specifica, ai sensi dell’art. 2932 c.p.c., del preliminare di compravendita immobiliare da lui stipulato con il medesimo convenuto.
Costituitosi in giudizio, il convenuto eccepiva – tra l’altro – la nullità del contratto preliminare di compravendita immobiliare ai sensi dell’art. 2744 c.c.
Il Tribunale adito, disposto il mutamento del rito, riteneva preclusa dal giudicato (esterno), costituito dalla sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ogni valutazione in merito alla pretesa nullità del contratto preliminare; conseguentemente, in accoglimento della domanda attorea, condannava parte convenuta all’immediato rilascio dell’immobile e al pagamento delle spese processuali.
Avverso tale pronuncia il convenuto proponeva appello, rigettato dalla Corte d’Appello di Napoli con integrale conferma della sentenza impugnata.
Parte soccombente proponeva, allora, ricorso per cassazione denunciando, in particolare, violazione e falsa applicazione, ex art. 360, n. 3), c.p.c., degli artt. 2907, 2908 e 2909 c.c. e degli artt. 34 e 324 c.p.c. In particolare, censurava l’impugnata sentenza nella parte in cui ha affermato che la decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, di accoglimento della domanda contro di lui proposta dall’attore ai sensi dell’art. 2932 c.c., passata in giudicato, precludesse nell’ambito del giudizio pendente qualsivoglia esame in ordine alle censure da lui avanzate, essendo stato ormai incontrovertibilmente accertato l’avvenuto trasferimento della proprietà del bene in favore dell’attore.
Il motivo di ricorso argomenta, altresì, a partire da quanto previsto dall’art. 34 c.p.c., affermando che “il giudicato si forma non su tutto ciò che il giudice possa avere affermato od esposto nella motivazione dell’iter decisorio, ma soltanto sull’accertamento di fatti, di situazioni o di rapporti, che abbia costituito oggetto effettivo di deliberazione e di pronunzia, con la conseguenza per cui – al di fuori dei presupposti cui l’art. 34 c.p.c. subordina il configurarsi dell’accertamento incidentale con autorità di giudicato – la cognizione dei meri fatti storici o dei singoli fatti giuridici in sé considerati, al pari di quella dei fatti-diritti non dedotti ai sensi dell’art. 34 c.p.c., è sempre effettuata dal giudice incidenter tantum e non integra alcuna statuizione idonea al giudicato (esplicito o implicito), che ne possa precludere l’ulteriore deduzione o allegazione in un nuovo processo per cui la preclusione da giudicato opera unicamente in presenza di una precisa identità soggettiva e oggettiva della seconda causa, rispetto alla prima, da cui la predetta preclusione sorge”.
Il Consigliere delegato formulava, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., proposta di decisione accelerata del seguente tenore: “Il […] motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1), c.p.c. avendo la Corte di merito deciso in modo conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non offrendo elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa; costituisce invero jus receptum il principio secondo il quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile, è correlato all’oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull’esistenza del diritto azionato, ma anche sull’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi e a quelli comportanti un mutamento del petitum e della causa petendi, fermo restando il requisito dell’identità delle persone (v. ex pluribus Cass., 11 gennaio 2024, n. 1259; Cass., 9 novembre 2022, n. 33021; Cass., 4 marzo 2020, n. 6091); nella specie non può dubitarsi che, come del tutto correttamente ritenuto da entrambi i giudici di merito, l’accoglimento dell’azione ex art. 2932 c.c. con riferimento alla scrittura privata […], previamente qualificata quale preliminare di compravendita immobiliare, presuppone l’implicita validità ed efficacia del contratto preliminare medesimo con conseguente preclusione da giudicato (esterno) dell’esame di ogni ulteriore deduzione, eccezione e/o domanda proposte dall’odierno appellante tendenti sia a una diversa qualificazione dell’accordo predetto in termini non di preliminare, ma di contratto di compravendita immediatamente traslativo del diritto, sia all’accertamento di un’eventuale simulazione e della violazione del divieto del patto commissorio ex art. 2744 c.c., sia della nullità del contratto anche per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto ex art. 1346 c.c.”.
SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte condivide integralmente le argomentazioni contenute nella richiamata proposta di decisione accelerata.
Il motivo di ricorso proposto viene, dunque, ritenuto privo di fondamento e in quanto tale inammissibile ex art. 360-bis, n. 1), c.p.c.
Dalla lettura della sentenza d’appello risulta, infatti, che la corte di merito ha rilevato il passaggio in giudicato della sentenza con cui – in accoglimento della domanda al tempo proposta dall’attore ai sensi dell’art. 2932 c.c. – la scrittura privata stipulata inter partes è stata qualificata come contratto preliminare, valido ed efficace, e ha affermato che tali statuizioni, passate in giudicato, precludono l’esame di qualsivoglia domanda o eccezione, proposta dal ricorrente, volta o a prospettare una diversa qualificazione dell’accordo predetto in termini non di preliminare, ma di contratto di compravendita immediatamente traslativo del diritto, ovvero ad accertare un’eventuale simulazione e la violazione del divieto del patto commissorio ex art 2744 c.c., ovvero ancora ad accertare la nullità del contratto anche per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto ex art. 1346 c.c.
La sentenza di seconde cure ha dunque deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, e quanto affermato dal ricorrente nel motivo – secondo cui “nel caso concreto, la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., non preclude la esperibilità dell’azione di nullità o annullamento della scrittura privata posta a fondamento della richiesta di esecuzione specifica contemplata nella norma” – non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa.
Priva di pregio viene ritenuta, altresì, l’argomentazione fondata sull’art. 34 c.p.c.
Nel caso di specie, secondo la Suprema Corte la corte territoriale si sarebbe pronunciata conformemente ai principi di diritto espressi dalla giurisprudenza di legittimità, dai quali deriva che l’accoglimento dell’azione ex art. 2932 c.p.c. da parte della sentenza, passata in giudicato, che produca gli effetti del contratto non concluso, non solo implica la qualificazione dell’accordo tra le parti in termini di contratto preliminare, ma anche presuppone l’implicita validità ed efficacia del contratto stesso, con conseguente preclusione da giudicato (esterno) dell’esame di ogni ulteriore deduzione, domanda o eccezione, sia finalizzata a ottenere una diversa qualificazione del contratto sia finalizzata a ottenerne la declaratoria di inefficacia o invalidità.
QUESTIONI
[1] La Suprema Corte si pronuncia sull’efficacia di giudicato c.d. esterno riconoscibile alla sentenza costitutiva pronunciata ai sensi dell’art. 2932 c.c.
Tale norma, dettata in materia di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, prevede che «Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso».
Per quanto attiene all’efficacia che la sentenza resa ex art. 2932 c.c. e trascorsa in cosa giudicata può esplicare all’interno di un differente giudizio, consolidata giurisprudenza della Cassazione ha affermato che “il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, si caratterizzano per la loro comune inerenza ai fatti costitutivi delle pretese anteriormente svolte e costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia, rimanendo fuori della portata del giudicato le questioni che non potevano essere proposte prima che sorgesse il fatto giuridico da cui scaturiscono” (tra le tante, Cass., 11 gennaio 2024, n. 1259; Cass., 12 settembre 2022, n. 26807; Cass., 4 marzo 2020, n. 6091; Cass., 30 giugno 2009, n. 15343).
L’applicazione di tale principio di diritto al caso di specie ha condotto alle conseguenze evidenziate dal provvedimento in commento, nella misura in cui ha riconosciuto l’esattezza della pronuncia impugnata, che ha escluso la possibilità di rimettere in discussione l’accertamento contenuto nella sentenza ex art. 2932 c.c., passata in giudicato e dedotta come giudicato c.d. esterno nel procedimento pendente.
Trascorrendo alla censura fondata sull’art. 34 c.p.c., la correttezza della decisione resa all’esito del giudizio d’appello trova avallo in quel costante orientamento di legittimità, il quale afferma che “Qualora due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative a un punto fondamentale comune a entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, senza che, ai fini della formazione del giudicato esterno sullo stesso, sia necessaria una domanda di parte volta ad ottenere la decisione di una questione pregiudiziale con efficacia di giudicato, atteso che la previsione dell’art. 34 c.p.c. si riferisce alla sola pregiudizialità in senso tecnico e non già a quella in senso logico giuridico” (in tal senso, Cass., 29 dicembre 2021, n. 41895; Cass., 17 maggio 2018, n. 11754; Cass., 23 luglio 2024, n. 20351; in dottrina, sulla distinzione tra pregiudizialità “logica” e “tecnica” si rinvia a S. Menchini, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987, passim).
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